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Estetica della partecipazione di Mauro Beltrami  

Recensione di Michele Petullà

È stato pubblicato di recente, ed è da qualche settimana disponibile nelle librerie, il libro Estetica della partecipazione, di Mauro Beltrami, II edizione, Guido Miano Editore, Milano 2021. Il libro porta come sottotitolo Il realismo ontologico di Pavel Florenskij. Si tratta di un corposo e approfondito saggio filosofico, con finalità divulgative (ma non solo, come vedremo), sul pensiero dell’ intellettuale russo, un fine e poliedrico pensatore che solo a partire dal 1991, a seguito dell’apertura degli archivi del KGB, il mondo dell’editoria, della critica e della ricerca, ha riscoperto.

L’opera è il frutto di una rielaborazione, in chiave saggistica, della seconda Tesi di Laurea dell’autore – studioso di filosofia ed epistemologia delle religioni, ha svolto studi di filosofia (Pavia), epistemologia delle religioni (Urbino) e di comparazione tra pensiero occidentale e orientale (Rimini) –, dedicata appunto a Pavel Aleksandrovič Florenskij, e costituisce la sua prima esperienza editoriale, pubblicata dapprima in forma ridotta, nel 2017, e qui presentata invece in forma aggiornata, ampliata, completa e definitiva.

Un’opera, Estetica della partecipazione, in cui l’autore mostra di sapersi muovere con abilità, competenza e profondità di pensiero, nel vasto e complesso mondo che costituisce la vasta elaborazione teorica dell’intellettuale russo. Florenskij, infatti, è un pensatore eclettico, poliedrico, visionario per certi aspetti, che si contraddistingue per la diversità  dei suoi tanti interessi, al punto da poter parlare di una “polifonia” del sapere florenskijano.

Mauro Beltrami da dimostrazione di saper affrontare e trattare tutta la complessità del pensiero di Florenskij con grande capacità culturale e intellettuale e con un’apprezzabile e suggestiva originalità di interpretazione. La qual cosa costituisce indubbiamente un merito per l’autore. Egli, infatti, tratta l’intensa polifonia del sapere di Florenskij con una interessante “policromia” di significati, secondo un’interpretazione che trae linfa dalle riflessioni sulla spazialità dell’autore russo, in cui lo spazio assurge a imprescindibile fondamento culturale. Beltrami, infatti, individua metaforicamente e simbolicamente tre luoghi, tre spazi, tre “stanze” – di colore diverso –, attraverso cui può essere narrato e rappresentato il complesso e vasto pensiero-abitazione di Florenskij. Questi tre spazi, d’altra parte, corrispondono simbolicamente alle tre parti in cui si suddivide l’intera opera di Beltrami. I tre colori e i tre ambienti individuati connotano cromaticamente la natura degli spazi-saperi che vengono presentati e descritti nel corpo dell’opera.

Troviamo così, nella prima parte, la “Stanza verde”, in cui viene trattata la natura, secondo una visione magico-mistica e scientifica; segue, nella seconda parte, la “Stanza oro”, in cui vengono trattate arte ed estetica, ovvero l’arte e la valenza ontologica/epistemologica dell’opera d’arte; si chiude con la terza parte, ovvero la “Stanza azzurra”, in cui si parla di metafisica, etica e cultura, più precisamente del significato metafisico ed etico della cultura, la quale costituisce il terreno in cui l’opera stessa trova il suo effettivo radicamento e significato. All’interno di questi ambienti, spazi-saperi, ci si può muovere liberamente, ovvero ognuno di essi può essere attraversato/visitato/letto indipendentemente dagli altri e senza seguire necessariamente un ordine preciso. Un’opera, dunque, che da questo punto di vista sembra presentarsi, oltre che come libro su Florenskij, anche come libro scritto con Florenskij, con le idee e le suggestioni contenute nelle opere che egli ci ha lasciato.

Anche da questa interpretazione, originale e suggestiva, del complesso pensiero florenskijano, emerge il pregio di un’opera come Estetica della partecipazione ed il merito del suo autore, Mauro Beltrami, che sono quelli di offrirne un quadro sufficientemente chiaro ed esauriente, anche per un neofita della filosofia. L’opera, inoltre, per la sua stessa strutturazione e per la sua profondità di analisi, si presta a soddisfare non solo una finalità divulgativa, ma anche un interesse di maggiore approfondimento sull’opera e la produzione intellettuale dell’autore russo, adattandosi così anche agli interessi più approfonditi degli addetti ai lavori. Un’opera, dunque, che ci permette di apprendere in modo ordinato, strutturato e sistematico, l’intenso percorso intellettuale di Florenskij, della sua produzione letteraria e delle sue poliedriche competenze.

