Tutto è sospeso in un luogo indefinito, un limbo, anzi un Purgatorio claustrofobico e un po’ ossessivo, non solo spaziale, ma che coinvolge soprattutto l’anima: un uomo e una donna che si sono fatti del male in modo irreparabile cercano di capire quello che è accaduto, cercano il perdono e la redenzione. Ci riusciranno?
Saranno gli spettatori a interpretare il finale del bellissimo Purgatorio, testo del drammaturgo argentino Ariel Dorfman, già autore del pluripremiato La morte e la fanciulla che ha appena inaugurato la stagione 2017/2018 del Piccolo Eliseo di Roma.
Punto di partenza, mai perso di vista, ma in qualche modo aggirato, è la Medea di Euripide, la tragedia della barbara dai magici poteri (quo identificata anche come l’altro e il diverso), pronta a tradire la sua famiglia per amore di Giasone e ad uccidere i loro figli quando lui deciderà di sposare un’altra.
La storia di Medea resta centrale e onnipresente, ma Dorfman racconta quello che potrebbe accadere dopo la tragedia, scavando in modo analitico, razionale ed emozionale il viscerale rapporto fra quest’uomo e questa donna, cercando di introdurci nelle loro coscienze. Una donna e un uomo, una lei e un lui, devono in qualche modo espiare le loro colpe in un luogo non luogo: ma non devono confessare le loro colpe, ben note ai responsabili, ma devono riuscire a ritrovare sé stessi ammettendo la propria personale verità.
Una ricerca che può arrivare (o no) in un processo di svelamento incalzante dove ciascuno sembra voler mascherare il proprio essere per riuscire a mettere a nudo la propria anima quando si liberanno dalle loro costrizioni e forse riusciranno a ritrovare il perdono dell’altro per arrivare alla redenzione.
Non c’è mai un colpevole e una vittima (con le immagini dei bambini, le uniche vere vittime, che scorrono sullo schermo), ma l’uomo e la donna che si sono fatti del male irreparabile, si scambiano ruoli e identità in tre quadri diversi.
All’inizio è lei la paziente pronta a fare i conti con sé stessa in una drammatica confessione finale. Poi è lui ad ammettere le proprie responsabilità anche se con fare reticente. Alla fine l’uomo e la donna finiscono per spogliarsi dei loro abiti, restano e tornano ad essere solo Medea a Giasone e forse a ritrovare la redenzione dopo aver invocato per la prima volta con sincerità il perdono dell’altro.
Purgatorio è un testo teso, incalzante e claustrofobico che avvince e coinvolge lo spettatore finendo per trascinarlo parola dopo parola.
L’atmosfera è rarefatta e incerta, enfatizzata dal musica angosciosa e di suspance per costruire un testo che resta sospeso con un punto interrogativo finale: a coinvolgere fino in fondo lo spettatore, i due bravissimi protagonisti, Laura Marinoni, spietata e altera, e il disincantato e un po’ sbruffone Danilo Nigrelli.
Un testo coraggioso e avvincente che finisce per arrivare alle coscienze degli spettatori in ogni momento. In scena fino all’8 ottobre, info su www.teatroeliseo.com.