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Quattro giorni al Napoli Teatro Festival Italia (parte II)

Fino al 14 luglio in vari teatri e luoghi della città di Napoli

Fittissima programmazione quest’anno per la dodicesima edizione del Napoli Teatro Festival Italia, manifestazione che vanta oltre 150 eventi tra teatro, danza e letteratura. Diretto da Ruggero Cappuccio, il NTFI si sviluppa a ragnatela nel capoluogo partenopeo in circa 40 luoghi della città e non solo. Ho avuto il piacere di assistere a quattro spettacoli/eventi durante la mia permanenza napoletana, quattro mise-en-scène molto diverse tra loro che per questa ragione meritano ognuna un approfondimento “corposo” a sé stante.

Dopo il focus sulla sezione italiana, ecco i due spettacoli facenti parte della sezione internazionale: Reneixer, punto di arrivo della ricerca intorno al vino della drammaturgia sensoriale del Teatro de los Sentidos di Enrique Vargas in scena dal 26 al 29 giugno a Palazzo Fondi e Kanata. Episode I – La Controverse, prima nazionale dello spettacolo che ripercorre la storia delle oppressioni degli indigeni in Canada con i quaranta attori del Thèatre du Soleil diretti per la prima volta da un regista esterno, Robert Lepage al Teatro Politeama dal 28 al 30 giugno.

Reneixer
Foto di Salvatore Pastore

Definire spettacoli le esperienze sensoriali profondamente partecipative del gruppo spagnolo Teatro de los Sentidos è sicuramente riduttivo. Enrique Vargas, antropologo, regista e raccontastorie colombiano crea dei veri e propri viaggi per pochi spettatori all’interno di uno spazio protetto che accompagna i partecipanti in un percorso olfattivo, visivo, uditivo, tattile, insomma sensoriale in senso lato per certi versi anche profondamente catartico. Gli attori sono abitanti, gli spettatori viaggiatori a piedi nudi nell’onirico mondo di Reneixer, che significa rinascita, nell’ottica di un cambiamento continuo da attuare in prima persona attraverso la pigiatura dell’uva nella penombra di una tenda, conservata poi in una boccettina e sepolta nel mucchietto di terra che pulsa come dotato di vita propria, versata nella più grande bottiglia attraverso un imbuto alla presenza di tutto il “villaggio” e poi convivialmente gustato sotto forma di vino nei calici che tintinnano tra loro al suono degli innumerevoli e spontanei brindisi accompagnati dalla musica dal vivo di Pancho Garcia. Fra echi e ombre si riscopre l’importanza della relazione face to face e con la più grande comunità di sconosciuti che per un’ora diventano una famiglia partecipando alla nascita, anzi alla ri-nascita di qualcosa. Reneixer è una dolce carezza nella quale si attivano connessioni concettuali mai immaginate, si dimentica per un lasso di tempo che sembra dilatato la folle corsa del mondo esterno coltivando le piccole cose, facendosi carico della cura materna di qualcosa che arricchisce corpo e anima anche quando si esce dall’incanto teatrale.

Kanata
Foto di Michèle Laurent

La volontà di essere testimoni del proprio tempo attraverso l’arte e nella fattispecie il teatro. Questo il segreto del brillante sodalizio tra Ariane Mnouchine, storica regista della compagnia francese Théatre du Soleil, e Robert Lepage, visionario artista insignito di numerosi premi a livello mondiale. Per Kanata. Episode I – La Controverse, la direttrice della compagnia multiculturale ha deciso di affidare per la prima volta la regia ad un’artista esterno al Théatre du Soleil, mettendo i suoi quaranta attori nelle mani di Lepage. Uno spettacolo molto particolare, il primo di una serie (come fa intuire il titolo) una storia lunga 200 anni, un paese grande come il Canada. “Kanata” significa villaggio, paese, ed è il termine dal quale lo Stato ha preso il nome. La lingua dal quale proviene è l’irochese, appartenente ai nativi canadesi pian piano eliminati. La drammaturgia di Michel Nadeau prende il via dal brutale disboscamento di immense foreste e dai tempi in cui gli aborigeni solcavano le acque di laghi e fiumi a bordo delle canoe. Gran parte della messa in scena si svolge però a Vancouver, imponente ed estesa città sulla costa Atlantica, circondata dalle montagne. Decisamente cinematografica la regia di Lepage, che attraverso repentini cambi scenici ad incastro temporale e drammaturgico perfetto, narra la storia di una coppia francese che cerca fortuna nella città canadese e della tragica scomparsa di una quarantina di ragazze tossicodipendenti, costrette a prostituirsi per procurarsi la droga. Il killer è il proprietario di una fattoria in cui violenta e poi uccide le ragazze, la cui colpevolezza verrà a galla grazie all’aiuto di un poliziotto con velleità d’attore e un videomaker che gira un documentario sui restanti indigeni in città e sui loro problemi legati maggiormente ad alcool e droga. I quaranta attori del Théatre du Soleil si dividono tra diversi ruoli e ambientazioni che cambiano di volta in volta rivelando lentamente (lo spettacolo dura due ore e trenta minuti) numerose e diverse sfaccettature di un cubo di Rubik che trova una spiegazione e in qualche modo una risoluzione solo nel finale in cui si intravede uno spiraglio di positività che annulla il confine tra vivi e morti.

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