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“Tango Glaciale reloaded” di Mario Martone

Andato in scena al Teatro Era di Pontedera (PI)

Tango Glaciale reloaded
Foto di Mario Spada

Il passato non puoi perderlo, né rimpiangerlo. Devi ricaricarlo. Perché guardare indietro, alle nostre radici, ti dà il coraggio per affrontare il futuro. (Mario Martone)

Dopo quasi quarant’anni Mario Martone riallestisce lo storico spettacolo Tango Glaciale, che ha debuttato nel 1982 al Teatro Nuovo di Napoli, lo ha ricaricato, reloaded e messo in scena. Nello spettacolo del 1982 c’erano Andrea Renzi, Tomas Arana e Licia Maglietta, tutti esponenti della compagnia Falso Movimento, il collettivo di artisti che in quegli anni cambiava la storia della sperimentazione teatrale italiana. Il carattere assolutamente rivoluzionario del progetto si inserisce in un solco tracciato anni fa ma ancora vivo e pulsante. Doveroso è sempre guardare indietro per potere andare avanti. Il teatro può parlare al contemporaneo proprio perché è sempre avanti rispetto ad esso e allo stesso tempo antico, inattuale. Il ricordare del teatro non è un atto statico, ma si inserisce nella dinamicità della vita, nella perenne novità delle cose, delle situazioni e dei significati.

Mi sembrava interessante mettere il lavoro alla prova di una generazione che era lontana dall’essere stata concepita quando lo spettacolo nasceva: gli interpreti di questa versione reloaded sono nati tutti e tre ben dopo il 1982. Tutto è diverso, sono diversi i corpi, il rapporto col genere (che in Tango Glaciale, due uomini e una donna, si rimescola e si trasfigura continuamente), le mitologie di riferimento (il cinema, la new wave); è interessante vedere quel che accade a questi attori scaraventati, diversamente da me, da noi di Falso Movimento e dagli spettatori di allora, ma pur sempre scaraventati anch’essi, nella macchina del tempo che è questo Tango Glaciale reloaded. Noi veniamo scaraventati nel passato, stranamente loro nel futuro. Era pur sempre uno spettacolo di fantascienza, Tango Glaciale, come certi racconti di Ray Bradbury”. (Mario Martone)

Siamo nel 1977. Dopo Battello ebbro, ispirato alla celebre poesia manifesto di Rimbaud, Mario Martone fonda con Andrea RenziFrancesca La RoccaAugusto Melisurgo e Federica della Gatta – Rinaldi il gruppo Nobili di Rosa che, con l’adesione di Angelo Curti e Pasquale Mari nel 1979, diventa Falso Movimento, in riferimento all’omonimo film di Wim Wenders. La giovane avanguardia teatrale inizia la sua ricerca espressiva trovando spazio di espressione all’interno della Rassegna della Nuova Creatività nel Mezzogiorno, debuttando alla galleria di Lucio Amelio con Segni di vita, lavoro in cui il recitato si unisce con sequenze filmiche ed installazioni luminose o sonore. Riprendendo in questo caso il titolo di un film di Werner Herzog.

Questa ricerca espressiva sulle interazioni tra sensi e gestualità, su quelle provenienti dal legame misterioso tra attore e spettatore si ritrova anche nei successivi lavori: Deserti, tradotto direttamente in un film girato in superotto da Pasquale Mari, e Verso il nulla rappresentato al Goethe Institut a Napoli. Uno dei temi cardini nella ricerca di Falso Movimento è l’America, con la sua mitologia metropolitana, i suoi scenari archetipici e le sue suggestioni visive, che determina anche una maggiore contaminazione nella ricostruzione scenografica (diapositive, immagini di fumetti, etc.), nonché una invasiva presenza audio come con la musica rock e luministica con le numerose installazioni al neon e proiezioni, che potenziano i significati espressivi dell’attore nella sua interazione col palcoscenico. Tra i lavori di questo ambito – Dallas, 1983 e Falso Movimento Live! 1979, Rosso Texaco 1980, Controllo totale 1981 – è con Tango Glaciale del 1982, co-prodotto dal Mickery Theatre di Amsterdam, che Falso Movimento giunge in una dimensione internazionale. Nel 1987 dalla fusione dei rispettivi gruppi (Falso Movimento, Teatro dei Mutamenti, Teatro Studio di Caserta), Mario Martone, Antonio Neiwiller e Toni Servillo fondano Teatri Uniti, continuando a strutturare laboratori nel segno di un teatro di ricerca e di sperimentazione.

