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Maurizio Zanon FRALEZZE

Recensione di Raffaele Piazza

Maurizio Zanon è nato nel 1954 a Venezia dove attualmente risiede.

La breve silloge del Nostro, che prendiamo in considerazione in questa sede, contiene altrettante brevi liriche che assemblandosi tra loro come tessere di un mosaico o fili di un tessuto potrebbero costituire, anche per il fatto di non essere scandite un poemetto anche per l’unitarietà formale e contenutistica.

Come scrive Enzo Concardi nella prefazione, con Fralezze Maurizio esprime la sua visione della vita, ovvero l’effimero esistenziale della condizione umana. L’osservatorio da cui scruta il mondo è ora quello della vecchiaia e il richiamo autobiografico d’una corsa che va verso il capolinea è costante, pur alternando negli esiti lirici, stati d’animo fatalistici e crepuscolari ed altri speranzosi e valoriali.

In Memorie, primo componimento della raccolta, leggiamo nell’incipit:  «Ricordo il caldo del focolare / sciogliersi nel profumo di polenta / la neve sgocciolare nelle notti / cariche di stelle, oppure l’estate al mare / dove mettevano le ali i miei sogni. / E ancora i giorni dell’infanzia / quando si rincorrevano le farfalle…». Nei suddetti versi si respira l’aria di una sinfonia domestica, per usare una metafora musicale, e non si avverte il dolore di un rimpianto che sarebbe uno gemersi addosso ma invece emerge dalla chiarezza e dalla luminosità, nonché dalla bellezza e dalla precisione del dettato, una riattualizzazione di un tempo passato eticamente di segno positivo perché oltretutto è salutare discendere con la memoria nei meandri dell’infanzia, dell’adolescenza e della vaghezza di un tempo passato, salutare per l’anima e per il corpo e del resto praticare o anche leggere la poesia fa bene anche tramite la fusione di conscio e inconscio che porta all’equilibrio mentale e spirituale all’armonia e all’equilibrio in tutto anche nel tran tran della vita quotidiana. 

Bello il verso «mettevano le ali i miei sogni» e oltretutto i sogni stessi sono generatori non solo di poesie ma anche di musiche e dipinti, quadri con i loro misteri. Il poeta maturo rivive i giorni in cui si rincorrevano farfalle e queste ultime divengono espressioni di pensieri volanti di voli della mente nel librarsi verso spazi siderei da paragonarsi con la dovuta cautela agli spazi infiniti leopardiani.

Zanon scrive nella lirica Poeta? «non dirmi poeta / io non so lavorare bene la seta» dichiarando la sua identità con una dichiarazione di modestia. La suddetta dichiarazione fa venire in mente i versi del crepuscolare Corazzini che dichiarava: «non sono un poeta, sono un bambino che piange».

In La terapia  – e qui si torna ad uno dei discorsi precedenti – il poeta scrive che la poesia stessa l’ha salvato da cose futili e questo dimostra ulteriormente la forza catartica della poesia stessa che è pensiero divergente contro la liquidità e l’alienazione del nostro tempo: «Ciò nonostante / in ogni bisognoso istante / la poesia mi ha aiutato / da cose futili mi ha salvato».

Diviene tout-court un esercizio di conoscenza questa scrittura che ha forse un’impronta vagamente minimalistica e che è sicuramente neolirica e originale nel dono di una pace che produce nel lettore emozionandolo.

Raffaele Piazza

Maurizio Zanon, Fralezze, prefazione di Enzo Concardi, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 68, isbn 978-88-31497-96-1, mianoposta@gmail.com.

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