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Carlo Menzinger, un sognatore divergente

Intervista allo scrittore italiano di romanzi ucronici, Carlo Menzinger

Carlo MerzingerCarlo Menzinger, nato a Roma classe 1964 e lì, dopo il Liceo Classico (De Santis di Roma), si è laureato nel 1990 in Economia e Commercio (La Sapienza) è uno scrittore che vive e fa vivere in universi fantastici, un sognatore divergente. Lavora in banca dal 1991. Attualmente il suo lavoro riguarda la finanza strutturata. Dopo aver lavorato in varie città d’Italia, ora abita e lavora a Firenze. Come autore ama spaziare tra generi diversi e ha scritto ucronie, fantascienza, romanzi gotici, thriller, surreali e paranormali, andando però spesso fuori dai canoni di genere o mescolandoli tra loro. Il suo rapporto con internet è molto stretto. Il suo primo romanzo fu pubblicato a seguito di una selezione dei lettori on line e sempre on line ha continuato a pubblicare altri lavori e a formare gruppi di autori che collaborano per progetti culturali. Romanzi ma non solo anche sei raccolte di poesie al suo attivo, tutti distribuiti in copyleft. Successivamente, amante della storia e della fantascienza, inizia la pubblicazione della trilogia ucronica “Via da Sparta”. Il 12 Ottobre 2019 pubblica con il gruppo editoriale Tabula Fati l’antologia di speculative fiction distopica “Apocalissi Fiorentine”. Collabora con varie riviste tra cui, di recente, quelle dell’Ordine degli Ingegneri Progettando.Ing e Prospettive.Ing, IF – Insolito & fantastico, L’Italia, l’Uomo, l’Ambiente. Si potrebbe aggiungere molto altro. Ma lasciamo che siano le sue parole a raccontarci qualcosa in più.

apocalissi fiorentineCi vuoi raccontare di cosa parla questo tuo ultimo lavoro letterario?

L’ultimo volume da me pubblicato senza altri autori è stato a fine 2019 “Apocalissi fiorentine” (Tabula Fati), una raccolta di racconti che mostrano alcuni momenti di crisi della storia di Firenze, passata e futura. L’intento era sia quello di scrivere fantastico con ambientazione italiana, sia quello di portare in un contesto vicino a chi legge, una città che potrebbe essere la propria, il concetto di fragilità ambientale e storica. Diamo per scontato che il mondo in cui viviamo non debba mai cambiare o addirittura peggiorare. Il covid-19 ci ha insegnato proprio in questi mesi quanto questo sia sbagliato. Il nostro modo di vivere può cambiare all’improvviso e farlo anche in modo drammatico. È avvenuto nel passato e potrebbe avvenire in moltissimi modi diversi nel futuro. Ho detto di aver scritto da solo “Apocalissi fiorentine”, ma è solo in parte vero. Il volume è corredato da 48 splendide illustrazioni realizzate dagli studenti della facoltà di architettura di Firenze sotto la guida del professor Scalzo. Spesso, infatti, mi trovo a collaborare con altri nei miei libri.

C’è un altro libro a cui sei particolarmente legato, anche non tuo? E perché?

Sono legato a tutto quello che ho scritto. Innanzitutto, al mio romanzo d’esordio “Il Colombo divergente”, un’ucronia in cui immagino che Cristoforo Colombo incontri gli aztechi, trovandosi in difficoltà nel fare ritorno a casa e mutando così tutta la storia ventura. A differenza che nella saga “Via da Sparta”, in cui ho voluto descrivere il mondo generato dalla divergenza ucronica, in questo romanzo, come nel successivo “Giovanna e l’angelo”, mi sono concentrato sul protagonista. Ho mostrato la tenacia di Colombo nel perseguire il suo sogno nonostante una serie di difficoltà persino superiori a quelle, non indifferenti, storicamente incontrate. Molto peculiare, in entrambe queste opere, è la voce narrante.

Da cosa nasce questo tuo interesse per la storia e l’ucronia?

Credo che la storia sia una grande maestra di vita, per quanto questo possa sembrar banale. Purtroppo, la conosciamo poco e soprattutto pensiamo poco a quello che è successo in passato, ripetendo gli stessi errori. L’ucronia prima di essere un genere narrativo è una modalità di studio della storia. Interrogarsi su che cosa sarebbe successo se la storia avesse preso un diverso corso ci fa capire sia la relatività delle cose, sia il loro vero peso. Ne “Il Colombo divergente” basta il gesto casuale di un indigeno, che orienta Colombo facendogli far rotta più a nord, a mutare la storia dell’umanità. Questo ci insegna a ponderare anche i nostri gesti, perché ogni cosa che facciamo può avere ripercussioni inimmaginabili, come nella teoria della farfalla che battendo le ali provoca un tornado dall’altra parte del pianeta. C’è poi da dire che sono sempre stato “circondato” dalla storia, essendo nato a Roma, vivendo a Firenze, lavorando per la banca più antica del mondo (il Monte dei Paschi di Siena fu fondato nel 1472) e avendo una famiglia con radici che si perdono indietro nel tempo per secoli e millenni.

