E’ il momento di alzare nuovamente il sipario e GIOELE DIX torna in scena con due settimane intense di repliche del suo “Vorrei essere figlio di un uomo felice”, spettacolo ispirato alla potente e simbolica vicenda di Telemaco, figlio di Ulisse.
Quello di Gioele Dix è uno dei primi tour teatrali italiani a ripartire dopo le restrizioni legate all’emergenza sanitaria Covid che avevano indotto a posticipare le date programmate nella scorsa stagione. Un’occasione imperdibile per il pubblico che potrà finalmente tornare a teatro, sedersi su una poltrona e godersi lo spettacolo, pur con tutti i protocolli necessari a garantire la sicurezza e la serenità di ognuno.
Un tour che è un importante momento di teatro “in presenza”, così atteso e desiderato in questi mesi, per poter guardare ancora al futuro con fiducia.
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GIOELE DIX – Vorrei essere figlio di un uomo felice
13 e 14 maggio 2021 Lestizza (UD) – Auditorium Comunale di Lestizza
15 e 16 maggio 2021 Monfalcone (GO)- Teatro Comunale di Monfalcone
18 e 19 maggio 2021 Sacile (PN) – Teatro Zancanaro
20 e 21 maggio 2021 Maniago (PN)- Teatro Comunale G.Verdi
22 maggio 2021 Latisana (UD)- Cinema Teatro Odeon
23 maggio 2021 San Vito al Tagliamento (PN)- Auditorium H. Zotti
25 e 26 maggio 2021 Tolmezzo (UD)- Teatro Candoni
27 e 28 maggio 2021 Artegna (UD)- Teatro Monsignor Lavaroni
29 maggio 2021 Cividale del Friuli (UD) – Teatro Adelaide Ristori
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Gioele DIX
Vorrei essere figlio di un uomo felice
di e con Gioele Dix
Una produzione: Giovit
Disegno Luci: Carlo Signorini
Audio: Giuseppe Pellicciari (Mordente)
Dopo aver conquistato pubblico e critica in due anni di ininterrotta tournée, “Vorrei essere figlio di un uomo felice”, spettacolo di e con Gioele Dix, tornerà in tour nella stagione teatrale in corso riprogrammando così alcune delle date posticipate a causa dell’emergenza sanitaria Covid.
Prendendo spunto dalla potente e simbolica vicenda di Telemaco, figlio di Ulisse, Gioele Dix costruisce uno spettacolo di grande spessore teatrale, in bilico costante fra suggestioni letterarie e irruzioni nel quotidiano. In “Vorrei essere figlio di un uomo felice” Gioele Dix, alla maniera dell’ineffabile Penelope, tesse e disfa la tela dei suoi ragionamenti e pensieri in una riuscita contaminazione fra alto e basso, che è diventata negli anni la sua inconfondibile cifra stilistica.
Con la sua affilata ironia, pescando sia dagli autori più amati (Paul Auster, Milan Kundera, il poeta greco contemporaneo Ghiannis Ritsos) che da molti ricordi personali, Gioele Dix disegna un ritratto commosso, a tratti esilarante, di padri e figli e dei loro complicati, controversi, zoppicanti rapporti d’affetto e d’amore.
“Vorrei essere figlio di un uomo felice” confessa Telemaco, figlio dell’eroe omerico, nel primo canto dell’Odissea. Parole che rivelano quanto sia consapevole del legame indissolubile fra il proprio destino e quello del padre. Ed è sempre stato così per tutti, o quasi. Il giovane principe di Itaca è dunque l’emblema dei tanti figli ai quali è toccato fare i conti, nel bene e nel male, con un’impegnativa eredità.
Ispirato dalla dea Atena, Telemaco parte per un viaggio alla ricerca dell’eroico padre Odisseo, del quale ha atteso fin dalla nascita il ritorno perché lo guidasse e lo proteggesse. Dopo un lungo peregrinare, al sedicesimo canto i due finalmente si ricongiungeranno e il loro incontro si consumerà fra le lacrime. Un tenero abbraccio che spazzerà via nuvole e incomprensioni.
“Vorrei essere figlio di un uomo felice” commuove e stimola, diverte e fa riflettere.
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NOTE DI REGIA
L’Odissea del figlio di Ulisse, ovvero come crescere con un padre lontano
All’inizio dell’Odissea, Ulisse è assente e lontano. A Itaca nessuno sa se l’eroe sia ancora vivo, e dunque se farà mai ritorno. Persino fra le vette dell’Olimpo regna l’incertezza e gli dei discutono fra loro sulla sua sorte.
Omero, come il più navigato degli sceneggiatori, sceglie di ritardare l’entrata in scena del suo primo attore. E con lui, l’apparizione di personaggi e avvenimenti strabilianti che renderanno indimenticabile il suo lungo viaggio verso casa: la maga Circe, il ciclope Polifemo, il canto delle Sirene, la discesa nell’Ade, gli incantesimi della dea Calipso. Tutto accadrà – o meglio, verrà rievocato da Ulisse in una sorta di lungo flashback – dal quinto canto in poi.
È forse per questo motivo che i primi quattro canti dell’Odissea sono meno conosciuti e frequentati. Eppure vi si racconta di un altro viaggio, meno spettacolare, ma altrettanto determinante: quello del figlio di Ulisse alla ricerca del padre.
Telemaco parte da Itaca sulle tracce dell’illustre e ingombrante genitore che non ha mai conosciuto, in un tortuoso itinerario per mare e per terra fitto di incontri rivelatori. E quando i due finalmente si incontreranno, l’eroe, invecchiato e sfiancato da una guerra inutile, abbraccerà felice il giovane uomo cui cedere il suo scettro.
“Invitato anni fa a partecipare a un progetto di lettura e commento dell’Odissea, scelsi i primi quattro canti, affascinato dalla storia del ragazzo che soffre per via di un padre assente e al tempo stesso ingombrante. Nel tempo, approfondendo, elaborando e spesso scrivendo “in scena”, mi sono ritrovato fra le mani uno spettacolo che mi rappresenta alla perfezione. Un ingaggio autorevole ed elevato, quale è l’immortale poema, mi permette di spaziare fra serietà e sberleffi.
Il teatro per me è questo: radici lontane e orecchie aperte sul presente, sempre.”
“Ho cominciato questo spettacolo quando mio padre era ancora vivo. Evocavo il nostro rapporto altalenante, lui così razionale, un po’ difensivo, io da sempre preoccupato di non deluderlo. Raccontavo quanto ci volevamo bene senza quasi mai dimostrarcelo. Ero sincero ma spavaldo, come chi si senta ben ancorato a terra. Ora papà se n’è andato e la prospettiva si è rovesciata. Sono finito gambe all’aria. Ripenso ai nostri silenzi e a tutte le parole che avremmo ancora potuto dirci. Tutte le sere dedico lo spettacolo a lui e tutti i padri ormai troppo lontani. Non sono serate tristi, al contrario, perché il mio lo immagino ridere di come faceva con Charlie Chaplin.
So che non posso reggere il paragone, ma so anche che un sorriso benevolo a un figlio non si nega mai.”
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