Giovedì 9 gennaio, Teatro alla Scala
G. Fauré | Pelléas et Mèlisandre, suite op.80
I. F. Stravinskij | Le balser de la fée, divertimento dal balletto
C. Saint-Saëns | Sinfonia n.3, op.78 „aver orgue“
Direttore | Gianandrea Noseda
Filarmonica della Scala
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Il nuovo anno porta con sé un bagaglio di speranze e di buoni intenti.
Un augurio bello da scambiarsi fra musicisti e amanti della musica sarebbe quello di scoprire sempre più brani mai ascoltati e di ascoltare nuove emozionanti interpretazioni delle pagine che prediligiamo.
Neanche il tempo di un paio di settimane da Capodanno e la stagione sinfonica del Teatro alla Scala ha voluto seguire questo augurio presentando un programma assolutamente originale per la sua composizione.
Se il secondo appuntamento della stagione si è discostato dall’originale piano dell’integrale beethoveniano è merito anche del direttore di serata, Gianandrea Noseda, che ha preferito impegnarsi in un concerto dal respiro francese.
Una scelta rischiosa perché per quanto una orchestra possa avere programmazioni annuali variegate e originali, avere sempre sotto mano ogni pagina sinfonica è difficile. E il programma di questa sera mancava dalle scene milanese da decenni (il più recente Saint-Saëns quasi dieci anni fa).
Allo stesso tempo una scelta che dimostra l’entusiasmo sempre vivo del direttore milanese nell’esplorare i repertori senza mai cullarsi nel già eseguito, alla ricerca di nuovi pagine a cui dare il proprio commento.
A partire dal Pelléas et Mèlisandre di Fauré al quale si preferisce spesso e volentieri quello di Debussy, più per meriti dell’ultimo che per i demeriti del primo.
La suite, che manca di una integrità e di una idea unitaria come il lavoro debussiano, è un piacevole intermezzo sonoro in attesa di scene che nella suite ovviamente non ci sono.
Proprio per questo Noseda si concentra principalmente sulla cura dei timbri che particolareggiano questo tipo di sinfonismo a discapito di una sonorità a tratti poco colorata.
Forse una precisa scelta dato che anche il successivo brano di Stravinkij, la suite dal balletto “Il bacio della fata”, condivideva un tratto peculiare ben marcato, in questo caso il ritmo, sempre cardiaco, perdendo un po’ nella sonorità.
Se Stravinkij può sembrare il pesce fuor d’acqua della serata, difficilmente sarebbe stato possibile trovare un collante migliore. Il pastiche di musiche poco note di Cajkovskij riorchestrate ci avvicina all’atmosfera sinfonica della seconda parte di serata e la sintonia fra direttore e orchestra si perfeziona in un susseguirsi di tempi e briosità degne di nota.
Diversa conduzione nel terzo brano, forse il più sentito da Noseda stesso.
Se non conoscete la terza sinfonia di Saint-Saëns è relativamente normale. Autore poco esplorato dalle orchestre nostrane, la sua terza sinfonia ha nella presenza dell’organo una particolarità che la rende di rara esecuzione.
A metà fra il solista e lo strumento da atmosfera gotica, la presenza dell’organo la rende più eseguibile in contesti in cui tale strumento ha una funzione musicale sociale, e dunque maggiormente utilizzato, come i paesi anglossassoni.
L’esecuzione poi in un teatro che non prevede l’organo nella sua struttura, praticamente tutti, riduce notevolmente l’apporto d’atmosfera pensato dal compositore.
Questo non risulti una critica all’esecuzione della Filarmonica della Scala, impeccabile e anzi costantemente a trazione anteriore a seguito del gesto del direttore, alla ricerca non solo di una sonorità maggiore ma anche di un costante flusso musicale quasi a sregolarizzare un brano se no troppo quadrato.
Azzardo apprezzato dal pubblico che seppur titubante su quando applaudire non conoscendo il repertorio ha messo grande passione quando la fine è stata chiara a tutti.
Prossimo appuntamento con il ritorno di Riccardo Chailly (da giovedì 16 a domenica 19) sulla maestra strada di Beethoven: ouverture Egmont, Quinta e Ottava sinfonia le prossime destinazioni della stagione sinfonica.