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“Ombra. Canzoni della Cupa e altri spaventi”. Vinicio Capossela incanta nei teatri italiani

Andato in scena al Teatro Europauditorium di Bologna

Definirlo un concerto è riduttivo. Sì perché l’ultimo tour di Vinicio Capossela, andato in scena al Teatro Europauditorium di Bologna, è un’esperienza mistica, un viaggio nell’essenza dell’uomo, un cammino che non è arrivare a una meta, ma semplicemente percorrere il sentiero della vita senza sapere dove ci conduce, vagare, un po’ nel buio un po’ nella luce, e fare dell’ombra, questa proiezione di noi e delle cose che potrebbe sembrare sinistra, il punto da cui partire per conoscersi, per accettarsi e per continuare a errare, senza meta, nel tortuoso ma affascinate cammino della vita.

Il tour che sta riempiendo le sale dei teatri italiani è la conseguenza del doppio album Canzoni della Cupa uscito nel 2016. A questo imponente lavoro artistico è seguito un doppio tour, uno estivo, “Polvere”, e l’altro invernale, Ombra. Canzoni della Cupa e altri spaventi”, partito il 25 febbraio, che vedrà il cantautore in scena in molti teatri italiani, dove presenterà la seconda parte dell’album. (www.viniciocapossela.it per consultare tutte le date).

La luce rivela il visibile l’ombra rivela l’invisibile, l’inconsistente, l’incorporeo, una specie di scatola buia dentro la quale si cerca di nascondere tutto ciò che ci fa paura mostrare. Vinicio si è immerso dentro questa zona d’ombra, dove scompare il materico che lascia il posto all’inconsistente. L’ombra raccontata dal cantautore, attraverso la sua musica e i testi, non è un’ombra che nasconde ma rivela. Rivela la nostra essenza, i mostri che vivono in noi, i ricordi, i defunti, i miti, gli archetipi, e anche la nostra personalità, spesso, si svela più in ciò che teniamo nascosto che in ciò che palesiamo. L’ombra, inoltre, è raccontata da Vinicio come una ricchezza, come qualcosa che non si vede “ma rende luccicante il cammino per chi deve andare solo”. E tutti, chi più chi meno, viaggiamo soli.

La materia scenica dello spettacolo e il fil rouge di tutto il concerto invernale di Canzoni della cupa, diviso tra i brani dell’ultimo disco e anche brani di repertorio legati tutti da un immaginario oscuro e misterioso dell’Ombra. Dentro questo alone enigmatico e impenetrabile tutti, sia spettatori che musicisti, vivono l’esperienza dello spettacolo avvolti dalla penombra, ed è in questo stato visivo e percettivo che la musica diventa una sorta di ipnosi che cattura e seduce. Due velatini separano il pubblico dai musicisti, escamotage che non crea distanza ma enfatizza il senso del concerto, accentuando le ombre dei musicisti in una sorta di allucinazione che li avvolge e li immerge in una dimensione onirica, sogno o incubo a seconda degli stimoli incarnati nel suono, nelle parole, nelle immagini.

Vinicio Capossela scava negli interstizi degli archetipi umani, prendendo spunto dalla mitologia greca, spesso citata nelle sue canzoni: “Eco di sirene”, “Brucia Troia”, “Parla piano”, preceduta dal racconto di Narciso, “Dimmi Tiresia” testo ispirato all’indovino dell’Odissea, sono solo alcuni esempi della fonte infinita d’ispirazione che per il cantautore rappresenta la mitologia. Anche i riferimenti sono importanti, si vedano i testi de “La notte di San Giovanni” notte di ombre e di presagi e “Maddalena”. E, si sa bene, dentro le ombre vivono anche i mostri, quelli con cui ogni giorno dobbiamo combattere e raccontati da canzoni stupende come “Maraja” o da “Corvo torvo” volatile simbolo di morte e portatore di cattivi presagi, “Lo sposalizio di Maloservizio”, “La bestia del grano”. Non può ovviamente mancare la parte nella quale si raccontano i sentimenti, quel luogo dove le emozioni oscillano tra luce e ombra, dove non esistono certezze ma solo il desiderio di mettersi a nudo, di scoprirsi e scoprire l’altro. Vinicio Capossela ha abituato chi lo ascolta ad approcciarsi ai sentimenti in modo del tutto originale, senza sicurezze ma anche senza riserve. “Modì”, “Scivola vai via”, “Il lutto della Sposa”, “Con una rosa”, “Nella pioggia”, sono alcune canzoni eseguite in questo concerto e rappresentano la sintesi perfetta dell’idea di contrasto, impedimento, opposizione che trapela, alcune volte, anche nella parte romantica della musica di Vinicio.

Il concerto finisce con la bellissima canzone “Resto qua”: “finito lo spettacolo e il miracolo/la luna sul tuo volto /la luce sul mio nome/scrosciano gli applausi”. Scivola il concerto verso la fine, scivola la vita, scivola il tempo, ma le emozioni, quelle vere, restano nel cuore, nella mente e rimangono ben custodite senza nessuna possibilità di sfuggire. E il mio applauso continua ancora a scrosciare.

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