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“Aulularia” di Plauto rivisitata da Vincenzo Zingaro

Al Teatro Arcobaleno di Roma fino al 4 febbraio 2018

Alla guida della compagnia Castalia, Vincenzo Zingaro sviluppa da 25 anni il suo progetto di rivisitazione del teatro classico, promuovendo lo studio e il recupero della commedia antica. Il Teatro Arcobaleno, divenuto “Centro Stabile del Classico”, partecipa con l’Università di Roma “Sapienza” al progetto internazionale “Il Teatro Classico oggi” con produzioni di interesse nazionale, che per gli studenti costituiscono un’offerta formativa di recupero delle radici culturali sulle origini del teatro e sulla rappresentazione della vicenda umana.

La commedia greca con Aristofane e la fabula palliata latina con Plauto stigmatizzando vizi e delineando caratteri, mettono in scena un’umanità che dall’antichità si proietta alla contemporaneità con le stesse furbizie e i medesimi problemi affrontati con immutata sagacia.

Aulularia o Commedia della pentola è uno dei testi più noti di Plauto, transitato nel teatro moderno ispirando l’Avaro di Molière e perfino lo Zio Paperone di Disney.

Il finale col quale viene rappresentata, essendo l’ultimo atto molto frammentario, è stato scritto nel XV secolo dall’umanista Urceo Codro.

L’adattamento proposto da Vincenzo Zingaro è desunto dalla traduzione del latinista Ettore Paratore, in cui i nomi dei personaggi derivano dall’etimologia greca originaria. Il regista amplifica la “contaminatio” della palliata plautina che caratterizzava la commedia latina di ambientazione greca, effettuando manipolazioni e perfino qualche stravolgimento secondo la sua personale visione, per evidenziare l’attualità delle tematiche e l’universalità dei caratteri umani, restituendo alla commedia latina la sua dignità di rappresentazione che suscita la risata proponendo contenuti come il servo astuto, l’intrigo amoroso, la beffa, la caricatura e lanciando ammonimenti.

La reinterpretazione in ottica contemporanea decontestualizza l’ambientazione e arricchisce la recitazione con innesti riferiti al contesto attuale anche nell’uso dei dialetti e accenti stranieri tipici della società odierna, finalizzati a stimolare l’interazione con il pubblico.

Il connubio tra modello greco, teatralizzazione romana, attualizzazione cosmopolita ci restituisce un’opera spassosamente contaminata, dal ritmo incalzante, sintesi della globalizzazione odierna e riflesso del crogiuolo di popoli della Roma di Tito Maccio Plauto.

In un magazzino di scenografia della capitale, il guardiano di origine slava trova un libro con le opere di Plauto e quando si addormenta sogna i personaggi di Aulularia in una fantasmagoria di lingue e fogge. Nella sua visionaria proiezione si attribuisce il ruolo del furbo servo Trottola che immagina sia il televisore il punto focale dei valori umani, equivalente al Lare che proteggeva il focolare domestico presso i Romani.

L’apparecchio annuncia il prologo e introduce al racconto. Tienichiuso teme che i ladri gli rubino la pentola d’oro che ha trovato in casa e intima il silenzio alla serva Uva. Abbrutito dall’avidità, promette in sposa senza dote la figlia al vecchio Regalone poiché ignora che è stata messa incinta da Lupacchiotto, figlio di Elegantona. In una girandola di equivoci e comici assolo di ciascun protagonista, le cose si sistemeranno ma la pentola sparisce, non essendo sufficiente la protezione degli dei contro l’avarizia che contagia chiunque la possieda.

Ugo Cardinali fa parlare in ciociaro Tienichiuso, Rocco Militano è il siciliano Regalone, la serva Uva si esprime in napoletano per bocca di Laura De Angelis, Fabrizio Passerini è Lupacchiotto romano (e romanista), Elegantona in abiti succinti fa la snob americana, Piero Sarpa tiene le fila della vicenda con una accentuata inflessione rumena. In alcuni passaggi l’esasperazione degli idiomi ne ostacola la comprensione, cui sopperisce la gestualità che occhieggia alla caricatura.

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