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“Forme” di Riccardo Caporossi al Teatro India di Roma

Foto di G. Scrugli
Foto di G. Scrugli

Le parole e il linguaggio contro le forme: il nuovo spettacolo scritto e diretto da Riccardo Caporossi, il teatrante-artigiano della scena, è Forme (in scena dal 5 al 10 luglio al Teatro India) e sembra voler mostrare quasi fisicamente la dicotomia tutta pirandelliana giocata sulla vita/forma.

Protagonisti dello spettacolo, 12 allievi della Scuola di Teatro e Perfezionamento professionale del Teatro di Roma, nelle vesti di artefici-operai in tuta blu che costruiscono realmente le forme nelle loro realtà oggettive alle prese con il loro sensi intrinseco lavorando su sessanta travi di legno per costruire strutture che diventano via via sempre più complesse

E se lo spettacolo è in un certo qual senso pirandelliano, pirandelliano è anche l’incipit che mette in scena, l’uno accanto all’altro, una serie di personaggi, l’uomo in frac, il carabiniere, la sposa, il prete, la donna in fiore, l’uomo.

Personaggi alla ricerca di un autore che sono costretti a confrontarsi con la necessità di poter vivere sono il loro presente entro cui sono intrappolati: diventano però il veicolo attraverso cui riflettere sulla forma intesa come concetto, ideale e funzione.

Le forme, evocate e poi rappresentate realmente attraverso una continua e ininterrotta costruzione delle strutture in scena, suggeriscono gli schermi entro cui siamo inesorabilmente imprigionati e che imbrigliano il flusso reale della vita, della coscienza e della nostra personalità.

Forme sono i concetti, gli ideali, le funzioni e le condizioni che ci inventiamo. Forme sono tutto ciò che appartiene alla nostra conoscenza – spiega Riccardo Caporossi – Forma è il nostro corpo rispetto agli altri che ci guardano. E forme sono le labili strutture che cercano di innalzarsi sempre più in alto per attingere ad una dimensione mitica”.

E se tutto può apparire quasi senza senso, in realtà non è così: ogni momento, ogni gioco di forme viene accompagnato dalla musica ora ossessiva, ora reiterata, ora orchestrata, rappresenta una realtà che conserva il mistero inafferabile dell’essere. Uno spettacolo che punta tutto sull’azione e sulla forma privilegiando l’azione, il non-detto, il silenzio rispetto alla parola, ricreando una nuova drammaturgia.

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