Florenskij è una delle figure più significative e sorprendenti del pensiero religioso russo, oggi riscoperto in gran parte d’Europa come uno dei maggiori pensatori del Novecento. Florenskij è anzitutto un filosofo della scienza, fisico, matematico, ingegnere elettrotecnico, epistemologo, ma anche filosofo della religione e teologo, teorico dell’arte e di filosofia del linguaggio, studioso di estetica, di simbologia e di semiotica. A poco a poco, specie negli ultimi decenni, sono tornate alla luce parti considerevoli della sua vastissima eredità culturale, lasciando emergere la statura di vero e proprio “gigante” del pensiero filosofico, teologico e scientifico, al punto da fargli meritare una esplicita menzione da parte di Papa Giovanni Paolo II nella sua Lettera Enciclica Fides et ratio (1998, cfr. n. 74), dove il pensatore russo viene annoverato tra i grandi filosofi che si sono dedicati alla “coraggiosa ricerca sul fecondo rapporto tra filosofia e parola di Dio”. Nei primi decenni del Novecento, diversi pensatori russi hanno parlato di lui come di un “Pascal russo”, la cui opera andrebbe accostata a quella di sant’Agostino; più frequentemente è stato definito il “Leonardo da Vinci della Russia” (S. Bulgakov, N. Losskij), che brilla per la sua “genialità” (P. Evdokimov) e “originalità” (A. Losev). In effetti ciò che più sorprende dell’approccio scientifico di Florenskij  è “la piena assimilazione dell’oggetto di ricerca, lontana da ogni dilettantismo, unitamente all’ampiezza dei suoi interessi scientifici, la sua rara ed eccezionale personalità enciclopedica la cui grandezza non possiamo nemmeno stabilire per mancanza di capacità equivalenti” (Bulgakov). Lo stupore non è suscitato soltanto dall’incontro con la sua opera, che attraversa le molteplici forme dello scibile con singolare competenza e padronanza dei più svariati registri formali, ma soprattutto dalla sua vita, dall’integrità umana e spirituale della sua persona.

L’opera di Beltrami fa emergere perfettamente questa vastità di pensiero. Essa, poi, trova il suo punto di particolare forza evocativa nella sua particolare ed originale chiave di lettura legata soprattutto al significato che assume in Florenskij il concetto di “partecipazione” – letto tutto in chiave estetica –, e del suo “realismo ontologico”. Dove il “realismo” di Florenskij non è una delle tante ideologie (uno dei tanti ismi) – come ci fa capire la lucida rappresentazione che ne fa Beltrami – bensì l’espressione di un atteggiamento dell’essere di fronte alla vita e alle domande che essa ci pone dinanzi. Vita e sapere coincidono in Florenskij: il pensiero nasce dalla vita, dalla partecipazione attiva ad essa, ed è vitale. La qual cosa porta a concludere che in Florenskij un atto è etico quando è, al contempo, anche ontologico ed estetico.

Dall’opera di Beltrami emerge chiara la “visione integrale” del mondo di Florenskij, che si regge soprattutto sull’assunto secondo cui la “partecipazione” è innanzitutto relazione di e tra i corpi, ovvero, è “partecipazione estetica”, relazione dinamica tra le parti. L’estetica della partecipazione in Florenskij è partecipazione estetica, dove il sapere dipende dall’essere. Da qui la natura relazionale (ed ontologica) della conoscenza, il suo radicamento nell’essere. La partecipazione, per Florenskij, è uno “spazio sacro”, che favorisce l’incontro, la relazione, tra lo “spazio interiore”, ciò che noi stessi siamo, e lo “spazio esterno”, ciò che ci circonda. La partecipazione rappresenta l’unità tra questi due spazi. Il mondo, pertanto, è un unico, grande, spazio relazionale, dove anche la conoscenza ha una natura relazionale, in quanto la conoscenza stessa (il sapere) è partecipazione, piena consapevolezza di “essere parte di” un “tutto”. La partecipazione, dunque, è una necessità della coscienza. La partecipazione è “apertura” e “disponibilità”, in contrapposizione a “isolamento” da tutto ciò che ci circonda. La partecipazione è conoscenza: la comprensione richiede partecipazione e, pertanto, il pensiero scaturisce dalla partecipazione.

Estetica della partecipazione, in conclusione, è un’opera di grande interesse culturale e filosofico, attraverso la quale il suo autore ci conduce abilmente, e con grande competenza filosofica, attraverso gli ambienti (spazi/saperi) che costituiscono il variegato e poliedrico mondo dell’apparato concettuale e teorico, filosofico e scientifico, di Florenskij. Ne viene fuori l’immagine di un uomo e di un intellettuale erudito e di profondità culturale, un pensatore originale e affascinante, su cui, posando lo sguardo, vien voglia di saperne di più. Accostarsi al pensiero di Florenskij, da questo punto di vista, equivale a entrare nella sua visione integrale del mondo che, come una casa, è fatta da una pluralità di ambienti (stanze/saperi), attraverso i quali il lettore è “spinto” a muoversi e ad elaborare le sue riflessioni/ meditazioni. Attraverso i suoi molteplici interessi, come emerge bene dall’opera di Beltrami, Florenskij cerca sempre il senso più profondo dell’insieme, del tutto, quasi fosse un’ esigenza esistenziale. La parola “vita” è cruciale per avvicinarsi a lui, così come lo è la parola “libertà” e, ancora, la parola “simbolo”. E infine, la parola delle parole, ovvero “unità”. L’unità relazionale, costitutiva, tra “spazio interno” e “spazio esterno”, tra spazio intimo, interiore, e ambiente circostante.

Michele Petullà

 

 

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