Dal 5 febbraio all’8 maggio 2022
, il WeGil di Roma, hub culturale della Regione Lazio nel quartiere Trastevere, ospita “Alberto di Lenardo. Lo sguardo inedito di un grande fotografo italiano”, la mostra dedicata a un autore del secondo Novecento rimasto letteralmente nascosto in soffitta e il cui lavoro verrà proposto per la prima volta al pubblico in questa esposizione inedita ed emozionante.
Il progetto è curato da Carlotta di Lenardo, nipote del fotografo, che ne ha svelato il talento dopo la sua morte, avvenuta nel 2018, dando vita al volume “An Attic Full of Trains”, della casa editrice londinese MACK, in cui è raccolta una selezione dello sterminato archivio di immagini ereditato dal nonno. La mostra esposta al WeGil è promossa dalla Regione Lazio ed è realizzata da LAZIOcrea in collaborazione con Creation s.r.l.. Uno scorcio del passato del nostro paese attraverso lo sguardo di un autore rimasto sconosciuto fino alla sua morte. Con questa retrospettiva, il WeGil torna a ospitare la grande fotografia ma lo fa, questa volta, puntando l’obiettivo sul patrimonio artistico nascosto del nostro paese.
“Alberto di Lenardo. Lo sguardo inedito di un grande fotografo italiano” raccoglie 154 immagini che raccontano uno spaccato di vita personale del fotografo: spiagge, montagne, bar, viaggi in auto catturati nei loro colori più vividi e che portano con sé il segno e la bellezza del tempo. Negli scatti di Alberto di Lenardo si ritrova la poesia dei sentimenti che non possono essere espressi a parole ma che, attraverso la pellicola, vengono fissati in un ricordo, condividendo quelle stesse emozioni che il fotografo provò nel mostrare le proprie memorie alla nipote.
Carlotta di Lenardo racconta come, appena sedicenne, durante un pranzo di famiglia, il nonno volle parlarle della sua grande passione per la fotografia e condividere con lei il suo archivio di oltre 10.000 scatti. “Mio nonno ha sempre amato fotografare e ha continuato a farlo per tutta la vita. Era il suo modo di comunicare i suoi sentimenti e gli permetteva di rivelare emozioni che la sua generazione faticava ad esprimere a parole. Le sue immagini riflettono accuratamente la sua serenità interiore, uno stato d’animo che ha sempre cercato di trasmetterci, e allo stesso tempo manifestano la sua costante ricerca di uno scatto rubato e mai banale. Preferiva infatti che i suoi soggetti fossero quasi sempre ignari della macchina fotografica, così da essere spontanei e reali, un puro riflesso del momento. Queste immagini e il modo in cui lui si emozionava mentre le condivideva con me, disegnandole nella sua incredibile e dettagliata memoria, mi hanno fatto innamorare della fotografia e hanno condizionato la mia intera vita lavorativa in questo campo. La fotografia era qualcosa di nostro, qualcosa che lui ed io condividevamo e custodivamo gelosamente”.
Il progetto espositivo porta al pubblico un ritratto intimo e colorato del lavoro fotografico di Alberto Di Lenardo, svolto in oltre sessant’anni di attività. La mostra costituisce un’opportunità davvero unica di consegnare un nome nuovo alla storia della fotografia. In un’epoca che vede il moltiplicarsi di esposizioni dedicate ai grandi maestri o agli interpreti dell’arte visiva a loro ispirati, lo sguardo di Alberto di Lenardo emerge per un suo personalissimo stile che vede l’uso costante di cornici e finestrature che fermano nel tempo momenti di vita vissuta.
La mostra si divide in tre sezioni: nella prima, il lavoro di selezione operato da Carlotta di Lenardo rivela un’estetica e una lettura del mondo comuni tra lei e il nonno: una narrazione intima tra lo sguardo del fotografo e quello della nipote.
La seconda sezione, più raccolta, comprende scatti in qualche modo autobiografici, con alcune immagini in bianco e nero, scattate dal fotografo a partire dall’età di 18 anni, un autoritratto e tre ritratti fatti dalla curatrice durante un pranzo di famiglia nel 2013. Immagini che ripercorrono la storia personale dell’autore e che aiutano a comprendere tre aspetti fondamentali della personalità dell’artista di Lenardo: austera, solare e sempre autoironica.
La terza sezione è composta da 9 pareti tematiche che ripropongono situazioni ricorrenti su cui il fotografo amava puntare l’obiettivo e che si ripresentano quindi costantemente in tutto il suo archivio: parchi di divertimento, ritratti di persone che prendono il sole o guardano l’orizzonte, strade e vedute da macchine e aerei, terminando infine con alcune delle diapositive su cui era solito scrivere la parola “FINE”, per indicare appunto, la fine di un viaggio.
Note biografiche
Alberto di Lenardo è nato il 28 maggio 1930 ad Ontagnano, un paesino in provincia di Udine, dove si trovava la tenuta di campagna della sua famiglia.
Passa l’adolescenza tra Trieste e Udine per poi trasferirsi a Bologna, a causa della guerra. Lì, nell’agosto del 1948, all’età di 18 anni, scatta la sua prima fotografia ereditando dal padre questa grande passione. Nel suo diario annota: “Bologna: veduta dalla mia casa di Viale Risorgimento. Nella casa di fronte, all’ultimo piano, abita una ragazza che mi piacerebbe conoscere…”
Da quel momento non si separerà mai più dalla sua fedele macchina fotografica, una Pentax che avrebbe portato con sé dappertutto, usandola in ogni momento libero, senza cavalletto, alla ricerca dell’attimo perfetto, della giusta angolazione.
All’età di 24 anni ritorna ad Ontagnano con i genitori e inizia a lavorare nell’azienda di famiglia. Nel 1960 conosce Maria Pia Rossaldi, la donna cui rimarrà legato per tutta la vita e dalla quale avrà due figli.
Stabilitosi definitivamente in Friuli-Venezia Giulia, non rinuncia mai all’altra sua grande passione, il viaggio, che lo porterà a visitare molti angoli del mondo: Stati Uniti, Grecia, Croazia, Inghilterra, Francia, Spagna, Egitto, Marocco, Brasile, Repubblica Ceca, Emirati Arabi, Svizzera, Austria, Ungheria.
Apparentemente austero e sempre in giacca anche nelle occasioni informali, come fosse un’uniforme, Alberto non parlava molto dei suoi sentimenti, che riusciva però a esprimere attraverso ironia e autoironia o con gesti, azioni e tramite la fotografia.
Meticoloso anche nel descrivere i singoli momenti catturati con la macchina fotografica, ripercorrendo le emozioni provate durante lo scatto, Alberto fissava i propri ricordi nella memoria.
Negli ultimi anni della vita, persa la mobilità fisica che lo aveva contraddistinto, inizia a rallentare la sua produzione fotografica, senza mai interromperla del tutto. Comincia invece a riguardare e catalogare il suo immenso archivio fotografico, ricordando quanto fatto ma anche ciò che avrebbe potuto fare.
Sedotto dalla tecnologia dei moderni scanner, nel 2006 decide di scansionare tutte le diapositive per poi ingenuamente gettarle via, a testimonianza del fatto che per lui quegli scatti fossero ricordi personali
Si ammala gravemente nel 2018 e viene a mancare nel giugno dello stesso anno, all’età di 88 anni.