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Il training teatrale nella disabilità

Articolo di Ines Arsì

Il teatro rappresenta da sempre una via preferenziale alla conoscenza del sé, oltre che un canale comunicativo privilegiato delle emozioni in grado di trasformare la narrazione del vissuto e l’incarnazione nel personaggio in un rituale catartico di profonda simbologia.

L’incontro e poi la vera e propria identificazione con il contesto guidato dell’esercizio espressivo consente di maturare l’amplificazione delle percezioni e di gestire e modulare le intenzioni, rinforzandone il valore nel momento della condivisione collettiva e potenziando la padronanza visuo-spaziale, mnesica, mimica, relazionale e riflessiva in una palestra intensiva di efficacia riconosciuta, praticabile da tutti ed estremamente significativa nel percorso esperienziale.

Un gioco che imita la vita e ne carpisce la più intima e complessa sostanza ha in dote una vasta gamma di occasioni di sperimentazione esplorativa dell’ambiente, influenzando positivamente il benessere della persona, in un continuativo interscambio ed elaborazione di stimoli che coinvolgono il sistema sensoriale, cognitivo e motorio, risultando di profonda utilità terapeutica laddove si manifesti una carenza di competenze che possono essere acquisite e accresciute.

Allargare questa dimensione altamente inclusiva a quanti manifestano uno svantaggio espressivo, attraverso un’attività laboratoriale mirata, crea uno spazio di lavoro comune incentrato appositamente sul sistema complesso delle relazioni e sull’introspezione delle proprie necessità comunicative, nella fondazione di un ecosistema formativo che anzitutto focalizza la sua progettualità sulla costituzione di un gruppo e sulle fasi graduali di sintonizzazione con esso di ciascun membro specificatamente approcciato secondo le sue caratteristiche e gli obbiettivi individuali da potenziare.

La creatività, se liberata accuratamente dal giudizio proprio e altrui, ingegna nel tempo la pianificazione di nuovi linguaggi utili a sopperire deficit cognitivi e motori altrimenti causa di emarginazione ed insegna, inoltre, l’importanza della propria unicità e originalità quale strumento primario della rappresentazione del sé nel mondo come fonte di arricchimento in ogni interscambio; è possibile constatare attraverso questa strategia fondante un significativo incremento dell’autostima, un miglioramento del self control, un sostanziale progresso nel problem solving, come pure l’acuirsi delle abilità dell’ascolto empatico, sviluppando l’idoneità progressiva all’integrazione sociale.

L’itinerario avventuroso nel meta-racconto dell’individuo attraverso la rielaborazione del personaggio permette di affacciarsi in territori inconsueti altrimenti inconciliabili con la routine della quotidianità e certamente ricolmi di spunti costruttivi utili all’analisi della realtà da angolazioni insolite, che rinforzano l’autoconsapevolezza attraverso la ricerca sul campo delle molteplici formule di linguaggio verbale e non verbale che attraversano il setting drammatico sino alla loro concretizzazione finale nel corso della rappresentazione.

Le tecniche educative fanno in genere dell’arteterapia, del teatro sociale, della drammaterapia e della ricerca psicodrammatica veicoli psico-pedagogici di training ludico strutturati al fine di sciogliere nodi relazionali e affettivi irrisolti, ammorbidendo quelle rigidità del corpo e dello stato d’animo che sono considerate strettamente correlate e imprescindibilmente condizionate l’una dall’altra, per favorire una spontaneità immaginale-astrattiva ed il recupero della fonte motivazionale intrinseca, apportando un valore aggiunto all’esperienza degli interpreti attraverso la rivisitazione critica del proprio ruolo nella vita.

Ines Arsì, pedagogista

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