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Play Strindberg

Dal 23 novembre al 3 dicembre al Teatro Menotti, Firenze

produzione Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia – Artisti Riuniti – Mittelfest 2016

di Friedrich Dürrenmatt

traduzione Luciano Codignola

con

Maria Paiato – Alice

Franco Castellano – Edgar

Maurizio Donadoni – Kurt

regia Franco Però

scene Antonio Fiorentino

costumi Andrea Viotti

luci Luca Bronzo

musiche Antonio Di Pofi

DURATA 75 minuti senza intervallo

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Dopo l’anteprima estiva al Mittelfest 2016 e l’applaudito debutto nazionale al Politeama Rossetti di Trieste, reduce da una tournée di successo, dopo Chiasso, Genova, Udine, Parma e Roma, arriva finalmente a Milano al Teatro Menotti dal 23 novembre al 3 dicembre Play Strindberg, testo che Friedrich Dürrenmatt rielabora dallo strindberghiano Danza macabra per tratteggiare uno spettacolo cinico e molto divertente.

Lo spettacolo, coprodotto dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Artisti Riuniti, Mittelfest 2016, è firmato da Franco Però che dirige un terzetto d’attori di assoluto livello – Maria Paiato, Franco Castellano, Maurizio Donadoni – capaci d’interpretare ogni sfumatura dei loro personaggi, di dare evidenza ad ogni potenzialità offerta dall’asciutta e intrigante scrittura.

Sotto le livide luci di un ring che contiene gli elementi essenziali di un interno borghese (la scena è di Antonio Fiorentino), Maria Paiato (Alice), Franco Castellano (Edgar) e Maurizio Donadoni (Kurt), si confrontano in un eterno triangolo: si attaccano, si corteggiano, si colpiscono e si affrontano, si mettono alle corde come in un vero incontro di boxe. I costumi sono creazioni di Andrea Viotti, le suggestive luci sono firmate da Luca Bronzo e le musiche da Antonio Di Pofi.

Il progetto produttivo del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia continua, dunque – dopo la produzione dello schnitzleriano Scandalo incentrato sulle dinamiche interne a una famiglia borghese – a focalizzare l’attenzione sul tema della famiglia, ricorrendo all’aiuto dei grandi analisti del teatro del Novecento, al loro sguardo lucido sulla realtà, alla loro capacità di presagire e di parlare anche al nostro tempo.

Play Strindberg nasce al Teatro di Basilea nel 1969, scritta dall’autore svizzero tedesco proprio per quella messinscena (molto applaudita) e tratta dal capolavoro strindberghiano Danza macabra. La pièce – si racconta – viene creata perché Dürrenmatt, che era parte della direzione del teatro, era affascinato dalle possibilità interpretative che Strindberg aveva ideato per gli attori nel dramma originale, ma profondamente insoddisfatto delle traduzioni e degli adattamenti esistenti. Così affronta egli stesso quella materia: ed il risultato si rivela molto più di un adattamento. «Il risultato – commenta infatti il traduttore Luciano Codignola – è un’opera drammatica unitaria, serrata, densa, coerente sul piano stilistico, perfettamente sviluppata come costruzione e di una modernità stupefacente. Al regista e agli interpreti Dürrenmatt ha fornito un pezzo di bravura, una struttura aperta dove possa esercitarsi il virtuosismo degli interpreti (…) Da questo testo, apparentemente così scarno, si può trarre uno spettacolo da togliere il fiato, qualcosa che in questi ultimi tempi s’era avuta solo con Chi ha paura di Virginia Woolf»

E di questo non può stupirsi chi conosce l’ampia e straordinaria produzione drammaturgica di Friedrich Dürrenmatt (da Romolo il grande a Un angelo scende a Babilonia, da La visita della vecchia signora a I fisici), a cui va aggiunta la notevole attività di scrittore di romanzi, racconti, saggi… Fu anche, addirittura, pittore. Nato nel 1921 a Berna e morto a Neuchâtel nel 1990, Dürrenmatt si impone come uno dei maggiori interpreti della cultura moderna, che tratteggia e analizza nelle sue opere con sguardo rigoroso e razionalmente scettico, incline al paradosso e anche alla polemica. L’arma del grottesco, del sarcasmo virtuosisticamente manipolato gli serve per smascherare con un sorriso l’ipocrisia del suo tempo. Forte della lezione brechtiana e dell’espressionismo, nonché di una personale maestria nell’uso del linguaggio e delle strutture drammaturgiche, affascina con una scrittura forte ed essenziale, allusiva e dal respiro universale. «Nel rappresentare il mondo, al quale mi sento esposto, come un labirinto – scriveva – tento di prenderne le distanze, di fare un passo indietro, di guardarlo negli occhi come un domatore guarda una bestia feroce. E questo mondo, come io lo percepisco, lo metto a confronto con un mondo contrapposto ad esso, e che io mi invento».

