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Alberto Fortis, quarant’anni di musica e poesia

Emozionante “pianoforte & voce” del cantautore al Teatro Golden di Roma, nell’ambito della rassegna “A tu per tu con…” ideata da Grazia Di Michele

Alberto FortisUn irregolare della musica lo è sempre stato. E si è sempre rimesso in gioco, cambiando Paesi e sonorità, mantenendo però una ricerca autorale, una naturale eleganza (è sempre superbamente vestito di bianco), una capacità testuale e musicale davvero rara. Per Alberto Fortis il tempo sembra non essere passato: ha la medesima freschezza e furia di suonare esattamente di quarant’anni fa, quando il suo primo album (che prendeva il suo stesso nome) apparve come un’epifania nel mondo cantautorale italiano. Eppure il tempo è passato, ed è passato accrescendo e cesellando la sua identità. È approdato mercoledì 10 e giovedì 11 a Roma, al Teatro Golden, per un emozionante concerto pianoforte e voce che ha restituito al pubblico la profondità delle sue parole, il frutto maturo di ogni brano, la straordinaria maestria delle note, insomma quel senso di pienezza e generosità che fa di una persona un artista.

Prima di ripercorrere il concerto, però, occorre davvero menzionare, sottolineando merito e importanza culturale dell’operazione, la rassegna nella quale è stato inserito il recital. “A tu per tu con..”, questo il titolo dei dieci “incontri ravvicinati” andati in scena al Teatro Golden, che si concludono venerdì 12 e sabato 13 aprile con Rossana Casale, cui seguirà la serata unica (domenica 14 aprile) di Max Maglione, e che ha visto appunto la presenza di dieci artisti (tra cui Morgan, Mimmo Cavallo, Syria, Bungaro, Mariella Nava). “Un modo confidenziale di stare assieme, con il pubblico così vicino”, ha detto Grazia Di Michele, cantautrice e interprete, e per l’occasione direttrice artistica della rassegna, introducendo brevemente Fortis. La sala non ha palco: al centro c’è una grande arena con il pubblico tutto intorno. Un set “intimo”, con l’artista e la sua storia personale e musicale a portata di mano, senza filtri. Un racconto, un’esperienza, molto più del solo concerto. Da rimarcare, infine, anche il fatto che ad aprire ogni serata sia stato un giovane cantautore: nel caso di Fortis è stato il marchigiano Federico D’Annunzio, che ha presentato due brani (Ci si abitua a tutto e Questa è la mia città) davvero di ottimo livello.

La pazienza, Prendimi fratello, Da un paradiso: questo il primo trittico di canzoni, che spaziano dai primi due album ad “Assolutamente tuo” (della fine degli anni ottanta). Fortis si racconta, intrecciando ricordi personali e vissuti già noti agli estimatori: inizia a tratteggiarsi la sua personalità, quella di un musicista assolutamente originale, lontano dalle scuole, dai diversi conformismi dei quattro decenni che ha finora attraversato. Iniziano ad arrivare i suoi capolavori: Milano e Vincenzo, La neña del Salvador, Fragole infinite, Nuda e senza seno. E poi la meravigliosa Il Duomo di notte (che a un certo punto Fortis intreccia con un accenno di Sakamoto), nella quale le delusioni e la durezza del quotidiano, il parto e la speranza, le tante suggestioni contenute nel brano emergono oggi come materia matura, eppure ancora libera e sognante.

Accompagnandosi con l’armonica e altri piccoli strumenti percussivi, Fortis spazia con grande libertà nel suo repertorio da un decennio all’altro, creando nessi inaspettati: c’è Infinità infinita del 2014, poi Marylin del 1981, poi Angelo del 1982, e poi ancora Sindone del 2008. Alle sue spalle, sul grande schermo in fondo alla sala, scorrono immagini, video, fotografie di tutta la sua vita. E nelle brevi pause tra un blocco di brani e l’altro, che di solito lega suonando incessantemente al piano, offre frammenti di sé: i viaggi in Inghilterra e la fascinazione per John Lennon, il difficile rapporto con Roma (dove visse tre anni da giovanissimo, tra i 18 e i 21 anni) e con i discografici, l’America e il disco registrato a Los Angeles, l’interesse per le religioni e per la spiritualità. Ormai siamo in vista della fine: una splendida cover di One Love degli U2, la nuovissima Venezia, l’indimenticabile Settembre. Infine, La sedia di lillà: una poesia in musica, certamente drammatica, ma che oggi, a quarant’anni di distanza dal primo ascolto, appare ancora più potente, intensa, magnifica.

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