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“Gaza” di Deposito dei Segni

Andato in scena il 27 e 28 aprile 2017 presso il Teatro Spazio Electa, Teramo

Con “Gaza” la compagnia Deposito dei Segni prosegue nel solco del teatro di impegno civile che caratterizza in maniera decisa la propria linea poetica e di produzione. In particolare, l’attenzione è posta sulle vicende storiche che si riferiscono al presente più attuale, ed anche quando si affrontano episodi storiograficamente acquisiti l’analisi viene focalizzata sulle connessioni non immediatamente visibili che legano quel sistema di forze con le strutture che determinano oggi situazioni di squilibrio, caratterizzate spesso da meccanismi criptici, benché sempre tangibili negli effetti. E’ il caso di “Ceneri”, lavoro dedicato alla tragedia dell’Olocausto, dove oltre alle testimonianze dei sopravvissuti dei lager vengono mostrate le relazioni di interesse con i gangli dell’economia tedesca all’interno del programma nazista, tracciando così la linea di una lettura critica per le vicende contemporanee in cui le questioni di politica domestica ed internazionale si intrecciano nuovamente con precisi progetti socio-economici, ma soprattutto incedono in un disegno che fu determinato dagli eventi di quel passato troppo facilmente archiviato tramite le tinte della tragica eccezione.

In “Gaza” lo spicchio di realtà che viene fotografato, scomposto e ricomposto in scena è il violentissimo attacco israeliano sferrato sulla città palestinese durante gli ultimi giorni dell’anno 2008 e protrattosi per quasi un mese di atrocità. Come già in “Ceneri” ed in linea con il modus operandi di Deposito dei Segni, la drammaturgia viene composta attraverso un lavoro di montaggio condotto sui documenti e le testimonianze dirette, che in “Gaza” sono tratte dalle cronache di guerra registrate in prima linea da Vittorio Arrigoni (e poi pubblicate nel volume “Restiamo Umani”). Queste vengono intersecate con i versi di Ibrahim Nasrallah, poeta giordano di origine palestinese, venendo a tessere la trama di un linguaggio volutamente disomogeneo ma non per questo disarmonico, che ondeggia tra la prosa e la poesia, la resa fattuale degli eventi e quella impressionistica (completa il testo la poesia “Gaza” di Samih Al Qasim).

La traccia del teatro documentario precipita in scena nella forma di cumuli cartacei o volumi che si stagliano come corpi prima che come emblemi. Ma la base drammaturgica diventa il punto di partenza per un lavoro principalmente performativo, ove il canale visuale detiene una sua autonomia di linguaggio tramite un allestimento che collima con l’installazione, grazie ad una scenografia che si avvale delle sculture di Jörg Grünert.

In realtà il principio guida che muove il lavoro è la sovrapposizione di linguaggi che rimangono intenzionalmente liberi o liberati da ogni operazione di sintesi, di fusione. La divisione dello spazio scenico riproduce la divisione dei linguaggi di scena: la parola amministrata con cura da Cam Lecce quasi confligge con l’azione corporea eseguita nervosamente da Grünert, spezzando la resa complessiva della performance e complicando la fruizione del pubblico, obbligato ad attivare una attenzione non semplicemente ricettiva e ad operare un percorso personale tra le diramazioni di un intero sistema di opzioni combinatorie, che paiono richiamare certe sperimentazioni costruttiviste prima che citare la stimolazione multimediale dell’oggi. Le sonorità sintetiche della musica e le immagini video proiettate su di uno schermo di fondale completano il quadrilatero delle direzioni sensoriali divergenti. In questo modo, prima di ogni rappresentazione del tragico, giunge il disagio puramente operativo dello spettatore, che viene a sintonizzarsi spontaneamente fuori da ogni cascame retorico con il senso di un racconto scenico plurimo in cui l’esperienza estrema di una umanità stremata si rifrange e vive.

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GAZA (Deposito dei Segni)

di e con Cam Lecce e Jörg Grünert

Liberamente tratto da “Restiamo Umani” di Vittorio Arrigoni, da “Versi” di Ibrahim Nasrallah, e dalla poesia “Gaza” di Sami Al Qasim

Musiche originali di Luigi Morleo e Michelangelo del Conte

Produzione Deposito Dei Segni Onlus in collaborazione con ISM-Italia

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