Direttore: Victor Hugo Toro
Coreografia: Ivan Cavallari
Violino solista: Anna Tifu
Pianoforte: Pietro Salvaggio
Primi ballerini ospiti: Dongting Xing, Dane Holland
Primi ballerini: Alessia Gelmetti, Teresa Strisciulli, Amaya Ugarteche, Evghenij Kurtsev, Antonio Russo
Orchestra, Corpo di ballo e tecnici dell’Arena di Verona
Direttore del Corpo di ballo: Reanto Zanella
Direttore allestimenti scenici: Giuseppe De Filippi Venezia
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Ivan Cavallari debutta a Verona con uno spettacolo curioso ed elegante. Dopo una carriera prestigiosa da solista alla Scala, allo Stuttgart Ballet e al Bolshoi, Cavallari ha ottenuto nel 2007 la direzione artistica del West Australian Ballet per poi tornare in Europa nel 2013 per dirigere il Ballet de l’Opéra National du Rhin. Strings, s’intuisce, non sono solo le corde degli archi, ma anche quei fili che uniscono gli esseri umani in maniera visibile o invisibile. Un legame tra possibile e impossibile, tra energia cinetica e potenziale che già s’era vista nel Drawing Restraint di Matthew Barney – e pure qui corde elastiche legano i ballerini in passi costretti.
La prima parte prevede brani per violino e pianoforte, un excursus musicale da Pugnani a Paganini che si chiude con l’Adagio di Barber. Nel passo a cinque Annalisa Bardo, Marco Fagioli, Vito Lo Russo, Leonardo Cusinato e Mirand Pulaj tirano e lanciano corde quasi a prolungare le linee che disegnano loro stessi. Il passo a tre sulla Partita in re minore di Bach è un triangolo amoroso ove Alessia Gelmetti rimane legata mano e piede, accompagnata da Evghenij Kurtsev e Antonio Russo in sollevamenti e figure d’una rarefatta schematicità. Donting Xing e Dane Holland, primi ballerini de L’Opéra National du Rhin, s’impegnano in prese originali e tecnicamente elaborate accompagnati dalle Variazioni di bravura sul tema di Mosè in Egitto di Paganini. L’Adagio di Barber, votato dagli ascoltatori del Today Programme della BBC come brano più triste mai scritto – non a caso eseguito alle esequie di Einstein, J. F. Kennedy, Grace Kelly e Ranieri III di Monaco – evoca scenari che associo, non so perché, alla malattia, alla guerra in Vietnam, all’America in piena scoperta dell’AIDS…e l’impianto scenico pare darmene conferma. Su uno schermo bianco e chiusi in uno spazio limitato, Teresa Strisciulli, Annalisa Bardo, Evghenij Kurtsev, Pietro Occhio e Marco Fagioli visualizzano tentativi d’uscita dal ring in cui si trovano, scrivono frasi misteriose nell’aria, disegnano segni indecifrabili sul fondale fino a sparire dentro di esso.
A distanza d’una settimana, ancora mi chiedo quale sia il legame tra Strings e la seconda parte, il Concerto per violino e orchestra di Beethoven coreografato ex novo da Cavallari per la Fondazione Arena. Davanti a un enorme telo i ballerini giocano con scatoloni bianchi, vi entrano, vi escono, li muovono da una quinta all’altra, mentre si alternano i passi a due di Donting Xing, Dane Holland, Amaya Ugarteche, Antonio Russo, Teresa Strisciulli e Evghenij Kurtsev, coppie abbigliate con costumi di tinte differenti, ma valorizzati dagli appropriati trapassi luminosi. Vuol essere un’ironica comunione tra classico e moderno, come insegnò Forsythe nel suo Vertiginous Thrill of Exactitude? Un passaggio dall’oscurità della prima parte al rosso passione? A un certo punto meglio lasciar perdere le domande e la coerenza drammaturgica per abbandonarsi alla contemplazione d’una curata formalità, sostenuta dalle note di uno dei più bei concerti mai scritti.
Anna Tifu regala momenti d’alta musica, sia accompagnata al pianoforte da Pietro Salvaggio, sia dall’Orchestra dell’Arena di Verona. Il Concerto è cimento assai arduo per il solista, ma Tifu esce indenne dalla prova grazie a una tecnica rigorosa che non sacrifica i colori e i timbri più suggestivi. Il direttore Victor Hugo Toro imprime al Concerto beethoveniano una riconoscibile impronta classica, sottolineandone con acume gli accenti beffardi e meditativi. Parimenti, nell’Adagio di Barber riesce a mantenere ben saldi gli archi in un’atmosfera mistica.
Applausi per tutti da parte dello scarso pubblico del sabato pomeriggio, ma assai calorosi nei confronti di Anna Tifu, sospinta più volte dal direttore a raccogliere i meritati onori.