Ancora una volta Vittorio Feltri, nell’articolo pubblicato sul quotidiano Libero, dà prova di non riuscire a tenere a freno la lingua e, in questo caso, si assume anche l’onere di ostentare la sua già nota mentalità misogina e incagliata nella più totale incapacità di attribuire un peso consono alle parole. Feltri si trova nuovamente nell’occhio del ciclone mediatico-scandalistico e ha, ironia della sorte, per l’ennesima volta una bella “patata bollente” tra le mani . Analogamente alla maggior parte dei personaggi pubblici, l’ex direttore di Libero ha avuto l’opportunità di esprimere la propria opinione sul caso Genovese, imprenditore recentemente finito nel mirino dell’opinione pubblica per l’accusa di violenza sessuale rivoltagli dalla diciottenne Michela, partecipante a una delle chiacchieratissime feste a Terrazza Sentimento. Feltri, dopo un lungo e spiacevole excursus sulle sue deludenti prestazioni sessuali e sul sonno che lo assale poscia ogni atto erotico, indulge a valutazioni, inopportune e sintomatiche della sua misoginia oramai neanche più tanto latente, sulla presunta dinamica dello stupro: cosa si poteva aspettare Michela, si domanda il dimissionario giornalista, dopo essere entrata nella camera da letto di Genovese, noto “mandrillo”, se non, parole testuali, “che a un certo punto avrebbe dovuto togliersi le mutandine senza sapere quando avrebbe potuto rimettersele?”, parlando come se la diciottenne non fosse stata inabilitata dagli stupefacenti assunti, non si fosse trovata in uno stato di sudditanza psicologica e fisica nei confronti di Genovese o come se condizione necessaria per entrare nella camera da letto di un uomo sia una controprestazione erotica. D’altro canto Feltri pare giustificare l’accusato imprenditore milanese, raffigurandolo come un uomo ricco e annoiato, unicamente colpevole di aver assecondato il suo naturale desiderio di divertimento indulgendo alla cocaina, dipinta come attenuante degli atti poi commessi. Si è molto parlato nell’ultimo anno di negazionisti, spesso con toni canzonatori, a causa del loro rifiuto di accettare la comprovata esistenza di un virus potenzialmente mortale, eppure si sono spese pochissime parole, e non solo nell’ultimo anno, per coloro che negano l’esistenza di una comprovata cultura dello stupro. L’effettiva diffusione della violenza sessuale è inconoscibile e inattaccabile, protetta dal segreto di coloro che la praticano, dal silenzio delle vittime, dalla noncuranza delle istituzioni e dall’atteggiamento giustificatorio e diffidente dei media e del pubblico. A differenza dei negazionisti del virus, che è fenomeno di recente sviluppo, però, Feltri e tutti i sostenitori del “se l’è cercata” hanno sempre vissuto in un ambiente permeato dalla rape culture, dalla cui sono assuefatti a tal punto da non riuscire più a percepirla. È dunque giunto il momento di squarciare l’ingannevole velo di Maya che tutti abbiamo inconsciamente sugli occhi e vedere la realtà per quella che è: la violenza sessuale è ancora una colpa della vittima.