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Camerini

In scena fino al 2 febbraio al Teatro di Rifredi, Firenze

Camerini
Foto di Federica Gambacciani

scritto e diretto da Alessandro Riccio
con Miriam Bardini, Maravillas Barroso, Celeste Bueno, Sabina Cesaroni, Piera Dabizzi, Daniela D’Argenio Donati, Daniele Favilli, Amerigo Fontani, Ian Gualdani, Vieri Raddi, Duccio Raffaelli, Alessandro Riccio, Vania Rotondi, Maria Paola Sacchetti, Teresa Scaletti
luci Lorenzo Girolami – costumi Daniela Ortolani
aiuto regia Amina Contin

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Non si vedono spesso quindici attori sul palcoscenico e Camerini ci mostra alcuni dei motivi per cui non succede, facendoci intrufolare nel mondo del teatro dall’entrata sul retro. Il Teatro di Rifredi è ribaltato per la messinscena della nuova produzione Tedavi ’98: dietro il sipario, i camerini. Il palco dove verrà rappresentato il classico Giardino dei Ciliegi di Checov è relegato in fondo a sinistra. I personaggi, anch’essi ribaltati: i protagonisti sono gli interpreti e non gli interpretati. Quello a cui il pubblico assiste non è lo spettacolo, ma quello che c’è dietro. La condivisione di spazi e tempi delicati, nel limbo che separa la realtà dalla finzione.

Ognuno vive la trasformazione in modo proprio, chi cercando gli altri, chi sfuggendoli, ma tutti scontrandosi tra loro, volenti o nolenti, nel caos più frenetico. C’è chi si chiude nel mondo della musica e chi si racconta nello schermo di un telefonino, chi si cala nel personaggio con la massima concentrazione e chi approfitta del momento per dedicarsi a tutt’altro, chi si offre di rammendare i costumi degli altri e chi propone di svecchiare il testo con modifiche dell’ultimo minuto. La confusione ha un ritmo serrato e incalzante in cui risalta di volta un volta un dialogo diverso, su cui l’attenzione dello spettatore si concentra, pur distratto da tanti altri piccoli scambi di gesti e di sguardi. In gergo tecnico si parla di composizione corale e nei Camerini ognuno canta la sua parte che sembra stonare con gli altri, sottacendo un’armonia scrupolosa da manifestare solo in scena. Il caos è reso da uno scambio incalzante di battute e movimenti che, più paiono casuali e naturali – come lo sono nella realtà del dietro le quinte – più sono studiate al dettaglio dalla regia. Ma se la struttura del testo rivela la mano di un autore ormai consolidato, la materia è vera e i dialoghi riflettono situazioni realmente accadute agli attori, quelli in scena e quelli che, con coscienza o per ingenuità, hanno reso partecipe Riccio delle loro esperienze. Passioni, dissidi, malanni, intime confessioni. Tutto ciò che lo spettatore, a cose normali, non deve percepire in teatro, è svelato, o meglio confessato dagli stessi attori. Il lavoro di adattamento, talvolta di caricatura, non è volto a discostare le vicende dal vero, quanto ad addensare in un unico copione le mille storie raccolte.

Come nel più completo dei backstage, seguiamo un’ammiratrice alla scoperta di un mondo di cui siamo soliti vedere l’altra faccia e scopriamo qualcosa di ognuno dei protagonisti. Lo stesso Riccio, che regala sempre ai suoi personaggi un pezzetto di sé, mostra in Camerini la sua natura di indisciplinato provocatore malcelata dall’atteggiamento di imbranato tranquillone.

Raccontare il dietro le quinte significa anche mostrare al pubblico alcune figure che non calcano le scene ma completano l’attività della compagnia teatrale con la regia e la produzione, barcamenandosi tra la nobile ispirazione artistica e la materiale necessità di far tornare i conti.

Un folto gruppo di attori dalle peculiarità e dai percorsi artistici più diversi segue Riccio in questa nuova avventura metateatrale in cui non servono né trama né protagonisti, lasciati dietro al tendone che dà le spalle al pubblico. Chi è di scena? La realtà dell’attore senza costume e parrucca, con la matita nera sbavata e un buco nei pantaloni, oppure nel cuore, da colmare con un mazzo di fiori o con un goccetto di tequila.

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