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NOTE DI REGIA

Dürrenmatt si prende gioco di noi, della nostra vita famigliare, con tutte le armi che gli sono proprie, il sarcasmo, lironia che trascolora nel grottesco, il gusto del comico, ma anche la violenza del linguaggio e lo fa prendendo uno dei più formidabili testi di Strindberg, Danza macabra e riscrivendolo da quel grande costruttore di storie teatrali qual’è.

Prende i tre protagonisti – il capitano, la moglie e il cugino/amante che ritorna – e li posiziona sotto le luci glaciali di un ring; seziona il testo strindberghiano e ne tira fuori undici round, intervallati dai gong – proprio come un incontro di boxe o di lotta – con la sola differenza che i combattenti sono tre.

Tutta lessenza del testo originale rimane, ma Dürrenmatt ne esalta lattualità, asciugando fin dove è possibile il linguaggio – già di per sé scarno – come in un continuo corpo a corpo, che solo il gong ferma per qualche istante, dando ai contendenti il tempo di un riposo per riprendere fiato e agli spettatori lattimo di riflessione su quanto, nel round precedente, hanno visto.

Sono immagini veloci come flash di una lotta famigliare in cui arriva allimprovviso il desiderato – da entrambi i coniugi – “straniero”, che veste i panni del cugino e rimette in gioco rapporti e conflittualità.

Il riso e il pugno allo stomaco, il sorriso e lamarezza si alternano continuamente su questo palcoscenico-ring, riportando davanti agli occhi dello spettatore gli angoli più nascosti di quel nucleo, amato od odiato, fondamentale – almeno fino ad oggi… – delle nostre società: la famiglia.

Franco Però

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NOTE BIOGRAFICHE DEGLI ARTISTI

FRANCO PERO’

Dopo il diploma all’Accademia d’Arte Drammatica di Trieste, inizia l’apprendistato con A.Trionfo, F.Enriquez, G.Wilson e G.Lavia, del quale è assistente dal 1980 al 1983. Il suo interesse è immediatamente focalizzato sulla drammaturgia contemporanea, straniera e italiana. Tanti sono gli autori o le opere che attraverso le sue regie saranno conosciuti dal pubblico italiano: da Mamet (American Buffalo, prima regia e prima assoluta in Italia di un’opera del drammaturgo statunitense) a Shepard, da Fugard a Enquist, da M.Walser a Norén, da Jovanovic a Crimp, ma anche a Bigagli, (Piccoli equivoci, al Festival di Spoleto del 1986, Premio IDI), Siciliano (Singoli, premio IDI 1989), Cerami (da un laboratorio al Teatro Due-Stabile di Parma nasce Ring sul mondo del pugilato, Teatro Valle, 2000). L’interesse per il contemporaneo lo spinge poi a fondare la TEA (assieme a M.Venturiello, E.Pozzi, P.Maccarinelli, W.Le Moli, P.Villoresi, M.De Rossi) per dar vita al progetto ETI-Sala Umberto – Stagione 2000/2001, dove verranno presentati in forma di mise en espace spettacoli, letture e materiali video dei più interessanti e, per lo più poco conosciuti, autori e testi contemporanei. Quello stesso interesse lo spingerà a portare quell’ esperienza – dal 2000 al 2006 – al Teatro Festival di Parma – di cui diviene socio). Pur continuando a proporre testi contemporanei (come il durissimo Caracreatura di P.Roveredo, Se questo è un uomo di P.Levi o le commedie amare come Honour della Murray-Smith ed Eclisse totale di P.Fontana), negli anni l’attenzione si sposta tanto verso i classici contemporanei come il Claudel di Partage de Midi, il Pirandello di Uno, nessuno e centomila, e soprattutto il Camus de Lo straniero (lo spettacolo, allestito per lo Stabile di Parma, dopo le tournée italiane è invitato al Festival internazionale di Teheran del 2001, dove viene premiato): la versione francese di questo spettacolo e l’adattamento del romanzo di Pirandello saranno poi le occasioni per la collaborazione con lo svizzero Théatre Populaire Romand di La Chaux-de-Fonds; e ancora Beckett, con diverse messe in scena, a partire da quel Senza voce, tra le voci racchiuse con me, tratto dalle opere brevi, per la compagnia Glauco Mauri, premio della Critica 1991-92. Ma guarda ugualmente verso i classici tout court: tra gli altri, Goethe – Viaggio in Italia, Marivaux – La mère confidente, Goldoni – L’uomo prudente. Negli ultimi anni affianca all’attività di regista quella di autore, tra le varie opere: in collaborazione con Renato Sarti scrive È vietato digiunare in spiaggia, sulla figura di Danilo Dolci (con cui si apre la stagione 2007-2008 del Teatro Valle, Roma), con Sabrina Morena, Il viaggio di Caterina (2010, Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Trieste). Presente in numerosi Festival, da Spoleto alle Orestiadi di Gibellina, dai lontani Sant’Arcangelo e Italy in Houston (USA), dal Mittelfest a quello di Asti, Borgio Verezzi o Taormina. Presente pure nel campo della lirica con regie delle opere di Smetana, Puccini, Verdi, De Falla, Schoenberg ai teatri La Fenice di Venezia, Verdi di Trieste, Regio di Parma. Dal 2008 è socio della Compagnia del Collettivo-Teatro Due, Stabile di Parma, dall’autunno 2014 è direttore del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia.

