Il Teatro Astra è spesso pieno di spettatori: buona programmazione, aficionados, prime importanti. Non me lo sarei aspettato per uno spettacolo teatrale divenuto famoso sopratutto per i due bei film, molto visti in Italia, tratti da questo testo. Pensavo di conoscerlo ormai bene, e come me il pubblico torinese, ed invece sono stato smentito. Con grande piacere. La sala era stracolma, potendo si sarebbero seduti anche sui gradini, e ne avevano tutte le ragioni. È stato davvero un bello spettacolo: divertente, intelligente, ironico, profondo, mai eccessivo e sempre alto. È stato rappresentato per la prima volta a Parigi nel 2010 LE PRÉNOM di Matthieu Delaporte e Alexandre de La Patellière, ed ha ottenuto ben sei nomination al Prix Molière dell’anno seguente. Adattato immediatamente per il grande schermo dai suoi stessi autori, con il titolo in Italiano Cena tra amici ebbe subito un grande successo, grazie sopratutto al passaparola. E tre anni dopo, Francesca Archibugi ne ha fatto un nuovo adattamento cinematografico con il titolo Il nome del figlio, a mio avviso altrettanto bello. Ed anche se conoscevamo benissimo la storia, noi pubblico, siamo entrati in questa messinscena come se fossimo all’oscuro di tutto, abbiamo seguito le avventure dialettiche di questo gruppo di amici, anzi di veri amici, con passione e trasporto. Riuscire a mettere su un palco una intera generazione, che forse comprende quarantenni e sessantenni, in modo così profondo ma al tempo stesso lieve, senza cercare giustificazioni ideologiche o post sessantottine, distruggendo le poche certezze rimaste ma comunque mai perdendo la speranza di uno scatto di reni per una, anche piccola, riabilitazione. È davvero un testo drammaturgico notevole e per la versione italiana si è coinvolto lo stesso Fausto Paravidino, fra i più conosciuti drammaturghi nostrani, che è riuscito a mantenere una impronta tutta francese, anzi meglio: parigina. La capacità attoriale davvero sorprendente di tutto il gruppo, sia per i dialoghi serrati che ha costretto il pubblico a non rilassarsi mai per le quasi due ore di spettacolo, e sia le scelte registiche, originali ed efficaci per permettere di esprimere appieno lo spessore e la ricchezza del testo ne fanno uno dei più belli visti in tutta la stagione. Particolare la presentazione dei personaggi e del luogo: la voce fuori campo che nel film spiegava chi erano e cosa stava per succedere è stata fatta da un attore coinvolto direttamente nella pièce, come se fosse invisibile agli occhi dei suoi compagni spiegava e narrava fatti accaduti con naturalezza e simpatia, diventando poi “visivo” quando il suo personaggio entrava ufficialmente in scena. La storia: “Una sera come tante altre tra cinque amici, tutti appartenenti alla media borghesia. Oltre ai padroni di casa, insegnanti, ci sono il fratello di lei che fa l’agente immobiliare e la sua compagna in ritardo a causa di un impegno di lavoro con dei giapponesi, mentre l’amico single (sospettato di essere omosessuale) è trombonista in un’orchestra sinfonica. Quella sera, il fratello comunica alla compagnia che diventerà padre: sarà maschio o femmina, che nome gli metterete?” Posso dire di avere trovato particolari ed aspetti che non mi avevano colpito nei due film, che ho apprezzato come originali e ricchi di significato, sulla valenza dell’amicizia e sulla difficoltà di esprimere i propri sentimenti, cercando di essere sempre sè stessi. La scenografia, apparentemente semplice, era invece studiata per poter dare l’impressione al pubblico di avere tutto l’appartamento sotto controllo, cucina ed entrata compresa. Il pubblico si è fatto sentire spesso con applausi a scena aperta ed ha costretto tutti gli attori a tornare più volte sul palco per i ringraziamenti.
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LE PRÉNOM di Matthieu Delaporte e Alexandre de La Patellière
con Alessia Giuliani, Alberto Giusta Davide Lorino, Aldo Ottobrino, Gisella Szaniszlò
regia Antonio Zavatteri
scene e costumi Laura Benzi
luci Sandro Sussi
versione italiana Fausto Paravidino
produzione Teatro Stabile di Genova