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Dagli Appennini alle Ande – Quando migravamo noi

Andato in scena nel cortile del Museo del Bargello, Firenze

Il magnifico cortile del Museo del Bargello ha ospitato il 20 giugno La Compagnia Lombardi Tiezzi per l’apertura ufficiale del decennale dell’Estate al Bargello con lo spettacolo “Dagli Appennini alle Ande – Quando migravamo noi”, dal racconto di De Amicis, a cura di Federico Tiezzi.

Sandro Lombardi e David Riondino, già coppia di interpreti consolidata dall’esperienza di Dante Inferno e Inferno Novecento, hanno dato voce alle avventure del piccolo Marco (rivisitato anche in chiave anime sotto la supervisione di Hayao Miyazaki del 1976, trasmesso in Italia con il titolo di Marco, dagli Appennini alle Ande).

La voce di Francesca Breschi, grande interprete della canzone popolare (componente dal 1990 del Quartetto Vocale di Giovanna Marini) e la fisarmonica di Massimo Signorini, (musicista che ha all’attivo collaborazioni con solisti come Richard Galliano, Miguel Angel Barcos, Hugo Aisemberg, Vinicio Capossela…) immergono la platea nelle atmosfere argentine calde di milonghe e canti dei migranti.

L’allestimento per l’Estate Fiorentina e per il Cortile del Museo Nazionale del Bargello, è una prima assoluta.

Il titolo traccia la linea dell’emigrazione italiana in Argentina,una scelta obbligata verso la salvezza, come fecero in molti nella fame dell’Italia postunitaria.
Scriveva Edmondo De Amicis a proposito delle migrazioni del suo tempo:

«Immagina questo vastissimo formicolio di ragazzi di cento popoli, questo movimento immenso di cui fai parte, e pensa: – Se questo movimento cessasse, l’umanità ricadrebbe nella barbarie; questo movimento è il progresso, la speranza, la gloria del mondo.» E aggiungeva: «E tutta questa miseria è italiana! E ogni piroscafo che parte da Genova n’è pieno, e ne parton da Napoli, da Messina, da Venezia, da Marsiglia, ogni settimana, tutto l’anno, da decine d’anni! Poveri emigranti che, per mancanza di posti in stiva, venivano accampati come bestiame sopra coperta, dove passavan settimane inzuppati d’acqua e a patire un freddo di morte; al rischio di crepar di fame e di sete in bastimenti sprovvisti di tutto, o di morir avvelenati dal merluzzo avariato o dall’acqua corrotta. E n’erano morti… Quante infamie: tutte quelle migliaia di italiani che, in grandi città straniere, campan la vita con i più degradanti mestieri, branchi d’istrioni affamati che l’Italia sparge alle quattro plaghe dei venti; la tratta miseranda dei fanciulli»
Dagli Appennini alle Ande è uno dei racconti contenuti in Cuore di Edmondo De Amicis, è una storia di eroismi e sacrifici, non così lontana da noi e non così diversa dalle storie dei giovani armati di speranza che arrivano ogni giorno sulle nostre coste. La sua attualità conferma la ricchezza del classico. È un bel modo di mettersi nei panni di chi emigra, recuperando quella speranza di fortuna e di un futuro migliore che la nostra stanca, esausta Europa sembra aver dimenticato, affogata nelle sue paure. 

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