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D’estate con la barca

Al Teatro Piccolo Eliseo di Roma fino all’8 aprile 2018

Foto di Fabio Donato

Un racconto soave, un idillio. Un caldo pomeriggio d’estate in cui la calura estiva si stempera nella brezza marina.

La voce del mare invita a una gita in barca. Giulia ed Enrico giovani ed entusiasti remano dirigendosi verso la baia, lontano dagli sguardi, per assaporare il sole sulla pelle.

In lontananza un’altra barca, sulla quale sprizza la giovinezza di Luisa e Mario nei primi approcci di amorosi sensi.

Il mondo è oltre il promontorio, sulla costa di Posillipo.

La vita pulsa nei giovani corpi che si offrono impudichi allo sguardo reciproco, gli occhi maliziosi colgono audaci ciuffi di peli che occhieggiano sull’addome o seguono il corso sinuoso dei rigagnoli d’acqua che scivolano sulla pelle accaldata “righi di sudore tortuosi per la schiena”. È la scoperta dell’amore, con le sue pulsioni fresche e sconsiderate.

Il testo di Giuseppe Patroni Griffi è intessuto di romantico realismo che rende vividi i desideri, percepibili i trasalimenti. La parola scritta scorre fluidamente sulla superfice dell’acqua, dove affondano lievi i remi con il loro dolce carico di sogni e aspettative.

Gaia Aprea rema sulla barca intorno alla quale si aprono le onde di un led color acquamarina, e la sua narrazione è brezza leggera che accarezza le giovani vite. Modula la voce variando timbro e accento. Percepiamo così i tremori di Giulia, le pulsioni di Enrico, le timide perplessità di Luisa dall’inflessione napoletana più marcata, le impertinenze di Mario.

La parola si fa immagine in un crescendo di sensualità che culmina nell’incontro intimo e profondo di corpi e sentimenti che si proiettano nell’eternità. L’imprevisto, crudele e beffardo capovolgerà il finale.

La regia di Luca De Fusco sottolinea il clima di spensierata naturalezza in un’atmosfera di sole, cuore, amore che la scena di Luigi Ferrigno e il disegno luci di Gigi Saccomandi amplificano visivamente fino all’ipnotico e brusco finale, virando dal registro romantico al tragico.

Gaia Aprea trascolora da un ruolo all’altro con rapidi passaggi vocali e posturali: dalla narratrice ammaliante agli slanci di Giulia, dai tremori di Luisa alla vitalità ormonale dei ragazzi.

Un idillio che accende l’erotismo e sfocia in tragedia. Eros e Tanatos.

Questo racconto degli esordi letterari di Patroni Griffi fu pubblicato sulla rivista “Nuovi Argomenti” e nel 1955 dato alle stampe da Vallecchi in un volume che conteneva anche “Ragazzo di Trastevere” e “Un ospite di passaggio”.

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