“Certi amori fanno dei giri immensi e poi ritornano”: mi vengono in mente questi versi di Venditti quando penso a Giovanna Daddi e Dario Marconcini. E l’amore è quello per la propria terra, lasciata tante volte per intraprendere viaggi, per incontrare i grandi, per la voglia di aggiornarsi che li accompagna fino ad oggi, ma ritrovata sempre e abbracciata tuttora.
Quella terra è Pontedera. Dove tutto nasce e dove tutto torna, alla quale i due artisti dedicano sempre una parola durante le loro interviste. Mi stupisce la semplicità con cui raccontano i loro primi incontri: “Io ero una ragazza qualunque di Pontedera”, ricorda la Daddi, come potrebbero essere tante di voi che stanno leggendo questo articolo, aggiungo io. “Lui”, riferita a Marconcini, “uno affascinante che partecipava al gruppetto degli intellettuali”. Forse non lo direste mai, ma l’epilogo di questa storia apparentemente
ordinaria è più di cinquant’anni di straordinaria carriera nel mondo del teatro. E scommetto anche che molti avranno visto camminare per le strade della nostra piccola città questi due signori eleganti, e che forse non conoscevano questa storia, la loro storia. Ma anche la nostra, perché noi che siamo cresciuti in questi luoghi, e che troppo spesso bramiamo di essere altrove, dobbiamo conoscerne il prestigio, ed esserne orgogliosi. Dario e Giovanna ce ne hanno portato di prestigio, attraverso la loro arte, le loro conoscenze internazionali, e soprattutto grazie al fatto che non hanno mai cercato di tagliare le radici.
Quelle radici che li legano ai luoghi in cui entrambi sono nati e cresciuti, e dove è nato e cresciuto il loro amore, di coppia e per il teatro.
In occasione dei 50 anni di vita e di carriera insieme, decidono infatti di celebrare questo traguardo proprio a Pontedera, e lo fanno in un incontro, semplice ma estremamente prezioso. È stato lo scorso 10 settembre, nei nuovi locali di “Golena”, affacciati sul fiume Era. C’è chi li conosce da anni, c’è chi invece inizia a conoscerli da adesso, giovani che si stanno appassionando al teatro, proprio come quella ragazzina che guardava con ammirazione i gruppi di autodidatti visionari, di cui un altro ragazzino faceva parte, anch’esso ai primi fuochi dell’amore di una vita. Ragazzi come quelli del “Teatro di Bo’”, che
hanno avuto la possibilità di trovarsi di fronte a questa coppia così importante.
“Mi ha colpito”, dice Kevin, uno dei ragazzi Di Bo’, “quando ho chiesto se ci fossero stati nella loro vita dei momenti in cui avrebbero voluto lasciare. La loro risposta è stata di sì, ma che nonostante questo la loro anima ne aveva bisogno, il teatro per loro era come il sangue per l’essere umano.”
Metafore forti, che emozionano, e che rivolgono ai neo-attori fiducia e speranza. Neo-attori
probabilmente impauriti dal fatto di potersi trovare di fronte molti ostacoli, o scoraggiati di intraprendere un percorso difficile in un periodo altrettanto complicato, hanno potuto toccare con mano la costanza spontanea a cui porta l’amore vero per la propria passione.
“Mi hanno fatto capire che niente ti può bloccare se sei determinato”, interviene anche Matteo, con un appunto che fa riflettere: “fino ad ora pensavo che abitando in un piccolo borgo non sarei potuto arrivare in alto, ma le loro parole e il teatro mi hanno fatto capire che mi stavo sbagliando”.
“Mi hanno fatto capire”, lo ripete spesso, sì, perché forse è di questo che i ragazzi hanno bisogno: di capire, di comprendere, attraverso parole ed esperienze vere, cosa c’è stato prima e cosa ci può essere con e dopo di loro.
Fa pensare anche il riferimento al “piccolo borgo”: Matteo, come forse molti, non si immaginava di poter partire da una città come Pontedera e arrivare lontano, ma finalmente, quel giorno che forse neanche se lo aspettava, ha avuto la prova concreta che sì, si può, che qualcuno ci è riuscito, e che anche lui può riuscirci.
Un’altra allieva del laboratorio Di Bo’, Cristina, aggiunge: “Facendomi entrare nel loro mondo mi hanno fatto vedere il teatro da una prospettiva diversa”.
Una grande occasione quindi per i ragazzi che studiano il teatro presso l’Associazione “I Pensieri Di Bo’” di Santa Maria a Monte, che il direttore artistico Franco, affiancato dalla sua spalla Mattia, non si sono certo lasciati sfuggire.
Oggi ricordiamo quell’evento, e Franco mi racconta la gioia, lo stupore, la curiosità che ha visto negli occhi dei suoi allievi. “Cerco di farli approcciare con realtà vere, e di sfruttare occasioni come questa per farlo. Sentirsi dire che non devono smettere di portare avanti le proprie ambizioni non è scontato, e se lo fanno due colonne portanti del teatro come la Daddi e Marconcini, hanno un motivo in più per crederci davvero. È certo che non se lo dimenticheranno.”, afferma con la fiducia che gli suscita la rievocazione di questo momento. Fiducia, anche in un momento precario come questo, nel futuro, nell’evoluzione continua, nella formazione dei giovani.
Studiare è fondamentale, e Marconcini ce lo conferma: “Autori come Beckett o Shakespeare continuano ad essere contemporanei, e i loro testi ci fanno toccare punti che ci possono portare avanti, ad un teatro diverso e ancora nuovo”. Ottant’anni compiuti e ancora la voglia di conoscere e di mettersi alla prova. E questo è lo spirito che lui e Giovanna vogliono trasmettere ai giovani. “Dovete leggere, andare alle mostre, ascoltare musica, dovete rompere gli schemi mantenendo però un rapporto di curiosità per la vita,
osservando ciò che vi succede intorno e sentendovi vivi”, dichiarano.
Un ricordo di condivisione, che ci incuriosisce, ci stupisce, ci dà speranza, che ci fa sognare pensando alla vita meravigliosa di questa coppia, ma che ci invita a non dimenticarsi mai la terra che ci ha accolti in questo mondo, e anche a voltarsi indietro, a volte, per ritrovarsi.
Le radici del teatro crescono in profondità
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