L’edizione 2017 del Festival Incanti viene annunciata dal titolo Figurati la musica!, incidendo sul carattere fortemente sincopato del teatro e del teatro di figura in particolare. La sera del 7 ottobre la Casa del Teatro di Torino ha ospitato due eccellenti rappresentazioni, entrambe esemplari del sottile rapporto che esiste tra la musica e la figura: nell’arco di poco più di un’ora, il Festival ha espresso la propria concezione di come ci si può “figurare la musica”, insistendo a ragione sull’universalità delle immagini e dei suoni.
Pinhas, o il teatro delle bastonate
Ideatore e animatore dello spettacolo è Ariel Doron, burattinaio israeliano, che a proposito di universalità del linguaggio teatrale porta in scena personaggi di legno noti a livello internazionale: il primo a fare capolino oltre la linea di orizzonte del teatrino è Pulcinella, certamente il più riconoscibile per una platea italiana. Non fa in tempo ad entrare sulla scena, tuttavia, che viene cacciato a suon di bastonate dal protagonista/antagonista Pinhas, l’antieroe di Doron.
Il teatrino sviluppa la tensione tra le scenette e il sottofondo musicale, con interruzioni continue, sovrapposizioni forzate, interventi inaspettati dell’uno o dell’altro linguaggio che danno voce al cinico Pinhas, nell’esprimere la sua semplicistica visione di storia e politica: interagendo con personaggi storici noti quanto Pulcinella, non stupisce che i duelli “a legnate” si risolvano sempre con il tramortimento degli sventurati che si affacciano sul teatrino – Adolf Hitler e Moshe Dayan, perfino una grassa colomba della Pace!
Musica e figura appaiono inconciliabili, almeno nella rappresentazione volutamente polemica e provocatoria del punto di vista di Pinhas: lo scontro che ne deriva non si limita a divertire, ma riesce a comunicare l’insensatezza del conflitto, attraverso l’espressione artistica dei simboli, siano essi figurati o musicati. Il teatrino dei burattini è del resto una scena sincopata per definizione, presupponendo una coordinazione totale da parte del burattinaio che ne imbastisce la scena: solo attraverso questa coreografia nascosta si può restituire un significato compiuto a interruzioni sovrapposizioni interventi nel dialogo tra forma e suono, anche quando sembrano contraddirsi a vicenda.
Doron riesce a esprimere la sua satira lanciando un messaggio di pace laddove i suoi burattini, naturalmente votati alle bastonate quale loro esclusiva modalità di espressione, mantengono le proprie insensibili convinzioni guerrafondaie.
Un bicchiere d’acqua, uno spartito e un caffè
Rafforzando il messaggio sottostante che sottotitola il Festival, anche per il visionario L’Aida è servita del Dottor Bostik l’universalità del connubio tra musica e figura è la chiave di interpretazione più adeguata. L’operetta ambientata in un ristorante, dove due annoiati avventori (la soprano Laura Scotti e il basso Oliviero Pari) improvvisano una sontuosa messa in scena scomodando niente meno che Giuseppe Verdi, i cui protagonisti e figuranti dell’Aida vengono ricostruiti assemblando strumenti da cucina.
I personaggi entrano in scena sul vassoio trascinato dal cameriere, come se fossero le portate di una cena: “l’Aida è servita”, ma anziché consumare le portate i clienti ripercorrono il libretto d’opera animando i pupi improvvisati di Aida e Radames, di Amneris e del Faraone, del Re degli Etiopi e di elefanti e cavalli…
L’universalità è la chiave, dunque, come del resto suggerito dall’attualità dell’opera verdiana che risulta adattabile a qualunque discredito della guerra, a prescindere dal contesto. È per questa ragione che la musica e la figura riescono a muovere una critica alla tendenza umana al confitto, sia a teatro, con l’impiego di artisti, figuranti e comparse, grandi scenografie e un’orchestra nutrita, sia sopra il tavolo di un ristorante al solo accompagnamento di un pianoforte (Gabriele Marzella), per la regia di Alfonso Cipolla e l’animazione degli oggetti per mano di Dino e Raffaele Arru.
“L’Aida è servita” potrebbe dunque acquisire un ulteriore significato: se il rapporto tra musica e figura è il tema affrontato dal Festival Incanti, il mirabile esempio di un Ariel Doron di come entrambe si prestino alla rappresentazione di significati profondi trova un’illustre precedente in Giuseppe Verdi. Come l’Aida è “servita” a dimostrare l’universalità del significato di “pace”, così Pinhas ne riprende il linguaggio, a metà tra suggestione uditiva e stimolo visivo, per ribadirne il messaggio: la pace tra i popoli è universale quanto la loro arte.
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Pinhas
Ideazione Ariel Doron e Shlomit Gopher
con Ariel Doron
L’Aida è servita
tratto dall’opera di Giuseppe Verdi
Regia e drammaturgia di Alfonso Cipolla
Ideazione e costruzione pupazzi Dino Arru
Animazioni di Dino Arru, Raffaele Arru, Oliviero Pari e Laura Scotti
Soprano e clarinetto Laura Scotti
Basso e trombone Oliviero Pari
Pianoforte Gabriele Marzella