“Grazie al pubblico romano: quando un teatro va “molto forte” almeno il 95% del merito è del pubblico, per cui grazie veramente”. Comincia così il doveroso discorso di Gigi Proietti, direttore artistico del Silvano Toti Globe Theatre di Roma, in occasione della prima della ripresa de La Tempesta che coincide anche con lo spettacolo inaugurale della nutritissima stagione di Villa Borghese. Proietti illustra le tante novità: la presenza di due laboratori, uno, proposto da Alvaro Piccardi (regista di Pene d’amor perdute) su un testo recentemente attribuito a Shakespeare, I due nobili congiunti, con giovani attori protagonisti, l’altro sulla Lucrezia, opera giovanile del Bardo, opera letteraria che sarà trasposta in opera drammaturgica. Si preannuncia anche molto interessante per l’affezionato pubblico anche l’inizio cauto di collaborazione con la Casa del Cinema a Villa Borghese: tutti i lunedì, giorno di riposo del Globe, alla Casa del Cinema saranno proiettati i film tratti dalle opere di Shakespeare poi rappresentate nella stagione teatrale (Branagh, Greenway, Olivier). E dopo il breve discorso di Gigi Proietti si alza il sipario, o meglio comincia l’artificio della Tempesta. L’allestimento è molto imponente e articolato, la rilettura proposta, articolata su molteplici piani, misteriosa e metateatrale. Si va dalla chiave di lettura più immediata alla più complessa: la Tempesta diventa allor simbolo della caduta a picco della moralità e della società, l’isola rappresenta un microcosmo artificioso in cui si sovrappongono le passioni e i vizi degli uomini, ma sulla quale finalmente ciascuno ritroverà sé stesso. L’incipit è violento e sorprendente, con la furibonda scena della tempesta e del naufragio, la vicenda costantemente quasi offuscata agli occhi degli spettatori, a supporto della visione onirica e magica dell’isola. Su tutti impera Prospero, esiliato Duca di Milano, interpretato ancora una volta con paterna e solenne autorevolezza da Giorgio Albertazzi, onnipotente, demiurgo dell’Isola, deus ex machina del destino di ciascuno. Intorno a lui un nutrito cast di attori bravissimi: lode al Gonzalo di Virgilio Zernitz, ottimo l’Antonio di Carlo Valli, ma risultano molto intensi Melania Giglio, il purissimo spirito Ariel, agile e soffrente, dai modi infantili e leggiadri, un indefinito uomo-donna che recupera la sua identità solo con la libertà, e il Caliban di Gianlugi Fogacci, essere animalesco e viscido, mostruosamente sofferente. Certo, gli effetti sonori e visivi non lasciano certo indifferenti e contribuiscono in modo decisivo a mantenere intatta la magia dell’artificio, attraverso escamotage registici (le apparizioni improvvise, le dislocazioni di Ariel etc.), ma anche attraverso le scene, non poco sorprendenti di Alessandro Chiti che, sfruttando pienamente la struttura naturale del Globe, si arricchiscono di pesanti tendaggi barocchi, di lunghe funi da sistemare, di antri misteriosi o di simboli magici imponenti. In equilibrio fra la rilettura audacemente corretta, a tratti barocca e inquietante, La Tempesta è uno spettacolo di grande equilibrio e di notevole fascino emotivo. Dopo il debutto del 1 luglio lo spettacolo resta in scena fino al 17 luglio.
Fabiana Raponi