Credi che nella società di oggi la cultura anche di intrattenimento ha la sua importanza?

La cultura è sempre importante, ma per essere vera e produrre frutti (come ogni “cultura” – coltivazione) deve essere a contatto con la gente, nascere dalla vita e quindi la cultura di intrattenimento è quella che produce più semi, che potranno magari trasformarsi in altro.

Quale rapporto hai con la città nella quale vivi, anche come fonte di ispirazione?

Sono nato a Roma da una famiglia dalle vaste radici europee, ma vivo ormai da quasi tre decenni a Firenze (anche se con qualche discontinuità). Sono un autore che predilige il fantastico, ritenendo che esprima il massimo grado di creatività, ma credo anche che questo debba nascere dalla realtà e che uno scrittore debba cercare di scrivere soprattutto di ciò che conosce meglio. Ecco, dunque, che spesso scelgo Firenze per far partire le mie avventure letterarie. “Apocalissi fiorentine” è volutamente tutto (o quasi) ambientato a Firenze così sarà anche il secondo volume di racconti che dovrebbe chiamarsi “Quel che resta di Firenze” e contenere la parte post-apocalittica dei racconti che scrissi tra 2016 e 2018. Ora, poi faccio anche parte del GSF – Gruppo Scrittori Firenze, per il quale, prima della pandemia curavo degli incontri a tema, e ora gestisco il blog, partecipo ad antologie e farò parte della prossima giuria del premio letterario “La Città sul Ponte”. La novità di questi giorni è che il GSF mi ha chiesto di curare l’antologia per i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri: più fiorentino di così! Firenze non è solo Dante e Rinascimento, è una città ricca di storia, che anche oggi ha caratteristiche peculiari che la rendono un’interessante ambientazione.

Cosa pensi della collaborazione e della condivisione tra artisti e scrittori?

Non ho mai visto lo scrittore come un Leopardi isolato dal mondo, immerso tra i libri della sua biblioteca. La scrittura è collaborazione e condivisione. Ogni libro, del resto, nasce da almeno due menti, quella dello scrittore e quella del lettore, che reinterpreta con il proprio vissuto il testo. Faccio parte di alcune associazioni, come il già citato GSF, ma anche l’associazione degli operatori della fantascienza World SF Italia e ho preso parte attivamente a riviste e antologie. Ho curato, per esempio, l’antologia di diciotto autori “Ucronie per il terzo millennio”, il romanzo collettivo scritto a 6 mani “Il Settimo Plenilunio” che ho fatto poi illustrare da ben 17 artisti, tra pittori, disegnatori e fotografi. Anche i romanzi della serie “Jacopo Flammer e i Guardiani dell’Ucronia” sono stati illustrati da vari disegnatori. In “Parole nel web” ho riunito alcuni miei scritti realizzati a 4 mani. Presto dovrei pubblicare un romanzo di fantascienza, scritto con Massimo Acciai. Anche il mio recente “Apocalissi fiorentine”, come dicevo nasce da una collaborazione con il Professor Scalzo e i suoi studenti che lo hanno illustrato. Credo che queste collaborazioni siano importanti e che gli autori debbano creare sinergie tra loro. Se esistesse un albo degli scrittori, ne andrebbero banditi quelli che sostengono di non avere tempo per leggere altri autori contemporanei. Come si può pretendere di essere letti e poi non leggere gli altri?

Parlando dei tuoi scritti ricordi un passo a memoria? Come mai proprio questo?

Assolutamente no! Ho scritto anche poesie (ne ho pubblicati ben sette volumi), ma non ne ricordo una a memoria. Mi ricordo i contenuti dei romanzi, ma di alcuni racconti mi sono persino dimenticato di averli scritti. Quando scrivo tengo degli appunti per riguardare le caratteristiche principali di personaggi e luoghi, perché tendo a dimenticarli. Lo stesso vale per i libri degli altri che leggo: li recensisco tutti soprattutto per ricordarmi quello che ho letto e che impressioni ne ho tratto, oltre che per riflettere su pregi e difetti e cercare poi di tenerne conto quando mi trovo a scrivere.

