Le origini del kesa (termine giapponese che traduce dal sanscrito kasaya ovvero “ocra”), la veste indossata dai monaci buddhisti, sono antichissime e leggendarie.
Secondo la tradizione fu infatti il Buddha stesso a chiedere al suo discepolo Ananda di realizzare un abito che tutti i suoi seguaci potessero indossare e che fosse somigliante alle geometrie delle risaie in cui amava passeggiare. L’uomo lo accontentò e cucì una veste semplicemente assemblando tessuti di recupero. Da allora i monaci realizzato i kasaya (che prenderà il nome di kesa quando il Buddhismo entrerà in Giappone) unendo vecchi lembi di stoffe, scampoli spesso laceri e rovinati e tinti con terre umili (ocre, da cui il nome), che vanno a comporre una veste unica, “il più prezioso degli abiti”, simbolo di semplicità e purezza.
Dal 28 marzo viene eccezionalmente esposto al pubblico, in occasione di una delle periodiche rotazioni a fini conservativi che interessano la galleria dedicata al Giappone, uno dei tesori delle collezioni del MAO, un kesa di epoca Edo (sec. 1603-1967) in raso di seta verde broccato, decorato con gruppi di nuvole e una serie di motivi circolari sparsi, ognuno dei quali ricorda una corolla floreale stilizzata.
La scelta e l’accostamento di colori, oltre alla stessa iconografia, rimandano agli analoghi tessuti realizzati in Cina già durante l’epoca Tang e sono frutto di commistioni e di influenze reciproche fra Cina e Medio Oriente che, nei secoli, hanno fatto viaggiare sulle antiche rotte commerciali non solo merci preziose, ma lingue, stili, saperi.
Su queste stesse rotte ha viaggiato anche il secondo kesa esposto, un raro esemplare creato a partire dal cosiddetto “broccato di Ezo”, un tipo di tessuto giunto in Giappone dalla Cina attraverso la zona di Ezo, l’attuale Hokkaido, terra degli Ainu. Il tessuto in seta e argento a strisce presenta una decorazione floreale molto ricca: su uno sfondo brillante di color rosso-arancio sono intessuti grandi tralci di peonia e altri fiori, accostati a simboli augurali, fra cui spicca il motivo ricorrente della moneta, stilizzata secondo l’uso cinese nell’anagramma degli “Otto Tesori”.
INFO
MAO Museo d’Arte Orientale – Via San Domenico 11, Torino – www.maotorino.it