martedì, Marzo 19, 2024

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Donne che sognarono cavalli

©alecan

di Daniel Veronese

adattamento e regia Roberto Rustioni

con Valeria Angelozzi, Maria Pilar Perez Aspa, Michela Atzeni, Paolo Faroni, Fabrizio Lombardo, Federico Benvenuto/Valentino Mannias


assistente alla regia Soraya Secci


scene e costumi Sabrina Cuccu


assistente scenografo Sergio Mancosu

luci Matteo Zanda


foto Alessandro Cani


co-produzione Fattore K – Sardegna Teatro – Festival delle Colline torinesi


con il sostegno di Fondazione Olinda Teatro La Cucina

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Questo testo, uno dei più riusciti e rappresentativi dell’opera di Daniel Veronese, mostra da subito una qualità di ambiguità e mistero, oltre che un singolare andamento strutturale. L’architettura dell’opera contiene infatti uno sfasamento temporale: le scene sono 5, ma non si succedono secondo un ordine cronologico.

Lucera, il personaggio più giovane, prova a ricostruire dolorosamente la sua memoria: è una figlia di desaparecidos, è una tra i tanti strappati alle famiglie originarie e affidati a persone vicine al regime, durante la feroce dittatura militare che ha coinvolto l’Argentina tra il ’76 e l’83. Bugie, tradimenti, sospetti reciproci, competizioni continue e ridicole, si alternano e accavallano in un’atmosfera torbida e tragicomica.

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Note di regia

Un’opera teatrale inizia ad accadere sulla scena. Non succede nella testa dell’autore, né in quella del regista e nemmeno in quella degli attori. Accade proprio lì, sulla scena. Il teatro è quello che succede non quello che si dice. Teatro è accadimento. Noi non siamo abituati a vedere questo. Siamo abituati a vedere cose finte. La gente va a vedere delle falsità. Siamo abituati a essere molto comprensivi con il teatro. Non sto dicendo che sia facile o che io riesca ad ottenerlo, però la mia intenzione è riuscire a creare un tipo di realtà che ha a che fare con questo…”

Questa riflessione poetica di Daniel Veronese mi tocca da vicino, sento che ha che fare con il mio percorso. Anche nei miei precedenti lavori vedevo nel realismo scenico e nella tensione verso un principio di verità scenica gli elementi fondamentali della mia ricerca. Mujeres sonaron caballos è un testo complesso, volutamente ambiguo, con un’architettura quasi inesplicabile e una struttura indeterminata, una anti-struttura. Nonostante ciò il testo deve essere attuato dagli attori in una modalità vitale, immediata, spontanea, lontana da ogni forma di estetica surreale. La realtà, innanzitutto, la vita prima di ogni altra cosa. In quest’opera gli enigmi non vengono risolti e i nodi non sono mai sciolti. Del resto ci sono risposte alla crudeltà? All’ineluttabilità della violenza? Non credo. Nel mistero della vita forse troviamo qualcosa.

Ho provato a lavorare con gli attori partendo dal loro vissuto, ho cercato di costruire un gruppo forte che potesse ricreare in scena delle relazioni forti, reali, vive. L’obiettivo – spero riuscito – è che gli spettatori sentano di essere dentro questa piccola stanza accanto ai sei personaggi. Come se partecipassero direttamente a questa strana cena in un microcosmo violento e nello stesso tempo ironico, ricco di humor nero. In Mujeres, la violenza nella famiglia e nelle coppie rima con la violenza della Storia. La stanza è veramente piccola, manca l’aria, è asfissiante, viene voglia di fuggire, di andarsene lontano come Lucera. Fuggire dalla violenza, una volta per tutte.

Roberto Rustioni

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DANIEL VERONESE nato l’8 novembre del 1955 a Buenos Aires, è una delle figure di riferimento del teatro argentino nel periodo della post-dittatura. Inizia a lavorare all’inizio degli anni ‘90, fondando El Periférico de Objetos, collettivo di teatro di figura “per adulti”. Contemporaneamente Veronese inizia a scrivere testi propri, drammaturgie frammentarie, sospese in un presente “contaminato”, popolato da personaggi spesso senza nome e “psicologia”. Sul finire dei ‘90 il drammaturgo argentino diventa anche regista, dapprima mettendo in scena propri testi, tra cui anche “Mujeres sonaron caballos”, e negli ultimi anni indagando le scritture di Ibsen, Jon Fosse, Cechov , quest’ultimo molto amato dall’autore argentino. Buenos Aires – città che dopo la crisi economica del 2001 ha visto un’esplosione di esperienze teatrali- è considerata la città più “teatrale” del mondo e Daniel Veronese è riconosciuto come “maestro” da molti, al punto che anche grazie alla sua pratica in Argentina oggi è comune scrivere drammaturgie e metterle in scena allo stesso tempo. Veronese è stato selezionatore del Festival Internacional de Teatro de Buenos Aires e i suoi spettacoli sono stati ospitati nei maggiori festival europei e sudamericani.

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16 – 20 MAGGIO | SALA FASSBINDER – Martedì/sabato h 21.00, dom. h 16.30 – Intero € 32.50 – Ridotto giovani e anziani € 17 – Martedì € 21,50 – Durata 90 minuti –

Prenotazioni e prevendita: tel. 02.0066.06.06 – biglietteria@elfo.org – www.elfo.org

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