In questo periodo di crisi e di incertezza ho riflettuto a lungo per capire quale sia il ruolo che noi artisti dovremmo assumerci.
Per tutti questi giorni il nostro Teatro ha taciuto, ha atteso, aspettando, con la stessa vostra ansia, di vedere quale presente prossimo si stesse affacciando. Tutti noi abbiamo bisogno di un tempo naturale di elaborazione, e correre a risposte affrettate è sempre sintomo di immaturità.
I teatri e i cinema sono chiusi, i ristoranti sono chiusi, le strade sono deserte, la nostra socialità ha subito un’improvvisa morsa d’arresto. I nostri comportamenti sono altamente alterati, l’ansia del contatto sta limitando le nostre capacità emotive e intellettive. Certo ci sono state altre epidemie nell’arco della Storia, ma nessuna che coinvolgesse tutti in misura globale.
Il Nemico è invisibile. Nasce dal basso, si aggira intorno e dentro di noi. Non indossa una bandiera e non difende nessun confine. Non è di nessuna religione. I suoi predecessori sono più antichi dell’uomo e probabilmente sopravviveranno alla nostra Storia. È invisibile, e in quanto tale agita le nostre più irrazionali paure, le nostre inconsce ansie e più recondite incertezze.
Scusate la franchezza, ma trovo a dir poco orribile che si contino uno ad uno i morti per il Coronavirus e si continui a lanciare bombe e sterminare uomini in molti Paesi del mondo. Come se esistessero morti di serie A e morti di serie B. Come se il male che l’uomo continua a infliggere a sé stesso fosse meno grave del nemico invisibile. Vorremmo fermare il virus, ma non siamo in grado di fermare il nemico che abita in noi e che semina razzismo, intolleranza, ingiustizie e prevaricazioni.
Per questo cerco di capire, in questo periodo d’assenza, cosa dovremmo fare come artisti e operatori dello spettacolo. Nel rispetto delle ordinanze in vigore, c’è chi meglio di noi vi dirà come comportarvi, quali atteggiamenti quotidiani assumere, quali regole rispettare. Ad ognuno il suo.
In questo periodo d’incertezza ci sarà anche chi dirà più di quello che deve dire. E chi non dirà tutto quello che dovremmo sapere. Ci saranno tante voci, tanti pareri, tanti programmi televisivi e tanti social a dibattere e discutere. Ad ognuno il suo.
E a noi artisti, di ogni forma e natura, ostinati sognatori, portatori sani di bellezza, testimoni anche in tempo di guerra dei sogni più audaci, spetta il compito di ricordare a tutti il peso sostanziale e non effimero dell’umanità. Il peso del coraggio e il peso della comprensione. Non possiamo, in questo periodo di cecità, perdere il tempo del pensiero e il coraggio delle idee. La speranza del cambiamento nasce dalla crisi. Ci vuole determinazione a resistere, visione costante che la paura può ferire ma non inibire, amore infinito e umano, oltre i limiti imposti dai nostri confini ora ridotti a quelli di casa, amore oltre la ricompensa dell’amore stesso.
Dobbiamo, in questo tempo d’attesa, saper aprire in noi nuove sensibilità. Forse perché ingenuo, forse perché folle, io non posso non credere a quanto diceva Albert Einstein:
“La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere superato. È nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla”.
E a voi, amici, abitanti del teatro, sostenitori dell’arte, vicini di casa, abitatori dei nostri stessi sogni, chiedo di starci vicino. Di attendere con la stessa consapevolezza e di lavorare insieme perché questo momentaneo arresto delle nostre e delle vostre attività ci dia nuove energie e nuovi orizzonti da condividere.
Le sale torneranno a riempirsi, le strade a vivere, le mani ad applaudire, gli occhi a guardarsi da vicino. In questo tempo leggiamo, studiamo, meditiamo, recuperiamo il tempo del ricordo e la forza dell’immaginazione. Saremo allora pronti a riaprire le porte con rinnovata gioia.
Corrado Accordino