Chi sono i tuoi riferimenti letterari o artistici in generale?

Troppi! Ogni cosa che leggo mi lascia una traccia, anche quelle che non mi sono piaciute, forse anche più delle altre, perché amo imparare dagli errori altrui, cercare di evitare di scrivere cose che non mi sono piaciute. Leggo di tutto, ma non amo i colori tenui, giallo e noir. Prediligo il fantastico e soprattutto la fantascienza. Sebbene l’abbia scoperto tardi credo che Stephen King sia un grande investigatore della mente umana. Da ragazzo ho adorato Asimov, anche se oggi mi pare un po’ troppo utopistico e gli preferisco Dick. Credo che la Rowling con Harry Potter abbia realizzato la serie perfetta, ma vorrei vederla alla prova con altro. Murakami credo che sia un grande ma ancora nulla di quello di suo che ho letto lo definirei perfetto, soprattutto per la prolissità. L’essenzialità è uno dei grandi pregi che hanno solo pochissimi autori, come Saint-Exupery, Bach, Lowry o Voltaire. Mo Yan è stato per me una bella scoperta, una delle poche venuta dai Premi Nobel. Come trascurare poi i classici, che sono alla base di tutto? E i grandi narratori di fiabe dove li mettiamo? E i maestri del fantastico? Come potrei dimenticarmi, infine dei miei amori infantili, Salgari e Verne e un po’ London, Swift e Defoe? E quelli dell’adolescenza, come Hesse, Kundera, Nietzsche, Wilde, Adams? E i saggi? Trovo impossibile fare una lista di libri o autori preferiti. Ognuno ha pregi e difetti. Ci sono sicuramente troppi nomi importanti (per me, oltre che per la letteratura) che ora mi sfuggono. A chi mi riferisco quando scrivo? A tutti e a nessuno. Per ogni libro è diverso.

Sicuramente i lettori di Teatrionline vorranno sapere: qual è il tuo rapporto con il teatro?

Prima del covid-19 frequentavo i teatri come pubblico. Non ho mai avuto la velleità di salire sul palco o di scrivere per il teatro. Le mie opere, salvo forse qualcosa di più essenziale come i thriller “Ansia assassina” e “La bambina dei sogni”, più che a riduzioni teatrali si presterebbero per grandi film hollywoodiani: le ambientazioni sono importanti e in un teatro non si potrebbe fare molto.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

In un certo senso potremmo dire che il futuro è già cominciato e dovrebbe essere infinito per contenerli tutti: il mio editore Tabula Fati ha già in mano un romanzo di fantascienza ESP scritto con Massimo Acciai e l’antologia “Quel che resta di Firenze” e spero possa pubblicarli presto. Con il GSF Gruppo Scrittori Firenze stiamo poi chiudendo ora l’antologia su Firenze Capitale. Questa settimana abbiamo costituito il Comitato Editoriale per un’antologia su Dante Alighieri che mi impegnerà per tutto il 2021. Ho poi in gestazione da vari anni un romanzo che doveva essere sull’Apocalisse di Giovanni e si è trasformato in una cosa sulla resurrezione di Lazzaro, che all’inizio ne era una parte marginale! Dubito potrà uscire prima del 2022. Ho poi scritto alcuni racconti fantascientifici su Fruchtbar, un mondo lontano (completamente reinventato), che stanno uscendo sulla rivista Prospettive.Inge che penso di poter trasformare in un romanzo (o almeno in un’antologia). Ho poi scritto vari altri racconti ambientati nell’universo divergente di “Via da Sparta”, che stanno uscendo su Prospettive.Ing e altrove, ma dopo 4 volumi sul tema, penso che aspetterò un po’ prima di pubblicarli in antologia. Ho poi vari racconti scritti negli anni, che vorrei revisionare e riunire in antologie tematiche, ma qui parliamo di un futuro lontano. Mi piacerebbe anche revisionare e ripubblicare i miei primi romanzi. Ho un romanzo abbozzato che forse un giorno riprenderò in mano e il progetto di scrivere la storia della mia famiglia. E poi… come se non bastasse, ho in mente progetti per alcune decine di romanzi che mi piacerebbe scrivere. Il mio sogno sarebbe trovare un editore che mi pagasse per scrivere, in modo da potermene andare in pensione e dedicare più di qualche ora alla scrittura nel week-end. Massimo Acciai mi ha definito nella biografia che mi ha dedicato “Il sognatore divergente”. Non so se lo sono davvero, ma è quello che vorrei essere: uno che inventa mondi immaginari.

Carlo Merzinger è uno scrittore che vive e fa vivere in universi fantastici, un sognatore divergente.

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