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Antonella Questa in “Vecchia sarai tu!”

Andato in scena all’Auditorium Comunale Centro Civico di San Vito al Tagliamento (PN)

Antonella QuestaAutori: Antonella Questa in collaborazione con Francesco Brandi

Attrice: Antonella Questa

Regia: Francesco Brandi

Coreografie: Magali B. “Compagnia Madeleine&Alfred”

Disegno luci: Carolina Agostini

Produzione: Pupi e Fresedde – Teatro di Rifredi – LaQ-Prod

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In Vecchia sarai tu!, spettacolo pluripremiato nel 2012, gli autori Antonella Questa e Francesco Brandi affrontano il tema dell’invecchiamento e del trascorrere del tempo nell’universo femminile investigato in tre fasce d’età cruciali: la giovinezza, la mezz’età e l’età senile. Le tre protagoniste della pièce, Monica, di 25 anni, Sabine, di 45 e Armida, di 80, rappresentano infatti tre modi di affrontare le varie fasi della vita da un punto di vista non solo anagrafico ma anche della cultura generazionale, differente per periodo storico di formazione e per il conseguente mutamento di ruolo della donna nell’ambiente familiare e sociale. Armida è una donna “all’antica” di inesauribile vitalità, che dopo aver superato con coraggio e pazienza il travaglio di un matrimonio infelice, resiste, da vedova, alla prospettiva di essere relegata in una casa di riposo dal figlio Aldo e dalla nuora Sabine, per trovare un finale riscatto alla sua difficile esistenza in un nuovo matrimonio, questa volta d’amore, con l’anziano contadino Carmé, suo compagno d’infanzia di cui è stata da sempre innamorata ma che non ha potuto sposare per i preconcetti classisti della propria famiglia piccolo borghese. Sabine cerca di sfuggire all’insoddisfazione della vita coniugale (suo marito lavora a Bruxelles trascurando sia la moglie che la madre) e all’ansia da “invecchiamento”, in una ossessiva cura del corpo e del proprio fascino seduttivo nonché in una relazione adulterina fallimentare con un collega di lavoro. Monica, nipote di Armida, patisce una condizione di totalizzante precarietà, lavorativa, affettiva ed esistenziale, che sembra precluderle ogni possibilità di futuro sviluppo della propria vita.

Le tre donne, pur nella loro diversità caratteriale e culturale, sono accomunate da un analogo destino di difficoltà e sostanziale solitudine nei confronti dell’altro sesso oltre che nei loro rapporti reciproci. In questo senso il personaggio di Armida assume un ruolo centrale all’interno della pièce perché, partendo da una drammatica situazione di abbandono all’interno dell’ospizio, dove sperimenta condizioni inumane di disagio e costrizione, riconquista la libertà grazie alla salvifica proposta di matrimonio di Carmé, e ha un’influenza decisiva sul destino di Monica che recupera fiducia nella possibilità di vivere pienamente la propria vita e anche su quello dell’odiata Sabine a cui dà conforto recandosi in ospedale dove la sfortunata nuora è finita per le complicazioni seguite agli interventi di chirurgia estetica a cui si è sottoposta.

La regia di Francesco Brandi ha esplicitato la duplicità insita nel dettato drammaturgico valorizzando da un lato l’osservazione arguta della vicenda esistenziale delle tre donne attraverso un’attenta articolazione dei ritmi della narrazione in chiave comico-umoristica e dall’altro facendo emergere, in significativi passaggi, il fondo lirico-drammatico del vissuto dei personaggi, come nella descrizione pudica e delicata dell’insorgere del sentimento d’amore di Armida per Carmé, o nell’esplosione d’odio alimentata da sofferenza e frustrazione, oltre che da gelosia, da parte di Sabine nei confronti della giovane rivale d’amore Jennifer.

Antonella Questa ha dato una grande prova attoriale rendendo con efficacia e duttilità tre caratterizzazioni di personaggi femminili nettamente distinte per età, mentalità, linguaggio e modi espressivi (Armida parla un italiano dall’inflessione ligure, ricco di espressioni idiomatiche e aneddotiche, mentre Sabine, di origine francese, sciorina con ironia sbarazzina il tipico bon ton d’oltralpe), ma accomunate dalla medesima tecnica interpretativa basata su una marcata tipizzazione comica, memore dell’esperienza cabarettistica, messa al servizio non solo della resa macchiettistica ma anche della rappresentazione dei moti intimi dell’animo femminile. La sua Armida, ritratta incisivamente nello spirito indomito di resistenza in una condizione di subordinazione familiare e matrimoniale, ha rivelato così anche l’animo mite della madre amorevole e quello passionale di donna ancora capace, come da giovane, di vivere con trepidazione e trasporto sentimenti d’amore. Sabine, inizialmente presentata perlopiù nel suo disinvolto cinismo, ha progressivamente rivelato, grazie a un’amara presa di coscienza, il fondo patetico dell’animo femminile che cerca disperatamente di far fronte, oltre che all’inesorabile trascorrere del tempo, al fallimento della propria vita affettiva. Il personaggio di Monica, a cui la Questa ha dedicato minor sviluppo, è stato affrontato dando rilievo alla tendenziale alienazione della sua condizione esistenziale raffigurata attraverso la meccanicità e ripetitività gestuale, per lasciare posto, nel finale, ad una ritrovata serenità e gioia interiore.

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