di Cesare Lievi
Personaggi e interpreti:
La signora: Galatea Ranzi
La donna: Sara Putignano
La bimba: Letizia Angela Tonoli
Balia: Dorotea Aslanidis
Regia: Cesare Lievi
Scene: Josef Frommwieser
Costumi: Marina Luxardo
Luci: Cesare Agoni
Produzione: Teatro Stabile di Bolzano, Emilia Romagna Teatro Fondazione
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Lo Stabile di Bolzano ha chiuso la stagione, intitolata Sguardi femminili a teatro, con la prima assoluta di Soap opera, intelligente lavoro di Cesare Lievi incentrato sul rapporto tra donna, uomo e potere. Ricca vedova si appresta a diventare capo di Stato e non sa quale aspetto assumere per le foto della campagna elettorale. Seducente? Intellettuale? In realtà, dietro alla toletta, si cela la fragilità di una donna dipendente per sessant’anni dalle scelte castranti del padre, della tata e dei mariti. Negata perciò ogni possibilità di autoaffermazione e venute meno le sicurezze esterne, la signora percepisce la necessità del far da sé. Nel lungo dialogo con la balia cadranno i veli dei vizi privati e delle pubbliche virtù, mentre lo spirito trentacinquenne della donna che non fu tornerà a trovarla, ricordandole cosa avrebbe dovuto, o potuto, succedere. Parafrasando Beaumarchais, si nasce per essere saggi e lo si diventa solo quando si arriva a ragionare di testa propria.
Il testo di Lievi, replicato a Bolzano in dodici date, presenta spunti assai interessanti. In primis, la poetica degli oggetti. Qual è l’orpello migliore per trasmettere l’immagine del potere? Il lutto va bene, si ripete più volte la presidente, ma cosa aggiungerci? Un ventaglio? Un rosario? Una stilografica? Degli occhiali? Ecco dunque il culto narcisistico del leader che ritrova nel magnetismo dello specchio l’apparente porto sicuro dell’estrema fiducia in se stessi. Aleggia poi, tra atmosfere genetiane e fassbinderiane, del palese masochismo, fisico e mentale, in questa camera matrimoniale, non a caso terreno di caccia dell’impavida first lady.
Galatea Ranzi, la signora, è senza ombra di dubbio artista totale, che si cala perfettamente nella tensione della parte. Fisico perfetto, tratti curati, acconciatura impeccabile, è il ritratto di una donna di successo, ma insicura nel privato dell’alcova. Personaggio impegnativo il suo, senza nome perché universale, richiedente una spiccata femminilità e una carica erotica non da poco, a sottolineare come attuale sia quel flebile confine tra sesso e potere. Sara Putignano, l’anima trentacinquenne della presidente, confonde la protagonista, insinuando con fare tagliente i limiti delle scelte compiute. Letizia Angela Tonoli, la bimba capricciosa e vanesia, già prefigura le manie dell’età adulta. Dorotea Aslanidis è la balia, legata alla figlioccia da un legame morboso. Pur avendola plasmata con saggezza, perderà la partita perché nell’esistenza della padrona c’è posto per una sola donna, ossia se stessa.
La regia di Cesare Lievi gioca con gesti ben marcati, sguardi intensi e penetranti, passi nervosi, indice di un disagio interiore a lungo represso. Le scene di Josef Frommwieser ricreano una sala posa, con le pareti sostenute da tiranti a vista, i riflettori e le telecamere in bella mostra, ad accentuare ulteriormente il cortocircuito tra realtà e finzione. Tutti i costumi di Marina Luxardo virano tra il bianco e il nero, creando un’eleganza patinata ben evidenziata dalle luci di Cesare Agoni.
Applausi da parte di un pubblico non nutrito, ma fortunato per aver assistito a uno spettacolo unico poiché, oltre alle repliche a Modena dal 7 al 29 novembre prossimo, per Soap opera non è ancora prevista una tournée nazionale.