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Attila di Verdi alle Terme di Caracalla, Roma

Alle Terme di Caracalla va in scena l’Attila di Verdi, opera giovanile del Maestro di Busseto che forse, pur non arrivando alla grandiosità dei capolavori successivi, è straordinariamente efficace sotto il profilo teatrale. Ed ecco perché a distanza di pochi mesi dalla messa in scena al Costanzi di Roma (diretto da Riccardo Muti), Attila viene proposto anche nel cartellone estivo delle Terme di Caracalla. Attenzione però perché non si tratta dello stesso spettacolo: Pierluigi Pizzi, scenografo e regista anche al Teatro dell’Opera, ha ripreso lo spettacolo ripensandolo appositamente per il maestoso complesso archeologico. E mai come in Attila la visione della Roma antica e imperiale diventa pertinente. Di fatto negli intenti di Pizzi resta una nuova rilettura di tutti i personaggi al di là di ogni convenzionalità tramandata e forse paludata: Attila rappresenta la lealtà, Odabella il tradimento, Ezio l’arrivismo politico, Foresto l’ingratitudine e la regia non fatica a far emergere tutto ciò. Attila non è dunque il vituperato flagello di Dio, ma diventa un uomo nobile e quasi misericordioso, sincero: è lui, non appena entrato in scena, che spegne subito con il mantello rosso l’incendio appiccato ai libri. Bruciare i libri (vedi la Biblioteca di Alessandria, ma Pizzi ha pensato trasversalmente anche a Fahrenheit 451 di François Truffaut da Bradbury, 1966) va a connotare subito positivamente il re degli Unni e a restituirgli un quid di umanità al di là della storica foga distruttrice. Anche la scenografia è stata appositamente ripensata per Caracalla: al centro una possente scalinata di marmo, un grandioso cavallo in bronzo e gli alberi, sullo sfondo la grandiosità della Roma imperiale che non vuole cedere davanti ai barbari e che si staglia sull’intera vicenda. La regia di Pizzi ricerca una certa semplicità sempre legata alla tensione musicale e pronta a illuminarsi repentinamente in alcuni effetti teatrali, come l’entrata in scena di Attila che spegne il rogo e salva la cultura, l’innalzarsi della croce nel prologo, l’ingresso di Leone o le danzatrici in viola. Belli i costumi d’epoca (sempre di Pizzi), giocati soprattutto sul contrasto emotivo fra il rosso (indossato da Attila, simbolo del potere nascente) e tutti gli altri colori, dal bianco al nero, sottolineato come ogni momento dell’opera dalle funzionalissime luci di Vincenzo Raponi. La maestosità di Attila e il suo repentino e sincero amore per Odabella vengono ben incarnati dal possente basso bulgaro Orlin Anastossov, voce omogenea, capace di regalare sfaccettature e fragilità a un personaggio grandioso, ma complesso anche nel portamento. Fiera e vendicativa la Odabella di Lucrezia Garcia, bella voce che brandisce in ogni momento la daga in mano fino al repentino finale (a sorpresa); apprezzatissimo l’Ezio dalla bella presenza di Dario Solari (già Macbeth verdiano in apertura di stagione), un po’ meno convincente il Foresto di Khamen Chanev.

La regia di Pizzi tende a uniformare il Coro (maestoso, diretto da Roberto Gabbiani) portandolo soprattutto a isolare al centro, e molto teatralmente i personaggi (Attila, in primis, che divora la scena calcandola continuamente). Partitura fremente e teatrale, sottolineata in tempi rapidissimi e in molteplici coloriture di vibrante drammaticità dalla direzione di Donato Renzetti sul podio. Grandi applausi per un’opera non troppo celebre, ma che colpisce per la cifra stilistica lussuosamente elegante e vibrante di Pier Luigi Pizzi. Ultima replica stasera alle ore 21.00

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