giovedì, Marzo 28, 2024

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Maqam – di Mk

Recensione di Lavinia Laura Morisco

Maqam di Mk alla Triennale di Milano: 

danza in musica o musica in danza? 

In scena al FOG Triennale Milano Performing Arts 2022 dal 30 al 31 marzo, Maqam è l’ultimo lavoro della compagnia Mk che vede l’incontro di Michele Di Stefano fondatore e coreografo, con il Jazzista Amir ElSaffar (canto, tromba e santur) e il compositore elettronico Lorenzo Bianchi Hoesch. Mk è sulla scena dal 2000 reduce da tour mondiali e premi importanti. 

Maqam – che tradotto dall’arabo è luogo, posizione, stazione, scala – è un’immersione dentro un soundscape stratificato e luogo di contaminazioni sonore, ma è anche uno spazio che si crea e si espande attraverso il moto dei corpi nel suono.

Corpi perfetti  si stagliano al buio su una tela – sfondo illuminata di rosso, sembrano emanazioni luminose del buio e del nero, nota cromatica predominate nello spettacolo-performance, ma anche negli abiti di scena. In perfetto stile Mk, la coreografia parte dal concetto di improvvisazione, qui traslato dal sistema di organizzazione melodica della musica araba tradizionale. Sul palco insieme ai danzatori e attivo per quasi tutto lo spettacolo, c’è il Jazzista Amir ElSaffar che con il suo canto conduce chi ascolta all’interno di un trip ipnotico che stordisce e lascia spazio all’immaginazione verso luoghi altri.

Interessante l’intervento di Lorenzo Bianchi Hoesch, compositore e sound artist resident a Parigi in collaborazione pluriennale con Mk. La sua partitura elettronica che interagisce  con le coreografie, conferisce all’insieme una nota innovativa e sembra tracciare lo scheletro di una mappa di movimento nello spazio insieme ai corpi.  La composizione coreografica si  avvale quindi dell’improvvisazione che diventa parte stessa della coreografia e che vede senza dubbio l’esito più felice nell’incontro del concept coreografico di Di Stefano con le musiche di Bianchi Hoesch.

I corpi si intrecciano, ruotano come vortici fino a unirsi in una danza tribale collettiva in cerchio- in cui ci si incontra, ci si avvicina l’un l’altro, ci si tocca come ne “La Dance” di Matisse – diventano a volte un unico corpo, a volte si distinguono in assoli intimi in un’atmosfera senza tempo generata dal connubio con la voce di ElSaffar. 

Sono silhouette in equilibrio-instabile che tracciano direzioni nette e disegnano linee, scale e giri nell’aria, senza mai palesarsi, ma perdendosi nel buio.

Il lavoro di Di Stefano mostra una maturità artistica sempre in progress e un interesse notevole verso altri linguaggi artistici e culture, in cerca di un nuovo concetto di danza che va oltre le definizioni, ma che prova a autocrearsi come organismo che vive in altre forme d’arte, trovando una propria indipendenza e autonomia, pur navigando in un’onirica e cullante interazione con esse. 

 

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