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MARIA PAIATO

Diplomata all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico nel 1984, ha interpretato la Maria Zanella di S. Pierattini e regia di M. Panici vincendo il premio della critica, il premio Maschera d’Oro e il premio UBU come migliore attrice nel 2005; Cara professoressa di L. Razumovskaja per la regia di V. Binasco vincendo il premio Olimpici per il teatro come migliore attrice nel 2004. Tra le sue interpretazioni: Natura morta in un fosso scritto e diretto da F. Paravidino; Le troiane di Euripide e Ritter Dene Voss di T. Bernhard per la regia di P. Maccarinelli. In occasione delle Olimpiadi della Cultura di Torino del 2006 ha preso parte al progetto Domani di Luca Ronconi interpretando il ruolo di Miriam Mafai ne Il silenzio dei comunisti di V. Foa, M. Mafai e A. Reichlin, vincendo il premio UBU 2006 come migliore attrice; Un cuore semplice dall’omonimo racconto di G. Flaubert per la regia di Luca De Bei, vincendo il premio Olimpici per il Teatro nel 2007; nelle ultime stagioni si ricordano le collaborazioni con V. Binasco ne L’intervista di N. Ginzburg e con Walter Malosti ne I quattro atti profani di A. Tarantino, vincendo il Premio Duse nel 2009. Luca Ronconi la dirige ne La modestia di R. Spregelburd, ne La Santa Giovanna dei macelli di B. Brecht, ne Il panico sempre di R. Spregelburd e ne La Celestina di F. de Rojas. Con la regia di R. Massai ha interpretato Auxilio nel monologo Amuleto, tratto dall’omonimo romanzo di R. Bolano e in questa ultima stagione ha preso parte allo spettacolo Due donne che ballano di J. M. Benet, I Jornet per la regia di V. Cruciani. Al cinema ha lavorato con: Marco Martani in Cemento armato; Pietro Reggiani in L’estate di mio fratello; Francesca Comencini in Lo spazio bianco; Luca Guadagnino ne Io sono l’amore; Carlo Mazzacurati in La passione e La sedia della felicità; Marco Segato in La pelle dell’orso. Ha partecipato a diverse produzioni radiofoniche per Radio Rai 3: Il teatro giornale di R. Cavosi e S. Pierattini; I dialoghi delle Carmelitane di G. Bernanos per la regia di C. Pezzoli; Taccuino italiano e Madre Teresa di Calcutta per la regia di G. Venetucci. Per il programma Ad alta voce a cura di A. Antonelli e F. Carobolante ha letto: La Storia di E. Morante; Giro di vite di H. James; Amatissima di T. Morrison.

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FRANCO CASTELLANO

Di origine friulana, Franco Castellano si trasferisce a Roma per studiare all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, dove si diploma all’inizio degli anni Ottanta: immediatamente si sposta all’estero per affinare la sua formazione. Ha lavorato con Irene Worth, con cui ha partecipato al Festival di Edimburgo e frequentato stage a Berlino, Londra e New York.

