A volte la vita e l’arte si fondono e tessono il filo della nostra esistenza intrecciandosi inesorabilmente. Capita con i libri, i film e la musica che tracciano, come in una playlist, gli eventi più significativi dell’esistenza. E capita anche che un bravo artista riesca a raccogliere questo prezioso materiale e creare uno spettacolo nel quale alcuni aneddoti di vita personale sono puntellati dalla musica di uno dei più grandi artisti italiani.
Ed è questo che è successo con lo spettacolo di Beppe Fiorello, “Penso che un sogno così…”, andato in scena al Teatro Duse di Bologna, nel quale le canzoni del grande Domenico Modugno diventano il filo per tessere la storia personale dell’artista siciliano, della sua famiglia, di suo papà, scomparso troppo prematuramente.
È cosa nota che Fiorello si è già confrontato con il cantautore nel lavoro del 2013, “Volare – La grande storia di Domenico Modugno” diretto da Riccardo Milani. La grande differenza tra il prodotto televisivo e lo spettacolo teatrale è che, mentre nel primo è stato Fiorello a raccontare Modugno, nel secondo avviene l’esatto opposto: è Modugno che si presta a fare da colonna sonora alle vicende personali di Beppe che, attraverso una scrittura commovente e romanzata, curata da lui stesso insieme a Vittorio Moroni, catapulta lo spettatore in una Sicilia degli anni ’70 dove un timido bambino poco loquace e molto schivo incontra, per la prima volta, la grande voce del cantante salentino in un vecchio vinile.
Solo molti anni dopo l’artista potrà collegare i fatti scoprirne la natura epifanica: nonostante la distanza cronologica e geografica i due artisti hanno dei punti in comune che Beppe Fiorello è riuscito a captare e, in un avventuroso gioco di specchi, ha avuto l’abilità sorvolare la sua infanzia sul tappeto musicale di canzoni indimenticabili come Tu si’ na cosa grande, Lu pisci spada, Amara terra mia, per passare a una delicata dedica a Pier Paolo Pasolini con la canzone Cosa sono le nuvole che da il titolo anche all’episodio diretto dal regista romano in Capriccio all’italiana del 1967, una riflessione sui significati dell’esistenza umana e sulla differenza tra apparire ed essere.
Ed è proprio qui che si racchiude il segreto del grande successo di questo spettacolo che sta calcando le scene dei teatri italiani dal 2013, riscontrando grande calore da parte del pubblico. La verità di questo spettacolo supera la finzione intesa come cosa rappresentata. Qui Fiorello si mette a nudo, racconta la storia della sua famiglia mettendo al centro la figura paterna, descrivendolo come un uomo pieno di passione e di carisma. Gli occhi di quel bambino timido sono occhi innocenti, pieni di sogni e speranze ma anche di paure da affrontare e mostri da combattere. Il risultato finale non è una semplice storia personale, ma un racconto in cui ognuno si sente coinvolto perché in fondo vengono raccontate emozioni racchiuse dentro ogni persona.
Penso che un sogno così… oltre ad essere ben scritto, ben interpretato e ben suonato grazie alla musica eseguita dal vivo da Daniele Bonaviri e Fabrizio Palma, è uno spettacolo che racconta anche un tracciato del nostro paese, di come il progresso sia sì stato fonte di lavoro, soprattutto in alcune zone, ma nel contempo ha portato anche tanta distruzione e dolore. Uno One Man show di più di due ore nelle quali Beppe Fiorello scalda gli spettatori e li fa ridere, commuovere, riflettere e…cantare.