Questa sera con mia sorella mi sono accompagnato al laghetto dell’Eur, era molto tempo che non andavo a curiosare nei meandri dell’arte italiana, e dell’esperienza intima che si prova dinnanzi ad una bellezza così dolce, e allo stesso tempo cruda, come può essere quella del divenire improvvisamente testimone di una storia, testimone di uno squarcio impossibile che dall’occhio dell’osservatore possa condurre nella verità dell’oggetto – soggetto mancante – osservato.
La scomparsa di mia madre, opera prima di Beniamino Barrese selezionata al Sundance Film Festival nella sezione “World Cinema Documentary”, entra con forza in una soggettività che vuole farsi assente, in un andare altrove, altrove da quel che ha già visto, altrove da ciò di cui è già stata oggetto, altrove in uno spazio intimo nel quale ritrovare la dimensione di interiorità impalpabile allo sguardo, impossibile alla presa – come vento tra le dita.
In questo documentario “ri-conosciamo” Benedetta Barzini, le sue linee, il suo sguardo, il suo sguardo che, basta un attimo riconoscere per ritrovarsi improvvisamente in diverse e altre zone del tempo, in altri spazi e luoghi non solo abitati da lei come donna, come femminista, come mentore, ma da moltƏ di noi attraverso il nostro stesso sguardo e l’esperienza che abbiamo avuto di immagini che hanno fatto la storia della fotografia, scatti di Richard Avedon, di Irving Penn, per dirne alcuni. In lei ritroviamo una testimonianza, che per quanto – in ricerca – evanescente, rimane potente. Una voce che nella sua stessa riluttanza: dichiara, e insegna.
La scomparsa di mia madre è un documentario dalla delicatezza amara, un documentario nel quale ritroviamo il rapporto con l’immagine, con l’essere vistƏ e non vistƏ, con l’essere mercificatƏ, è un frammento di quel vetro in cui Rumi riconosceva la verità, un frammento che rimane conficcato nella pelle e incidere nella dignità e nell’affermazione il diritto ad esistere oltre l’immagine, in sé.
Qui, signori e signore, siamo di fronte ad uno scontro – incontro tra il mondo delle forme, di cui queste parole sono effigie, e il mondo dell’inconoscibile kantiano, di quel noumeno in cui ognunƏ di noi non fa che rivedere se stessƏ, e siamo anche dinnanzi all’incontro, che qui si fa scontro e canto d’amore, tra una madre e / e la sua resa a / un figlio.
L’intimità della casa, il calore doloroso dell’incontro di un’amica lontana, la fragilità di una dichiarazione che cerca di mostrare la luna (a uomini che possono solo rimirare il dito) e ancora il permesso per poter parlare, il bisogno di elaborare una separazione, in un mondo che pone la plastica come prodotto della natura, e la penetrazione dell’intimo come scelta acclamata, sono onde di questo oceano emotivo tagliente, e genuino, arrabbiato, e feroce, disarmato e disarmante e colto.
Un oceano in cui si può ascoltare una eco, quella del tempo e dello spazio certamente ma, anche un’altra, forse più flebile, delicata, rotta, che accarezza: guarda.
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Crediti
Regia di: Beniamino Barrese
Paese: Italia
Anno: 2019
Durata: 94’
Lingua originale: italiano
Genere: documentario
Cast: Beniamino Barrese, Benedetta Barzini, Candice Lam, Lauren Hutton, Carlotta Antonelli.
Distribuzione italiana: Reading Bloom, Rodaggio Film.