Fu un periodo vitale e tragico. La creatività esplodeva insieme con il piombo. Anni duri, certo, ma tante delle conquiste di cui oggi tutti godono sono frutto proprio di quella spinta. “Tango Glaciale” fu un’espressione piena di quei tempi. L’illusione era il motore di una totale libertà espressiva che si appropriava di nuovi linguaggi e di nuove tecnologie. In scena venivano utilizzate diapositive, filmati girati in Super8. Per ricostruirlo c’è voluto una lunga ricerca d’archivio e un attento intervento di restauro”. (Mario Martone)

Tre personaggi, tre caratteri, due uomini e una donna come in “Jules et Jim” di François Truffaut, calcano la scena di una casa con i loro tre corpi-ombra. Si inseguono, rapiti da forze sotterranee e misteriose, si compenetrano con l’ambiente diventando essi stessi grafica, mutazione, energia. Una casa non-casa, pannelli di luce che diventano cucina, bagno, living room, tetto, giardino, per poi deflagrare nei ritmi ossessivi e industriali di un rock anni ‘80 penetrante e innestato nell’arcobaleno sintetico di luci non-luci, spazi non-spazi. Quella che era un’abitazione si trasfigura nel suo contrario, in mondi solo immaginati, futuri solo intravisti. Natura artificiale e artifici naturali. Il teatro concede i suoi confini smisurati a mondi linguistici estranei, come il fumetto, la televisione, la radio, in un’orgia semantica e visiva che coinvolge lo spettatore intimamente. Il mondo pop e postmoderno contamina e può essere contaminato dalla forza del teatro, non soggetto passivo di ibridazioni incoscienti, ma persona impersonale capace di accogliere e mostrare, comprendere e transvalutare. Ciò che pulsa e vive nel palcoscenico non sono né corpi, né suoni o immagini, ma le pulsioni recondite di una società, l’energia collettiva filtrata o amplificata dai medium onnipresenti. Lo spettatore è traghettato in questo battello ebbro e invogliato ad abbandonarsi a questo ritmo visivo che lo abbraccia a proietta oltre sé. Oltre sé in un tango glaciale, ballato con passione, avvinghiato ad un’aspirapolvere come alle sue fantasie più creative.

C’è un ragazzo che, nel chiuso della sua stanza, vede la casa improvvisamente trasfigurata in ogni ambiente, il salotto, la cucina, il tetto, il giardino. A spingere, secondo lui, sono forze che stanno trasformando il mondo (“this is the ice age”, cantano Martha and the Muffins alla fine dello spettacolo), che lo stanno portando al di là delle frontiere dove tutti i riferimenti saltano e si ricombinano tra loro, si vola tra le stelle, si comunica attraverso parole esplose. Solo l’immaginazione salva, pensa quel ragazzo (e continuerà a pensarlo per tutta la vita). Solo una relazione vitale salva, pensava Pasolini, e anche questo era vero per quel ragazzo (e lo è ancora oggi). Con quel ragazzo ci sono infatti tre compagni di scuola che coltivano le sue stesse passioni, Angelo, Pasquale e un diciottenne che sarà il suo primo attore feticcio, Andrea; un pittore, Lino, che sente esplodere anche lui la tela su cui dipinge; il conduttore di una radio libera che trasmette magicamente proprio la musica che ama quel ragazzo, il suo nickname è Daghi. C’è una giovane e meravigliosa donna, l’unica del gruppo, Licia, e c’è un formidabile straniero, Tomas: viene dagli Stati Uniti ma è l’unico scugnizzo tra questi napoletani. Insomma, abbastanza per un racconto di avventura e di fantascienza. Il racconto di Tango Glaciale. (Mario Martone)

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CREDITS

Progetto, scene e regia Mario Martone, Riallestimento a cura di Raffaele Di Florio e Anna Redi, Elaborazioni videografiche Alessandro Papa, Con Jozef Gjura, Giulia Odetto, Filippo Porro, Interventi pittorici / design Lino Fiorito, Ambientazioni grafiche / cartoons Daniele Bigliardo, parti cinematografiche / aiuto – regia Angelo Curti, Pasquale Mari, Elaborazione della colonna sonora Daghi Rondanini, Costumi Ernesto Esposito, Riallestimento nell’ambito del Progetto RIC.CI Reconstruction Italian Contemporary Choreography Anni Ottanta/Novanta (Ideazione e direzione artistica Marinella Guatterini), Produzione Fondazione Teatro di Napoli, Teatro Bellini, Fondazione Nazionale della Danza/Aterballetto, In coproduzione con Fondazione Ravenna Manifestazioni, Con il sostegno di Torinodanza festival | Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, In collaborazione con Amat – Associazione Marchigiana Attività Teatrali / Fondazione Fabbrica Europa per le arti contemporanee / Fondazione Teatro Comunale di Ferrara / Teatro Pubblico Pugliese – Consorzio Regionale per le Arti e la Cultura / Fondazione Toscana Spettacolo onlus / Fondazione Milano – Civica Scuola di Teatro “Paolo Grassi”, Foto Mario Spada, Suono Alessio Foglia, Realizzazione costumi Nunzia Russo e Violetta di Costanzo, Realizzazione calzature Ernesto Esposito per GEOX, Direttore di scena Generoso Ciociola, Macchinista Walter Frediani, Datore luci Alessandro Caso, Sarta Anna Marino, Scenotecnica Retroscena, Laboratorio attrezzeria Alovisi, Attrezzeria Lucia Imperato, Service MAC SERVICE/Attilio Ruggero EMMEDUE, Ufficio stampa Katia Prota, Stefania Catellani, Coordinamento organizzativo Alessandra Attena, Ufficio produzione Rino Di Martino, Noemi Ranaulo, Rossella Caldarelli, Distribuzione Patrizia Natale, Eugenia Bacci, Amei Teupel (internazionale), Organizzazione generale Roberta Russo.

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