Si ha sempre voglia di tornare a Sansepolcro (AR) durante le calde giornate del Kilowatt Festival, quest’anno in svolgimento dal 19 al 27 luglio 2019. Un festival alla sua diciassettesima edizione, una fitta programmazione di eventi per un totale di ben 75 aperture di sipario tra teatro, danza, circo e musica. Partecipare è normale, questo lo slogan creato dal direttore artistico Luca Ricci e Lucia Franchi, direttrice organizzativa. Colpisce subito la frase a stampatello sulla locandina giallo limone che raffigura un brizzolato uomo danzante che pare star divertendosi un bel po’. Nonostante la radiosità dei messaggi promozionali e lo slogan scelto riflettendo sulla partecipazione come atto di prendere parte allo spettacolo dal vivo in prima linea, mission che il Kilowatt ha sempre fatto sua promuovendo l’attività dei Visionari, un gruppo di cittadini che selezionano una parte degli spettacoli in programmazione, quest’anno il festival rischiava di subire una brusca battuta se non d’arresto di rallentamento a causa della spiacevole querelle di giugno su Facebook che ha portato alla defezione di Romeo Castellucci, già annunciato “padrino” del Kilowatt e principale artista ospite. Luca Ricci e Lucia Franchi però non si sono certo persi d’animo e hanno “ribaltato” la situazione approfittando della mattinata in cui da programma avrebbe dovuto svolgersi un convegno proprio sul lavoro del regista della Socìetas Raffaello Sanzio per dar vita a un’importante momento di riflessione con studiosi e critici su Il linguaggio che siamo diventati. «Partecipare è avere il coraggio di parlarsi guardandosi negli occhi, di confrontarsi, di conoscersi, restituendo alle parole e al linguaggio che scegliamo la suprema funzione di comunicare, tra persone in carne ed ossa». Queste le righe di Ricci/Franchi sulle pagine della cartellina stampa consegnatami al mio arrivo a Sansepolcro, queste le intenzioni mantenute da uno dei pochi festival della scena contemporanea italiana in cui la dimensione umana, territoriale e relazionale è importante dal primo all’ultimo minuto condiviso fra artisti, operatori, spettatori e così via.
Venerdì 19 luglio, dopo l’inaugurazione sotto il portico di Palazzo delle Laudi con i due direttori e le autorità, si parte con il primo spettacolo, facente parte della nuova sezione del festival Energia Solare, pensata per mettere in scena spettacoli a zero impatto ambientale. La Regina Coeli di Carolina Balucani con Matteo Slovacchia è uno straziante monologo ispirato alle storie di giovani ragazzi morti nelle carceri. Vincitore del premio tuttoteatro.com alle arti sceniche Dante Cappelletti 2017 e finalista al NDN – Network Drammaturgica Nuova, lo spettacolo è un vero e proprio pugno nello stomaco. Con Matteo Slovacchia rivivono tutte quelle tristi cronache sentite al telegiornale o nei talk-show, e non si può non pensare per esempio a Stefano Cucchi, di cui Sulla mia pelle ha portato al cinema la testimonianza e la brutalità di un omicidio che brucia profondamente. La scorrevole, nonostante il tema, drammaturgia viaggia su diversi binari, il più importante dei quali dipinge il rapporto del giovane carcerato con la madre, disperata per le condizioni del figlio. Simbolicamente valida l’attribuzione delle coppie carcerato/Gesù e madre/Madonna in quel Regina Coeli che rappresenta il luogo da cui non si fa ritorno.
Al Teatro della Misericordia subito dopo, l’apertura del festival vera e propria con la prima nazionale de La notte dei fantasmi di Eleonora Pippo. Non uno spettacolo, ma un progetto partecipativo realizzato dall’omonima sceneggiatura originale per fumetto di Rathiger. In residenza a Sansepolcro per alcuni giorni, Eleonora Pippo ha lavorato con una trentina di adolescenti del paese per realizzare una messa in scena incentrata sul karaoke come mezzo di narrazione di paure e usi smodati del web fra i tredicenni di oggi. «Il mattino è degli angeli, il pomeriggio è dei diavoli, la notte e dei fantasmi» e così, mentre è in atto un festino tra adolescenti ripreso e diffuso in streaming a loro insaputa, tre teppisti più uno spirito prendono in mano la situazione destabilizzandone lo sviluppo. Non sempre equilibrato a livello attoriale e registico, lo spettacolo è lodevole soprattutto nella misura in cui invita ad una riflessione sulla contemporaneità di oggi, in cui gli adolescenti vengono troppo spesso lasciati virtualmente soli in balia di mostri online il cui confronto provoca inevitabilmente problematiche con conseguenze anche pericolose nella vita reale.
Successivamente ci si dirige verso la magnifica “spiaggia di Sansepolcro”, come viene ribattezzata Piazza Torre di Berta nei giorni del Kilowatt fra ombrelloni e sedie a sdraio dove assistere comodamente agli spettacoli serali. Il giro della piazza della compagnia Madame Rebinè formata dai tre strampalati giullari Andrea Brunetto, Max Pederzoli e Alessio Pollutri è un divertente esempio di teatro di strada con elementi di circo e clownerie. Una commedia esilarante dedicata al ciclismo in cui gli spettatori vengono chiamati a partecipare in prima persona per contribuire alla realizzazione di un’improbabile gara che ha come scopo sicuramente quello di divertire il pubblico, che risponde con molto entusiasmo, ma anche di far conoscere meglio l’arte del ciclismo, disciplina sportiva in cui noi italiani vantiamo esponenti di fama mondiale.
A chiudere la coinvolgente prima giornata del festival arriva e·stin·zió·ne, anteprima di C&C Company/Ortika, due giovani compagnie fondate nel 2011. La performance di teatro danza, come si evince dal titolo, prende le mosse da problemi contemporanei sociali e politicamente impellenti, uno su tutti lo smaltimento dei rifiuti. Nella piazzetta del Chiostro di Santa Chiara un uomo con una maschera dai tratti scavati dal tempo porta in giro due buste dalle quali arriva il suono di musiche dal sapore retrò sulle cui note egli improvvisa danze sempre più permeanti di significati emotivi, arrivando a tentare un abbraccio e scontrandosi con il vuoto di una presenza/assenza, forse l’amata scomparsa o chissà. Un suono minaccioso e cupo arriva alle spalle degli spettatori segnalando la seconda parte dello spettacolo, che si svolge dentro il chiostro. Una donna coperta da un telo di plastica scava dentro di sé per divorare fino all’ultimo pezzo di plastica in una fame smodata di rifiuti, quando movimenti seminascosti segnalano altre presenze umane: siamo di fronte ai sopravvissuti all’epoca in cui l’immondizia ha sommerso il mondo, sprofondati in uno scenario onirico attraverso il quale si nuota fra le buste di plastica, si recuperano diapositive di paesaggi naturali un tempo vivi e si canta liricamente al tempo che fu. Un analisi struggente e paradossalmente non così surreale di uno dei problemi più recentemente dibattuti e in nome del quale si stanno sempre più spesso organizzando parate e manifestazioni in tutto il mondo. Uno spettacolo e degli artisti di cui mi auguro sentiremo parlare nei tempi a venire.