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Jutta Puchhammer-Sédillot si racconta

fotoOspite del 43rd Congresso Internazionale della Viola, la violista austriaca Jutta Puchhammer-Sédillot presenterà, in sede di Congresso, il prossimo 5 ottobre, alle ore 12.10, nella Sala Maffei della Camera di Commercio di Cremona, i Pezzi da Concerto commissionati dal Conservatorio di Parigi fra il 1896 e il 1940.

«I violisti sono persone speciali», così esordisce, con i suoi modi garbati, Jutta Puchhammer-Sédillot vicepresidente dell’International Viola Society, concertista e docente all’Università di Montréal. «Ci rispettiamo e ci diamo supporto. E i congressi sono sempre un’occasione spaciale per consolidare amicizie, stringere nuovi rapporti, conoscere, aprirsi agli altri, confrontare le diverse prassi esecutive. In una parola apprendere. Cosa c’è di più importante per un musicista?»

Un diploma col massimo dei voti alla Wiener Hochschule für Musik und Darstellende Kunst (oggi Universität für Musik und Darstellende Kunst), un Master of Music all’Eastman School of Music a Rochester, USA, e mentori del calibro di Siegfried Führlinger a Vienna e Heidi Castleman negli Stati Uniti: queste sono le tappe fondamentali della formazione di Jutta Puchammer-Sédillot che terrà un recital di repertorio francese il 5 ottobre alle 12.10, in Sala Maffei.

Professore ordinario di viola e musica da camera all’Université de Montréal, viola solista nella Laval Symphony Orchestra in Quebec, insegnante in masterclass internazionali in Francia, Vienna, Svizzera, Belgio, USA (Juilliard, Curtis, Heifetz Institute..), Jutta esegue spesso musica canadese per viola, spesso composta per lei. Anche la ricerca ha un ruolo importante nella vita di Jutta: fra le sue attività c’è la ricerca ed esecuzione di musica francese del periodo tra XIX e XX secolo.

Ha attivato un accordo editoriale con Schott (e con Navona Label-USA) per pubblicare i Pièces de Concours parigini del periodo 1896-1940 e la pubblicazione sarà disponibile, per tutti i violisti, al 43° Congresso Internazionale della Viola di Cremona!

Montréal è diventata la tua città d’adozione quasi 30 anni fa. Cosa ci hai trovato?

«L’amore innanzitutto! Mi sono trasferita là per via di quello che sarebbe diventato mio marito. E per quanto riguarda la musica, la scena musicale all’epoca era effervescente e i musicisti se la passavano bene. C’erano persone molto attive: Robert Verebes (morto nel 2016), ad esempio, teneva masterclass dovunque viaggiasse con la Montreal Symphony Orchestra, e quasi tutti i giovani violisti professionisti venivano dalla sua classe al Conservatorio di Montreal.

C’era poi Stephen Kondacs, professore alla McGill University: fu il primo violista in assoluto a suonare il concerto di Bartók nel paese.

E poi c’erano molti violisti europei immigrati negli anni ’50.

Nel Canada occidentale c’era Gerald Stanek, figura di riferimento dell’area di Vancouver che ha formato molti ottimi esecutori. Esisteva già la Canadian Viola Society».

È ancora così?

«Purtroppo, negli ultimi anni, le principali stazioni radio di musica classica, varie associazioni concertistiche e alcune orchestre hanno chiuso. Ci sono nuove associazioni concertistiche che hanno budget ridotti e utilizzano per lo più giovani talenti emergenti. Ci sono anche nuove orchestre nate per volontà di giovani direttori che, però, chiedono ai colleghi studenti di suonare per compensi minimi, (quasi) nulli: una situazione pericolosa per i violisti (e non solo!) che, così, dedicano meno tempo allo studio, invece di migliorarsi per ottenere, in futuro prossimo, un posto di lavoro fisso in una buona orchestra.

La situazione è complessa…

Anche le piccole orchestre storiche fanno fatica a sopravvivere per mancanza di sovvenzioni e tagli alla cultura. La musica classica vive un momento di difficoltà e bisogna essere molto creativi per emergere, cosa che riesce comunque benissimo ad alcuni gruppi giovani che hanno senza dubbio un grande successo! Quando sono arrivata in Canada mi esibivo prevalentemente in recital, la via più semplice per poter agganciare l’ambiente radiofonico.

Quasi tutti gli anni ho registrato un recital con composizioni sconosciute del periodo a cavallo del XIX e XX secolo: presentavo un programma inglese, poi un programma tedesco, un programma austriaco, etc.

La musica fuori commercio, per esempio le sonate di Bax, Bliss, Bowen, Prokofiev, Dale, etc., la ottenevo attraverso il prestito interbibliotecario. C’era molto da scoprire e i recitals di musica da camera venivano registrati, così come i festivals, i concerti estivi, etc.

I musicisti si guadagnavano da vivere così».

Le Associazioni Internazionali della Viola e Congressi Internazionali della Viola hanno ancora un senso?

«Più che mai! Amo i congressi: dal 1997 li ho frequentati tutti, eccetto due.

Oggi sono l’ex presidente della Canadian Viola Society e vicepresidente dell’International Viola Society. In questi contesti si può ascoltare musica che altrimenti non si sentirebbe da nessuna parte.

Ogni nazione dà il proprio contributo al congresso e ogni evento è unico per questo.

Un congresso internazionale della viola è soprattutto un punto di ritrovo per noi violisti, dovunque si svolga.

Ho incontrato austriaci ad Adelaide, in Australia, che non vedevo da vent’anni.

I congressi ci tengono informati sul dove e come si sta muovendo il mondo della viola.

Io stessa ho organizzato un Congresso Internazionale della Viola a Montreal: il mio obiettivo era di portare i violisti francesi in Quebec. Sono venuti cinque violisti francesi: è stato il primo di tutti i congressi ad avere partecipanti francesi! È stata anche, credo, la prima volta che Bruno Giuranna ha partecipato ad un congresso, almeno nelle Americhe.

Un altro compito che mi ero prefissata era quello di portare l’Europa in Canada. Così ho invitato un artista per ogni nazione e ho cercato di avere finanziamenti dalle rispettive ambasciate. C’erano Barbara Westphal dalla Germania, Siegfried Führlinger dall’Austria, Bruno Giuranna dall’Italia, Lars Anders Tomter dalla Norvegia, Henrik Frendin dalla Svezia, Michael Kugel dal Belgio, Kim Kashkashian dagli Stati Uniti; Tamestit, Adamopoulos, Bône, Frederic Lainé e Mikalkakos dalla Francia. Era la prima volta che in un Congresso Internazionale della Viola c’erano così tanti esecutori internazionali. La cosa più difficile fu finanziare il tutto. Il nostro budget finale era di 120.000 dollari e, ad un certo punto, ho persino temuto di dover ipotecare la casa per poter far fronte alle spese! Per fortuna andammo in pareggio, ma ne ebbi la certezza solo sei mesi dopo il congresso».

Quale messaggio per chi parteciperà a quello di Cremona?

«Assorbite il più possibile dal congresso: guardate, ascoltate, apprendete! Prendete contatti, congratulatevi con gli altri. Non dobbiamo entrare in competizione, ma imparare l’uno dall’altro. Personalmente, non vedo l’ora di venire a Cremona. A presto!».

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