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A Bench on the Road. Cento anni di immigrazione femminile

Andato in scena al Piccolo Teatro Studio Melato di Milano fino al 29 gennaio 2017

Spettacolo originale e intenso che fornisce uno scorcio al femminile del massiccio fenomeno migratorio che ha connotato l’Italia (e non solo) tra il 1850 e il 1950.

Costruito e diretto con entusiasmo, serietà e rigore scientifico da Laura Pasetti (attrice diplomatasi al Piccolo) la quale già in conferenza stampa ha anticipato con molta chiarezza le motivazioni che l’hanno spinta a realizzare tale preziosa epopea avallata da testimonianze storiche.

È un piccolo-grande tesoro – che ricorda e celebra difficoltà, dignità e scontro/incontro tra le donne italiane immigrate e quelle scozzesi – articolato con un prologo e dieci ‘quadri’ cronologici che segnano il divenire storico in questo angolo del mondo che altro non è che un tassello simile al resto del globo.

Non è forse vero che tutte le popolazioni sono frutto di migrazioni avvenute nei secoli scorsi o in un passato più lontano: alcune spontanee alla ricerca di territori più produttivi e altre indotte forzatamente come succedeva per esempio durante il periodo romano quando un popolo era restio a sottomettersi? Proprio i Romani secondo un mito della fondazione di Roma accoglievano e amalgamavano lo straniero che portava una zolla della propria terra e la mischiava con la loro.

Suona quindi assolutamente ridicolo che nuovi imbonitori dal successo facile e dimentichi di essere nipoti di immigrati tuonino contro l’immigrazione in nome di una radice che in verità è per tutti mista.

Più che mai pertinente la pièce in oggetto – frutto di una coproduzione tra Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Charioteer Theatre in collaborazione con Istituto Italiano di Cultura di Edimburgo e con il supporto di Creative Scotland – già rappresentata in Scozia e a Manchester, che racconta ai giovani e meno un centinaio d’anni di processi d’integrazione tra Italiane e Scozzesi in un’altalena di armonie e contrasti con tragedie come quella dimenticata dell’affondamento della nave Arandora Star il 2 luglio 1940.

Il lavoro teatrale è dedicato a Mena Bacigalupo – immigrata di prima generazione, originaria dell’Appennino centrale, bacino molto povero e come tale soggetto a fenomeni migratori – che ospita l’autrice-regista la prima volta in cui Laura Pasetti giunge quindicenne a Edimburgo per imparare l’inglese divenendone amica e nonna adottiva di grande spessore umano oltreché ispiratrice di questo straordinario spettacolo con sei attrici (di cui tre italo-scozzesi e tre scozzesi) e una fisarmonicista che accompagna il linguaggio misto che lo connota.

Al riguardo sarebbero stati utilissimi sovratitoli in italiano non solo per chi conosce poco l’inglese, ma anche per capire meglio l’idioma ibrido tra dialetto, italiano e inglese delle immigrate.

Ecco allora che la panchina della scenografia diventa simbolo dell’incontro nel segno del dolore, panchina su cui debbono sedersi più generazioni perché si compongano diffidenze e contrasti e si arrivi a comprendersi.

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