Gran fermento ieri sera davanti al teatro Rossetti di Trieste per l’apertura della nuova stagione tanto attesa, donne ingioiellate, uomini in abiti eleganti e molti giovani, che per l’occasione hanno indossato giacca e cravatta attendono trepidanti l’accesso in sala. Una volta in platea, dopo la chiamata del terzo campanello, si spengono le luci e si diffonde in sala l’inno di Mameli, il pubblico emozionato è tutto in piedi e partecipa compatto alla commemorazione prima dell’apertura del sipario del teatro stabile cittadino. In scena “La bottega del caffè” di Carlo Goldoni con Michele Placido nel ruolo di Don Marzio; la storia ricca di ambiguità, ironia ed equivoci si svolge tutta intorno alla piazza su cui affacciano
una casa da gioco, un barbiere e la bottega del buon Ridolfo che prova a metter sulla retta
via il giovane mercante Eugenio. La compagnia è composta in parte dal gruppo del Teatro
Stabile e da altri attori: Luca Altavilla, Emanuele Fortunati, Ester Galazzi, Anna Gargano,
Armando Granato, Vito Lopriore, Francesco Migliaccio, Michelangelo Placido, Maria
Grazia Plos che rendono onore al grande commediografo veneziano. La regia,
sapientemente diretta da Paolo Valerio, si muove sui dettami della commedia dell’arte ed
esalta, soprattutto nelle movenze, il ruolo del servo Trappola. Lo spettacolo è in scena a
Trieste fino a domenica 17 ottobre poi inizierà il tour per i maggiori teatri italiani.
Per biglietti e prenotazioni rivolgersi alla Biglietteria del Politeama Rossetti o via internet sul
sito www.ilrossetti.it . Informazioni anche al numero del Teatro 040.3593511.
Il sipario si alza su un allestimento imponente e accurato, cui hanno contribuito il lavoro
della scenografa Marta Crisolini Malatesta, i ricchi costumi di Stefano Nicolao, il disegno luci
concepito da Gigi Saccomandi, le musiche composte da Antonio Di Pofi e i movimenti di scena curati
da Monica Codena. La scenografia è essenziale in questa commedia poiché è nella piazza
che si svolgono le vicende e si dà voce al fascino irresistibile del pettegolezzo dove un
superbo Francesco Migliaccio (Ridolfo) si destreggia tra calunnie e bugie. Michele Placido
regala al pubblico il personaggio ottuso e borioso di Don Marzio, buona la sintonia in
scena e ottimo il ritmo che tengono gli attori nei tempi della commedia. «Don Marzio li
guarda e li spia, con un occhialetto che non corrisponde alle diottrie che gli mancano, e
registra il tempo con un orologio che non funziona, offrendo in caricatura una posizione
speculare a quella del pubblico che osserva» scrive Piermario Vescovo. «Soccombendo a
quanto la sua lingua pettegola ha incautamente spiattellato – sottolinea lo studioso in
“Goldoni e il Teatro comico del Settecento” – a conclusione della commedia don Marzio
finisce con l’assumere il ruolo del bugiardo, avendo egli in realtà rivelato la verità
attraverso un’osservazione deformata della realtà e attraverso la pratica di una maldicenza
quasi ingenua». L’acutezza di Goldoni è assolutamente attuale «accogliamo appieno e
portiamo sulla scena tutta la vitalità e il divertimento della commedia, la comprensione che l’autore mostra per l’uomo – di cui ritrae con sottigliezza le virtù ed i lati oscuri – il suo amore viscerale per il teatro, per la scrittura, per gli attori, sulle cui potenzialità costruiva personaggi universali» spiega il regista Paolo
Valerio.
Giada Caliendo