Nella sua carriera intreccia costantemente teatro ad esperienze televisive e cinematografiche. Sono tanti i registi con i quali ha lavorato sin dall’uscita dall’Accademia, a cominciare da maestri come Aldo Trionfo e Giancarlo Cobelli o Luca Ronconi, in una Santa Giovanna di G.B. Shaw o nelle Due commedie in commedia di G. B. Andreini. La sua versatilità lo ha portato ad affrontare personaggi lontanissimi tra loro, come il Tom dello Zoo di vetro – per la regia di Furio Bordon con Piera Degli Esposti – o l’affascinante sbruffone Liliom, dell’omonima commedia di Ferenc Molnar – per la regia di Gigi Dall’Aglio, accanto a una giovanissima Chiara Muti – o la reinvenzione in friulano del poetico monologo di Achternbush, Gust – per la regia di W. Le Moli – o ancora l’ingenuo e appassionato ufficiale napoleonico, protagonista de L’agnello del povero di Stefan Zweig – al Festival di Spoleto del 1997, per la regia di F. Però – e innumerevoli altri, sempre ricercato da registi quali C. Cecchi, P. Maccarinelli, J. Miller, C. Lievi. Recentemente è stato coprotagonista nel Mercante di Venezia con Giorgio Albertazzi e – diretto da F. Però – protagonista di Scandalo di Arthur Schnitzler accanto a Stefania Rocca.

La più vasta popolarità arriva negli anni Novanta, quando interpreta il ruolo di Romeo nella fiction Commesse, a cui segue un’altra interessante parte in Sospetti. Da quel momento sono innumerevoli le interpretazioni – tutte di qualità e successo – in serie televisive e film per il piccolo e grande schermo: fra tutti vanno almeno menzionati i due film di Maurizio Zaccaro Un uomo perbene, con Michele Placido, Giovanna Mezzogiorno, Stefano Accorsi, Giuliano Gemma, Mariangela Melato, Leo Gullotta e Cristallo di rocca, con Virna Lisi, Tobias Moretti e Rodolfo Corsato; fra le fiction è in Perlasca. Un eroe italiano con Luca Zingaretti, ne La cittadella con Massimo Ghini, nel fortunato Orgoglio con Elena Sofia Ricci e in Puccini. Compare anche in Cime tempestose e in numerosi altri sceneggiati di successo e di recente in serie come Il commissario Nardone diretto da Fabrizio Costa e nel film per la televisione di Giulio Base La donna della domenica.

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MAURIZIO DONADONI

È attore e autore. Premio speciale IDI 1986 per l’interpretazione in Bestia da Stile di P. P. Pasolini, consegue nello stesso anno il premio UBU come miglior giovane attore. Nel 1991 gli viene assegnato il premio di drammaturgia Riccione – ATER per il primo testo che scrive Fosse piaciuto al cielo e, nel 1994, il premio Iside Festival di Benevento per il secondo Memoria di classe (sulla tragedia del Vajont) opera che riceve nel 1995 il premio Enrico Maria Salerno per la drammaturgia di impegno civile.

Nella sua carriera ha recitato in teatro, tra gli altri, diretto da Gabriele Lavia, Luca Ronconi, Massimo Castri, Carlo Cecchi, Cristina Pezzoli, Piero Maccarinelli, Valerio Binasco, Krizstof Zanussi, Marco Bernardi, Antonio Calenda; in cinema da Marco Ferreri, Carlo Lizzani, Franco Rossi, Giacomo Battiato, Alberto Bevilacqua, Pasquale Pozzessere, Sergeij Bodrov, Marco Bellocchio, Marco Tullio Giordana, Saverio Costanzo. Protagonista di sceneggiati televisivi tra cui Un bambino di nome Gesù, Scoop, Processo di famiglia, L’ispettore anticrimine, La piovra 9, Caravaggio, Pinocchio, Il prefetto di ferro. Tra i testi finora scritti ha rappresentato con successo anche Fegatelli, Checkpoint K, Canto della Rosa Bianca e Precarie età prodotto dal Teatro Stabile di Bolzano.

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BIGLIETTERIA

PREZZI

  • intero 28.00 € + 1.50 € prevendita

  • ridotto over 65/under 14 – 14.00 € + 1.50 € prevendita

  • martedì e mercoledì posto unico 14.00 € + 1.50 € prevendita

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TEATRO MENOTTI

Via Ciro Menotti 11, Milano – tel. 02 36592544 – biglietteria@tieffeteatro.it

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ORARI BIGLIETTERIA

Dal lunedì al sabato dalle ore 15.00 alle ore 19.00

domenica ore 14.30 | 16.30 solo nei giorni di spettacolo

Acquisti online

con carta di credito su www.teatromenotti.org

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ORARI SPETTACOLI

martedì, giovedì e venerdì ore 20.30

mercoledì e sabato ore 19.30 (eccetto le prime ore 20.30)

domenica ore 16.30

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