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Magnificat

Al Teatro Ringhiera di Milano fino al 22 dicembre 2016

Foto di Federico Buscarino

di Alda Merini

con Arianna Scommegna

fisarmonica Giulia Bertasi

regia Paolo Bignamini

scene e aiuto regia Francesca Barattini

foto di scena Federico Buscarino

produzione Teatro de Gli Incamminati/deSidera – in collaborazione con ScenAperta Altomilanese Teatri e ATIR

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Va in scena al Teatro Ringhiera un canto che apre un varco tra le iconografie, riportando all’umano la figura della Vergine Maria. Il divario tra metafora biblica e vita reale non sempre è colmato dai riti ecclesiastici a cui siamo abituati, così il binario del divino sembra spesso assai distante dal nostro concreto binario umano e le parabole un lontano buon esempio impossibile da raggiungere. Magnificat di Alda Merini compie invece un passo di avvicinamento, regalando un canto alla figura della madre tout court e alla figura della donna come portatrice di vita, sacra regale umana al tempo stesso, nella forza e nella vulnerabilità. Il testo e l’interpretazione di Arianna Scommegna offrono un ventaglio di multiformi trasformazioni della figura femminile: una bambina spaventata, messa davanti a un’enorme responsabilità e costretta a crescere diventando donna; un’anziana segnata dai pesi sofferti nel corso di una vita. Immagini che esprimono con delicatezza e lucidità il forte legame tra esperienza del dolore e crescita. Non ci si ferma qui, di donna e madre si vedono anche i momenti più viscerali, quelli in cui il dolore e il senso d’ingiustizia sono generatori di forza e spietatezza, di lotta per quanto abbiamo di caro. Ma oltre al rifiuto e alla contrizione, il femminile è declinato allo stesso tempo secondo il valore dell’accoglienza, dell’abbandono dolce e consapevole al destino.

Pur non connotando l’interpretazione del testo su un piano di attualità, cosa di cui si può sentire la mancanza, questo Magnificat lascia a noi i collegamenti, aprendo scenari su un piano invece emotivo, sensoriale, immaginario.

La presenza densa e a tratti sorprendente di Arianna Scommegna è un esempio potente dell’essere umano in scena.

Essenziale ma al contempo assai immaginifico l’uso del tessuto, unico elemento aggiunto di espressione, assieme alla fisarmonica di Giulia Bertasi e al corpo-voce dell’attrice.

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