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“L’heure exquise”

Recensione di Letizia Cantù

Alessandra Ferri torna al Royal Ballet per celebrare i suoi 40 anni di carriera con L’Heure Exquise, brano di Maurice Béjart già portato in tournée in Italia durante l’estate dove ha riscosso un grandissimo successo.

Alessandra sceglie il titolo di Béjart per festeggiare un traguardo significativo nella sua vita personale e artistica, presentando in scena una ballerina matura che riguarda indietro alla sua carriera per rievocarne i momenti più significativi.

Un ruolo di spessore, interpretato prima d’ora solo da Carla Fracci e Micha Van Hoecke negli anni 90, che Alessandra ci presenta su un palco che ha segnato l’inizio del suo viaggio artistico oltre che grandi momenti del suo successo (non da ultimo i recenti Woolf Works e Marguerite and Armand).

La pièce si basa sull’opera teatrale Happy days di Samuel Beckett – che quest’anno festeggia i suoi 60 anni dalla prima rappresentazione – dove Winnie, la protagonista, ripercorre la routine della sua vita sepolta da una montagna di macerie che piano piano la sommerge sempre di più.

In questo caso, è una montagna di scarpette da punta rosa a circondare Alessandra fino alla vita, in un’immagine di grandissimo effetto visivo. Ogni scarpetta rappresenta un momento della sua carriera: ‘I remember’ dice infatti la Ferri prendendo un paio di scarpette dalla pila e canticchiando le note del Romeo e Giulietta di Prokofiev.

A differenza della Winnie di Beckett, la nostra protagonista riesce però a liberarsi dal peso dei ricordi per esprimersi sul palco in movimento e parole.

L’heure exquise si configura infatti come un’opera di prosa e danza, dove frasi e gesti ci riportano a grandi classici del repertorio di balletto: il movimento di braccia del lago dei cigni, la testa inclinata di Sylphide sono affiancati tuttavia a riferimenti ad altri stili. Variazioni apparentemente sconnesse tra loro, connesse tuttavia dal fil rouge emotivo che Alessandra riesce a donare semplicemente con la sua presenza scenica.

Vediamo un’altra figura sul palco: si tratta di Carsten Jung, ex principal dell’Hamburg Ballet, nelle vesti del marito – decisamente più presente rispetto alla fonte di Beckett. Il suo ruolo, infatti, non è soltanto di accompagnatore, ma di guida e supporto: emblematico è il momento in cui Jung toglie la pistola di mano alla sua compagna sostituendola con un ombrello rosso. Eh si, compare una pistola tra i vari accessori nella borsa di una ballerina, a ricordarci dei momenti di difficoltà che la carriera da danzatrice comporta.

Ma una volta tolta di mano la pistola, il sorriso ritorna sul volto di Alessandra, quasi a sottolineare che la fatica connessa a questa scelta di vita porta sempre a grandi risultati e soddisfazioni.

L’attività di Alessandra Ferri continuerà comunque nei prossimi mesi: la vedremo infatti impegnata con una prima assoluta a fianco di Carlos Acosta in un trittico con il Birmingham Royal Ballet a novembre.

Non è ancora il momento di salutare la scena, per fortuna!

 

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