da Churchill, il vizio della democrazia di Carlo G. Gabardini
con Giuseppe Battiston
e con Lucienne Perreca
scene Nicolas Bovey
costumi Ursula Patzak
luci Andrea Violato
suono e musica Angelo Longo
regia Paola Rota
produzione Nuovo Teatro diretta da Marco Balsamo
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Sarà che da qualche tempo al distacco che i più provano per i personaggi della storia si è aggiunto un distacco ancora più marcato, quasi un rifiuto, per quelli della politica. Sarà che alcuni di questi personaggi, oltre al carisma della personalità politica, mostravano un carattere e un estro più unici che rari. Sarà che alcune frasi, idee, ambizioni tornano oggi con più veemenza di quanta non ne avessero in origine. Certo è che di recente si cerca sempre più di riscoprire i protagonisti della storia del Novecento, guardando a loro come uomini prima che come agenti della storia.
Carlo G. Gabardini, che qualcuno ricorderà con camicie di dubbio gusto e un arrotato accento milanese, per lo più scrive, testi comici, satira, opere teatrali. Nell’anno appena trascorso ha pubblicato un libro, Churchill, il vizio della democrazia che coglie gli aspetti più caratteristici di sir Winston, quelli che fanno di lui un personaggio da ribalta, teatrale più che politica.
E Churchill di materiale ne fornisce: l’amore per i sigari, l’alcol, il tipico english humor speziato con un’abbondante dose di cinismo, i gatti, il pragmatismo e l’ambizione, la compiaciuta consapevolezza di essere un’icona, anticipando i tempi anche nell’arte di creare un’immagine precisa e immortale di sé.
Giuseppe Battiston e la regista Paola Rota ricavano dal libro un Churchill alla fine dei suoi giorni, in balìa della sua memoria, che lo culla in un moto oscillatorio tra la soddisfazione di aver salvato un continente e il rimorso di aver ucciso migliaia di uomini, la rivendicazione di un progetto come gli Stati Uniti d’Europa e «sangue, fatica, lacrime e sudore» che offrì ai suoi connazionali inglesi da primo ministro.
Winston, l’uomo dietro l’icona, contro Churchill, il personaggio che ha cambiato le sorti del mondo. Ma non è un duello da cui aspettarsi un vincitore, né che modifica l’idea che ognuno ha di sir Winston Churchill. È un tentativo di rendere umana la figura storica, mostrandone le fragilità dietro l’imponenza.
A contrastare e integrare la grandiosità del protagonista c’è l’esile figura della sua giovane infermiera, semplice, come si definisce lei, e idealista, come la definisce lui. Distanti per età, provenienza sociale, indole, i due si confrontano e sorprendono a vicenda. Gioioso, talvolta troppo, e un po’ ingenuo, il ruolo interpretato da Lucienne Perreca è unicamente funzionale alla rappresentazione del Churchill di Giuseppe Battiston, impeccabile nella nobile irrequietezza del personaggio che discute, ricorda, argomenta, strepita, tossisce e tace in un altalenarsi di ritmi e cadenze che mantiene viva l’attenzione del pubblico.
La poltrona di sir Winston è appoggiata su un cuneo di terra che, se da una parte lo rende difficilmente raggiungibile, dall’altra ci ricorda la sua carriera militare degli inizi, il suo essersi sporcato le mani prima di sedere sui velluti. Sul palco, insieme a quelle dei due attori, risuonano le voci fuori campo della radio, della folla, dei commenti e dei giudizi sul Churchill, sul politico e sull’uomo, ormai confusi. A questi egli risponde, allude, ripensa, senza mai liberarsene.
Alle spalle del protagonista un altro sipario, quasi a confinarlo nella sua vita di celebrità senza scampo, immortale come aveva deciso di restare.