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“La Felliniana” di ARTEMIS Danza

Andato in scena al Teatro Municipale di Piacenza

Foto di Mirella Verile

Il risveglio dal torpore indotto e costretto dalla pandemia riapre i battenti dei teatri, a cui il richiamo del pubblico risponde come un’eco profonda, impossibile da eludere. Il Teatro Municipale di Piacenza, gioiello architettonico neoclassico del 1804, la cui facciata è ispirata al Teatro alla Scala di Milano, con i suoi 1124 posti, riapre in cartellone con lo spettacolo “Felliniana” della Compagnia ARTEMIS Danza, diretta dalla coreografa Monica Casadei.

Il progetto coreografico Felliniana ricade nel centenario dei festeggiamenti dedicati al grande regista Federico Fellini, spettacolo bloccato nella sua programmazione di tournée all’estero per seguire le normative anti Covid, e sdoganato giusto appunto per renderlo fruibile al pubblico in teatro, reso visibile solo recentemente in versione streaming, e in attesa di essere proposto dal vivo.

Foto di Mirella Verile

Eccitazione e commozione per tutta la Compagnia e i convenuti, in una giornata speciale, ha raccolto un ventaglio di sfumature di sentimenti collettivi ed individuali, come quello di una degli interpreti, Michelle Atoe, a cui l’emozione è esplosa, coinvolta in quanto, oltre che in veste di danzatrice, anche di concittadina.

Il pensiero filosofico ed artistico dell’eclettica coreografa Monica Casadei fonda le sue radici in oltre un ventennio di creazioni artistiche, incontrando culture altre e in residenza in Paesi tra Oriente ed Occidente, con quella particolare cifra stilistica, tagliente come una lama in un linguaggio asciutto, ma non sterile, e l’armonia essenziale della morbidezza del gesto, a tratti dinamico, atletico.

Affronta sempre con grande coraggio, Casadei, personaggi e temi importanti, a volte iconici e quasi intoccabili, senza mai cadere nella retorica. Come in questo caso, omaggiando Fellini, a cui in tempi non sospetti, si rivolge con attenzione per creare lo spettacolo I Bislacchi.

Foto di Mirella Verile

La Felliniana è un susseguirsi di fotogrammi che si srotolano in scena in una dimensione spazio temporale, in cui tutti i personaggi più rappresentativi in movimento circolare danno vita all’essenza dell’anima del Maestro, il cui cinema era moderno e universale, fatto di volti, sensazioni e macchiette. Iconici ed irriverenti, dallo humor romagnolo.

La scrittura coreografica, ispirata al capolavoro film 8 ½ , Oscar nel 1964 quale miglior film straniero e per i costumi, sviluppa il pensiero evanescente e surreale narrato con il linguaggio contemporaneo della danza, rispettandone la messa in scena, dell’umore, malinconico, ironico, clownesco e visionario dei personaggi.

Foto di Mirella Verile

Sulla musica di Nino Rota, i costumi di Daniela Usai, la Compagnia ARTEMIS Danza si compenetra con i trampolieri Dino Serra, Elisa Vignolo e la danza aerea di Amalia Ruocco, roteando nella giocoleria di Andrea Brunetto, intrecciando i personaggi più emblematici felliniani, interpretati dai performer della Filodrammatica Lele Marini – Marco Giorgi, Liana Mussoni, Elisabetta Zani.

Un plauso alla Compagnia ARTEMIS Danza, vigorosa e dallo smalto fascinoso: Samuele Arisci, Michelle Atoe, Jessica D’Angelo, Silvia Di Stazio, Costanza Leporatti, Mattia Molini, Teresa Morisano, Christian Pellino, Salvatore Sciancalepore, Alessia Stradiotti, Davide Tagliavini.

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Foto di Mirella Verile

Curiosità

Il film di Fellini, 8 ½ , più ancora della Dolce Vita, è la più alta espressione artistica del maestro, la cui narrazione verrà chiamata “metacinema”, il fascino metafisico del mistero della 7ma Arte. Il titolo iniziale doveva essere La Dolce confusione, con evidente riferimento al precedente film, La Dolce Vita, di cui può essere definito il suo compimento. La scelta del numero 8 si riferisce ai film che Fellini aveva girato fino a quel momento. Quando venne distribuito il film, per fare comprendere meglio al pubblico i repentini passaggi tra finzione e realtà, le scene delle pellicole vennero caratterizzate da tonalità color seppia. Inizialmente non venne scelto Marcello Mastroianni, ma Laurence Olivier. Artefice di un nuovo linguaggio comunicativo, Fellini è riuscito a parlare con la metafora della vita, di concetti trasversali, di diversità di genere, follia attraverso un caleidoscopio di sentimenti e personaggi esistenziali, attuali e senza tempo.

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