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Febbre per il Commissario Ricciardi

Andato in scena il 15 febbraio 2020 alla Sala Pasolini, Salerno

Febbre per il Commissario Ricciardidi Maurizio De Giovanni

con Paolo Cresta

regia Paolo Cresta

Proposto dal TEATRO PUBBLICO CAMPANO diretto da Alfredo Balsamo per la RASSEGNA IDENTITÀ DEL NOVECENTO, lo spettacolo si chiude con un dialogo con l’autore Maurizio De Giovanni.

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Una sedia al centro del palcoscenico brilla sul tavolato di legno per l’assenza degli elementi che potrebbero circondarla, ma non ci sono.

Si intuisce che la vera protagonista sarà la parola e mai intuizione fu più felice e concretamente realizzata dalla effettiva evoluzione della serata.

Si accende la luce a delimitare l’azione che sarà raccontata. E proiezioni sulle tre pareti ci immergono nella gigantesca triplice riproduzione “antichizzata” delle cartelle della tombola e ancora del glossario della smorfia. Immediata è la connessione con la memoria di ciascuno che riporta a disegni infantili e serate in famiglia, quando in tale accezione venivano accolti amici e vicini di casa e parenti lontani rimasti soli… Era tutta una grande comunità fatta di relazioni…. Una rete, si direbbe oggi… Noi già vivevamo in una rete di relazioni che dopo aver abbandonato cerchiamo ora di ricostruire in maniera virtuale. Cicli e ricicli della storia, direbbe qualcuno!

Questo ‘vezzo’ del racconto in scena è un nuovo motivo che viene però da lontano e non è mai stato abbandonato, ma anzi più volte ripreso e riportato in auge nel corso della storia del teatro.

Il prologo di antica memoria classica era un racconto che da solo avrebbe soddisfatto l’ascoltatore più esigente, ovviamente se ben scritto e ben declamato.

Ma veniamo al presente. Bella serata alla Sala Pasolini, complici eleganti la sobrietà del linguaggio, la ricerca accurata dell’ambientazione e la descrizione minuziosa dei personaggi. Come in ogni situazione reale e concreta della vita, nelle tragedie si evidenzia con malcelata ironia il grottesco e comico risvolto della medaglia. Così anche nel racconto della “Febbre per il Commissario Ricciardi” elementi marginali e parodistici sono la valvola di sfogo della tensione accumulata e distendono il viso in un sorriso che spesso diventa una vera e propria risata liberatoria.

Un esempio su tutti: il panciotto del suo fedele brigadiere Maione, criticato sarcasticamente dal medico legale, il razionale e antifascista dottor Modo. Il panciotto assume spessore da protagonista e… (virtuosismo dell’attore… con un solo gesto delle mani che si battono il petto e la testa chinata a guardare con intenzione ed attenzione dello sguardo…) Ed ecco il gioco è fatto! Il pubblico ride, complice e partecipe dell’ intima sofferenza e della sua conseguente elaborazione, che terrà tutti con il fiato sospeso fino alla frase conclusiva in cui il brigadiere ammette di non avere mai avuto una spiccata simpatia per il cognato che gliel’ha regalato. Ed ho detto tutto, come direbbe Peppino de Filippo, in un suo celebre tormentone!

E si presentano in scena anche gli altri protagonisti, ognuno con la sua storia, con la sua particolareggiata descrizione fisica ma anche e soprattutto con le abitudini che tanto rivelano del carattere e delle pulsioni personali. Pulsioni che alimentano passioni e diventano febbri.

La passione brucia il sangue, gli occhi, la vita.

La passione è una febbre che non lascia scampo. Ti scivola dentro, a tradimento. Coglie l’attimo in cui l’anima è scoperta e si fa strada dagli occhi, per invadere il cuore, le viscere, il cervello.

La passione è una febbre con la quale il commissario Luigi Alfredo Ricciardi deve confrontarsi ogni giorno. Spettatore attonito degli orrori figli della passione.

Nelle indagini si scoprono rapporti, legami, amicizie più o meno lecite e non sempre vissute alla luce del giorno.

Nei vicoli corrono le voci, si parla nel buio, del buio che sfuma i contorni e attraverso il buio si rivela “Il Fatto”.

La caratteristica segreta del Commissario Ricciardi, da lui chiamata “il Fatto”, è quella di poter percepire le ultime parole e le ultime sensazioni delle vittime di morte violenta (sia incidenti sia omicidi), il cui fantasma vede sul luogo del decesso in maniera via via più evanescente. Ciò lo fa vivere in un’atmosfera di continua tristezza, circondato dalle immagini dei corpi straziati in incidenti e dalla mestizia delle ultime invocazioni d’aiuto. Ha conosciuto Maione proprio quando il figlio del brigadiere, anch’egli poliziotto, fu ucciso e Ricciardi gli riferì le sue ultime parole.

Bravo Paolo Cresta! Uno e mille, un corpo, tante voci, un attore, tanti personaggi.

L’attore, solo in scena, davanti ad una platea gremita di cuori che palpitano e di orecchie che ascoltano e vibrano in silenzio pronte ad accogliere ogni leggera sfumatura della voce che balzellando di figura in figura ne tratteggia i sentimenti, le paure, le speranze, la vita insomma. Gli abitanti dei Quartieri Spagnoli, l’Assistito, le figure istituzionali, il medico, la guardia, la coppia nobile decaduta… Tutti sono presenti con le loro voci e i guizzi che marcano a fuoco le differenze che ciascuno reca come dono imprescindibile dalla nascita alla morte.

L’attore in scena, l’autore in prima fila e fra di loro un fiume di parole. Un racconto che come una marea ha sommerso tutti noi, pubblico di facile compiacimento, perché già incantato dalle storie e dai romanzi di De Giovanni, che ben conosce e di cui è appassionato lettore.

Il commissario Ricciardi era presente, in scena, ma sicuramente nel cuore di quanti ascoltavano beati, bevendo ed assaporandone ogni passaggio.

Alla fine della storia egregiamente raccontata da Paolo Cresta, un’altra sedia è stata portata in scena e vicini si sono seduti l’autore e l’attore. Bellissima emozione. Accoppiata vincente.

Un altro racconto è stato narrato anch’esso avvincente dal magnetico, empatico, ammiccante e coinvolgente scrittore Maurizio De Giovanni, disponibile a presentare su un vassoio d’argento le portate del suo menù. Ha anticipato mille domande con le sue “confidenze” con una capacità da vero istrione è riuscito a rendere ciascun interlocutore l’unico coprotagonista di un dialogo immaginario. E ciascuno si sente Qualcuno!

Come scrive un romanzo, come nasce, come ne arricchisce la trama, le ricerche, le piccole manie di autori che ha conosciuto… ascoltarlo è un vero regalo!

Applausi scroscianti per entrambi.

 

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