Tragedia in un atto
Libretto di HUGO VON HOFMANNSTHAL
Musica di RICHARD STRAUSS
(Editore Fürstner/Schott, Mainz. Rappresentante per l’Italia Casa Musicale Sonzogno di Piero Ostali, Milano)
Prima rappresentazione: Dresda, Königliches Opernhaus, 25 gennaio 1909
Prima rappresentazione al Teatro alla Scala: 6 aprile 1909 (in italiano)
Nuova produzione
In coproduzione con Festival di Aix en Provence, Metropolitan Opera di New York, Finnish National Opera di Helsinki, Staatsoper Unter den Linden di Berlino, Gran Teatre del Liceu di Barcellona
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Direttore ESA-PEKKA SALONEN
Regia PATRICE CHEREAU
ripresa da VINCENT HUGUET
Scene RICHARD PEDUZZI
Costumi CAROLINE DE VIVAISE
Luci DOMINIQUE BRUGUIERE
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Personaggi e interpreti principali
- Klytämnestra Waltraud Meier
- Elektra Evelyn Herlitzius
- Chrysothemis Adrianne Pieczonka
- Aegisth Tom Randle
- Orest René Pape
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala
Maestro del Coro Alberto Malazzi
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Date:
Domenica 18 maggio 2014 ore 20 ~ prima rappresentazione
Mercoledì 21 maggio 2014 ore 20 ~ turno E
Sabato 24 maggio 2014 ore 20 ~ turno C
Martedì 3 giugno 2014 ore 20 ~ turno A
Venerdì 6 giugno 2014 ore 20 ~ turno D
Martedì 10 giugno 2014 ore 20 ~ turno B
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Prezzi: da 210 a 13 euro
Infotel 02 72 00 37 44
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Domenica 18 maggio l’opera sarà trasmessa in diretta stereofonica da RAI Radio Tre
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L’opera in breve – Emilio Sala
Nonostante gli argomenti addotti da Hofmannsthal
per ridimensionare la stretta
parentela tra Salome ed Elektra che tanto
preoccupava Strauss (“Tutte e due sono
in un atto, ognuna ha per titolo un nome
di donna, entrambe si svolgono nel mondo
antico, entrambe le ha recitate a Berlino
per la prima volta la [Gertrud] Eysoldt:
credo che tutta la somiglianza stia
in questo”), non si può negare che per noi
oggi le due opere (Salome ed Elektra) sono
profondamente legate fra loro – quasi
un dittico espressionista. D’altra parte, gli
elementi comuni evidenziati da Hofmannsthal
non sono pochi e ad essi se ne
deve aggiungere un altro, fondamentale,
di natura sia tematica sia strutturale: entrambe
le eroine sono in preda a un’ossessione
morbosa, che costituisce il vero
soggetto del dramma lungo tutto l’arco
del suo corso (come Salome, Elektra non
abbandona mai la scena), in un crescendo
a dir poco conturbante e culminante in
un assolo di danza+morte che sconfina
nel delirio e (quasi) nella crisi isterica. In
questo quadro, non è fuori luogo associare
il nostro dittico espressionista all’atonale
(atonalità sfiorata in vari luoghi di
Elektra) monodramma di Schönberg
Erwartung, del 1909 come Elektra, appunto.
Così come non va dimenticato il
contesto culturale di quegli anni, dagli
Studi sull’isteria di Freud e Joseph Breuer
(1895) al violento e misogino Sesso e carattere
di Otto Weininger (1903). Certo,
ciò premesso, non si può nemmeno sottovalutare
l’importanza del diverso trattamento,
nelle due opere, delle costanti
drammaturgiche di cui s’è detto: mentre
Salome (tanto in Oscar Wilde quanto in
Strauss) è una mescolanza di esotismo
orientaleggiante ed erotismo perverso,
Elektra (tanto in Hofmannsthal quanto in
Strauss) è innanzitutto un’interpretazione
moderna di un mito antico. La danza di
Salome, quantunque imprescindibile a livello
narrativo, resta in fondo un segmento
musicale abbastanza autonomo e autosufficiente;
la danza di Elektra è invece
più saldamente integrata alla struttura
del dramma di cui costituisce il punto apicale.
La coerenza interna della partitura
straussiana è peraltro sempre stata sottolineata
dai musicologi. Essa viene realizzata
attraverso un uso simbolico-drammaturgico
delle aree tonali e una fitta serie
di richiami tematico-leitmotivici. L’attacco
ex abrupto del dramma, senza neppure un breve preludio, ostenta immediatamente
uno dei temi più pervasivi dell’opera:
l’urlo interiore “A-ga-MÉ-mnon!”,
il tema espressionista del nome del padre
che ci scaraventa subito, sulle note della
triade di re minore, nell’ossessione di
Elektra.Tale tema, presentato in versione
puramente strumentale, sonorizza anche
quella sorta di non-detto o di indicibile
legato al trauma originario dell’assassinio
di Agamennone. Per quanto riguarda l’uso
simbolico delle aree tonali, è interessante
notare come alcune di queste ultime
assumano un significato drammatico
che va al di là dei confini dell’opera in
questione. Il mi maggiore, ad esempio,
tende in tutto Strauss a essere associato
alla sfera erotico-dionisiaca: basti pensare
a Don Juan o all’esordio di Der Rosenkavalier.
Così, non è un caso che la danza
bacchica di Elektra dopo l’assassinio di
Egisto si collochi nell’area tonale di mi
maggiore. Ma, per restare dentro il perimetro
di Elektra, non è forzato affermare
che il re minore rinvia a Oreste, il mi bemolle
a Chrysothemis, il fa maggiore a
Egisto ecc. Naturalmente, assai più complessa
è in questo senso l’espressione musicale
di Klytämnestra e di Elektra. La
prima è caratterizzata musicalmente dal
cruento insieme bitonale degli accordi di
si minore e fa minore, a distanza di tritono
(il suo “sogno” è sempre stato considerato
il luogo linguisticamente più
espressionista della partitura e quello più
adatto a essere confrontato con il mondo
sonoro di Schönberg); la seconda è contrassegnata
dal famoso “Elektra-
Akkord”, che combina insieme gli accordi
di re bemolle maggiore e mi maggiore
in una costruzione politonale carica di inquietudine
cromatica e chiaramente
“eversiva” (in ciò contrapponendosi al tema
del nome-motto “Agamemnon” che è
invece di stampo monotonale e diatonico).
D’altronde, com’è noto, la violenza
espressionista, il parossismo armonico e il
cromatismo esasperato raggiungono in
Elektra una sorta di punto di non-ritorno
all’interno della parabola creativa straussiana.
Giunto sulla soglia, il compositore
si volta indietro: ai deliri di Elektra succederà
il mozartiano Rosenkavalier