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“Nudi e crudi” di Alan Bennett

Andato in scena al Teatro Pier Paolo Pasolini di Casarsa della Delizia (PN)

fotoAutore: Alan Bennett

Traduzione e adattamento: Edoardo Erba

Attori: Maria Amelia Monti, Paolo Calabresi, Nicola Sorrenti

Regia: Serena Sinigaglia

Scene: Maria Spazzi

Costumi: Erika Carretta

Colonna sonora: Sandra Zoccolan

Luci: Alessandro Verazzi

Aiuto regia: Annagaia Marchioro

Produzione: a.Artisti Associati

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Diversamente dal nostro paese, la scena teatrale inglese, di cui il drammaturgo Alan Bennett è un importante rappresentante, ha conservato un ruolo rilevante nel mondo dello spettacolo e dei media e contribuisce all’approfondimento e al dibattito sui problemi e gli aspetti socio-culturali della propria comunità nazionale. Fin dai tempi del bardo e di Oscar Wilde, chi meglio di una folta schiera autori raffinati e dotati del classico sense of humour può affrontare con perizia e disinvoltura “i fatti di casa propria” della civiltà britannica? Nel racconto lungo del 1996 Nudi e crudi, Alan Bennett attraverso la bizzarra vicenda di un presunto furto nella casa dei coniugi Ransome, mette a confronto lo stantio ma solido universo della mentalità conservatrice di vittoriana memoria con le tentazioni del “moderno” che si affaccia nel chiuso mondo della famiglia middle class: il disinibito e trasgressivo mondo giovanile e di taluni programmi televisivi, l’esotico e fascinoso ambiente dei negozi e della cultura asiatica, l’auto-analisi psicologica dei traumi e dell’intera propria vicenda esistenziale.

L’adattamento drammaturgico di Edoardo Erba e la regia di Serena Sinigaglia, in perfetta sintonia, pur non trascurando il milieu anglosassone, hanno amplificato l’universalità della tematica del rapporto di coppia in un contesto di crisi dell’istituto matrimoniale. La totale deprivazione dei beni materiali subita dai Ransome innesca il crollo nella relazione tra i due coniugi, letale per Mr. Ransome, liberatorio per sua moglie. Lo spettacolo ci racconta la progressiva resa dei conti di un rapporto segnato dall’anaffettività e dalla repressiva predominanza maschile, e soprattutto il percorso, discreto ma ineluttabile, di emancipazione che la discreta ma determinata signora Ransome tenta fino all’ultimo di compiere insieme al marito.

L’eclettismo che Bennett, originale innovatore anche nello spettacolo di rivista-cabaret e televisivo, riversa nella scrittura mescolando la farsa al dramma si riflette nello spettacolo attraverso l’alternanza tra la rapidità dei tempi comici e la dilatazione di pause riflessive, che fin dall’inizio fanno presagire (anche attraverso l’accento posto su isolati e minacciosi rumori prodotti dal vuoto ambiente dell’appartamento appena svaligiato) il decorso tutt’altro che tranquillizzante della vicenda. In questo senso è stato determinante l’apporto degli attori protagonisti, la cui esperienza sconfina dall’ambito del puro teatro di prosa. Maria Amelia Monti ha composto un ritratto garbato e amabile di donna-moglie che dall’interno del soffocante quadro del matrimonio borghese trova le risorse per aprirsi a nuove esperienze e lasciarsi alle spalle la vicenda coniugale così come la perdita del marito. Paolo Calabresi ha reso l’aplomb del puritano ed egoista avvocato, progressivamente più rigida e a tratti isterica. Il versatile Nicola Sorrenti ha rivestito il doppio ruolo di narratore di alcuni snodi della vicenda e di interprete di una serie di personaggi efficacemente caratterizzati: il poliziotto che compie la prima ispezione nell’appartamento, la psicologa della polizia incaricata di fornire assistenza a Mrs. Ransome, il giovane in abbigliamento rasta responsabile del magazzino della ditta di traslochi presso cui è stato trasferito nel suo ordine originale tutto ciò che era contenuto nell’appartamento dei Ransome, il loro vicino di casa, Mr. Hanson, indirettamente responsabile dell’equivoco che ha causato la finta rapina.

Nella seconda parte dello spettacolo, ambientata nel ripristinato appartamento dei Ransom, le scene di Maria Spazzi, con scarto deciso rispetto al realismo borghese dei costumi, hanno rievocato la magnificenza di sontuosi palazzi del passato attraverso degli spezzati calati dall’alto, rinviando così al mondo fittizio e “di cartapesta” in cui ha da sempre vissuto la coppia; un mondo destinato a svanire come l’illusione creata da un semplice meccanismo teatrale che non a caso viene azionato a vista. Momento cogente dello spettacolo è questo riformarsi della casa dei Ransome col suo fulgore dalle tinte tenui falsamente rassicurante, che fa rimpiangere il palcoscenico nudo del primo tempo, popolato solo dalle corde appese alla graticcia e dai pochi essenziali oggetti acquistati da Mrs. Ransome (un tavolino e due sedie, due puff rossi e poco altro) che, nelle sue intenzioni, avrebbero dovuto favorire il clima di rinascita del rapporto coniugale.

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