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“Petruška” di Stravinskij: da Djagilev-Fokine a Sieni, tra gioco e tragedia

Andato in scena dal 15 al 21 febbraio al Teatro Comunale di Bologna

È con l’opera di Stravinskij che si inaugura la nuova stagione di Danza del Teatro Comunale di Bologna. In concomitanza con la fine del Carnevale è andato in scena il balletto Petruška, musica del compositore russo e direzione musicale del maestro Fabrizio Ventura con la coreografia e regia di Virgilio Sieni. Il balletto è stato preceduto da Chukrum per orchestra d’archi di Giacinto Scelsi.

Con la sua compagnia, divenuta una delle realtà di punta del panorama coreografico italiano, Sieni ha deciso di reinterpretare il capolavoro ispirato alla marionetta russa – Petruška– ambientato nella Piazza dell’Ammiraglio a San Pietroburgo durante la Fiera della Settimana grassa, Carnevale del 1830. Il balletto, commissionato a Stravinskij da Sergej Djagilev nel 1910 e andato poi in scena per la prima volta nel 1911 a Parigi, aprì la stagione dei Balletsrusses con la coreografia di Fokine e la brillante interpretazione del Nižinskij.

Virgilio Sieni, ideatore di un teatro sperimentale fondato su un tipo di danza dal carattere evocativo e ritualistico, ci presenta una rivisitazione del balletto in una dimensione “sospesa”, dove interno ed esterno si confondono in un gioco di veli. Lo spazio allude a un mondo altro in cui viene richiamata la leggerezza, la trasparenza, la dissociazione del personaggio in più presenze con scambi di ruolo. La marionetta non è interpretata da un singolo interprete, ma appare in ogni ballerino. La sensazione è quella di un’esperienza trascendentale, di qualcosa di impalpabile, ma con la consapevolezza che stia per accadere qualcosa che in realtà già c’è.

Petruška attraversa due mondi, due esperienze, dimenticandosi della sua incorporeità e aprendo uno squarcio nella vita, dando la visione di quella che è la “gettatezza” nel mondo. Qui il cammino di Petruška: tra il gioco e il tragico, dalla danza e il clima festoso fino all’ inesorabile decadimento, fino alla morte. È un esistenzialismo danzato, un equilibrio precario.

Il brano Chukrum per orchestra d’archi, composto da Giacinto Scelsi nel 1963, fa da preambolo al balletto ponendosi in relazione con Petruška, introducendo la sua figura ma presentando anche quello che sta prima e dopo ovvero l’uomo, la sua origine, la sua essenza corporea ma anche la leggerezza che segna il suo passaggio. La musica, l’ampiezza melodica e i potenti acuti degli archi arrivano sino alle profondità umane, facendo rivivere un’esperienza ancestrale e generatrice come apparizioni, epifanie di una materia che, però, rimane indeterminata e solo accennata: quella del corpo. Con questa performance si getta uno sguardo sulla natura umana, poi ripresa in Petruška.

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