Prosegue il sodalizio artistico fra Fabio Grossi e Leo Gullotta che, dopo Pirandello e il grande successo delle Allegri comari di Windsor di Shakespeare, si ritrovano per un’altra delle più note commedie del Bardo, Sogno di una notte di mezza estate, prodotto dallo Stabile di Catania.
In scena al Teatro Eliseo di Roma fino al 24 febbraio, il Sogno di Grossi strizza l’occhio all’attualità, opera qualche taglio, ma mantiene i cinque atti trasformando il testo in una specie di commedia musicale impegnando la numerosa compagnia in scena fra balletti e canzoni.
Grossi (già brillante Puck nel Sogno di una notte di mezza estate di Riccardo Cavallo in scena al Globe) ripensa il Sogno all’insegna della contemporaneità e quasi della parodia di diversi generi muovendosi come di consueto fra la divisione dei quattro mondi in scena, articolando quattro strutture del tutto opposte. Da una parte c’è il livello dei potenti, degli aristocratici, di Teseo e Ippolita, in linea con il periodo storico, con la solennità della corte ateniese e una certa convenzionalità d’essere e d’apparire (anche recitativo). Idem per il mondo dei giovani innamorati, Lisandro, Elena, Hermia e Demetrio.
Dall’altra c’è il mondo terreno dei bifolchi, degli umili attori-artigiani che mettono in scena la tragedia di Piramo e Tisbe, fra contaminazioni linguistiche, sgrammaticature e fisicità, la parte più spassosa in cui primeggia un camaleontico Leo Gullotta nei panni di Bottom, in bilico fra sogno e realtà, vero punto di riferimento in scena fra divagazioni oniriche e libertà linguistica.
Infine il bosco, il regno delle fate e degli elfi, dei litigiosi Titania e Oberon che si contendono un giovane in un ambiente che ricorda quasi la trasgressione dei Rocky Horror Picture Show fra borchie e costumi fetish in versione dark, dove emerge l’irruenza del pasticcione Puck (Alessandro Baldinotti) in versione mefistofelica.
Il Sogno si trasforma allora una sorta di fiaba moderna contaminata con le musiche del maestro Germano Mazzocchetti rigorosamente cantate dal vivo: l’intento poi di attualizzare il plot, mostrandoci gli umili e potenti persiste in ogni momento con uno sguardo particolare a ciò che è squisitamente comico, esaltato in ogni accento, nello stridente incontro d’amore fra Titania e Bottom in versione asino o negli equivoci fra le due coppie di innamorati (buoni i tempi comici di Hermia).
Fra significati reconditi e sottesi, lo spettacolo è molto diretto e arriva immediatamente al pubblico con una certa facilità dimostrando l’incredibile versatilità e la bellezza di un testo imperituro. In scena fino al 24 febbraio al Teatro Eliseo di Roma.