Dalla cacciata di Tarquinio il Superbo all’avvento di Giulio Cesare. Cinque secoli che vedono la nascita, le conquiste, l’inarrestabile espansione e, infine, il declino della Roma repubblicana. È questo il periodo storico della mostra “La Roma della Repubblica”, visitabile fino al 24 settembre a Roma (in piazza del Campidoglio), al terzo piano di Palazzo Caffarelli (Musei Capitolini), tutti i giorni dalle ore 9.30 alle 19.30.
Dal bando del settimo e ultimo re della dinastia etrusca dei Tarquini al trionfo del conquistatore della Gallia e dittatore perpetuo, Gaio Giulio Cesare appunto, colui che realizzò il passaggio dalla forma di governo repubblicana alla nascita dell’Impero. Un’esposizione di circa 1.800 opere, perlopiù manufatti in terracotta e in ceramica (come vasellame, olle, tegole, catini, brocche, lucerne, incensieri), ma anche in bronzo, metallo, pietra locale e marmo.
La mostra costituisce il secondo capitolo (il primo è stato “La Roma dei Re”, ai Musei Capitolini dal luglio 2018 al giugno 2019) del grande ciclo “Il racconto dell’archeologia”, basato principalmente sulle collezioni di proprietà comunale conservate nei magazzini e nei musei della Sovrintendenza. Ospita opere solitamente non esposte al pubblico, in larga parte conservate nelle casse dell’Antiquarium, per la prima volta restaurate ed esibite.
L’esposizione, curata da Isabella Damiani e Claudio Parisi Presicce, promossa da Roma Capitale (Assessorato alla Cultura – Sovrintendenza capitolina ai beni culturali), con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura, “utilizza – come spiega una nota – le testimonianze archeologiche per illustrare i caratteri e le trasformazioni della città di Roma come specchio delle modificazioni della società romana”.
In aprile la mostra si è arricchita di una videoinstallazione immersiva che narra in maniera evocativa la storia repubblicana della città. La proiezione avviene su due piani: il primo di fronte al visitatore (su una parete semicircolare che lo avvolge) e il secondo ai suoi piedi, creando un ambiente di grande impatto. Le tappe dell’espansione di Roma sono ripercorse grazie a una serie di cartografie tematiche proiettate a terra, mentre sulla parete frontale sono rappresentati gli episodi salienti, i luoghi e i protagonisti storici, il tutto accompagnato da una voce fuori campo.
È davvero impossibile descrivere la grande quantità e la straordinaria qualità dei reperti archeologici esposti. Ma alcune citazioni sono d’obbligo, a partire dalla sala dedicata al Tempio di Giove Ottimo Massimo (che si trovava sul Campidoglio), inaugurato nel 509 a.C., ossia nel primo anno della Repubblica. La mostra ricostruisce il monumentale frontone (da segnalare sono i rampanti con palmette, tipici dell’epoca) e i sistemi decorativi (risalenti al III secolo a.C.) di uno tra i più importanti edifici di culto dell’antica Roma.
Vanno poi sicuramente segnalati gli splendidi mosaici e le geometriche pavimentazioni di alcune ricche abitazioni che si affacciavano sul Foro Romano; la sala dei bronzi, con oggetti che rimandano ai banchetti (come versatoi e attrezzi per la cottura delle carni), alla vita domestica (come le appliques per letti e mobili) e alla cura della persona (come specchi, strigili e anelli); la sezione dedicata alle monete, comparse in circolazione limitata alla fine del IV secolo a.C. in bronzo e in argento, fino all’emissione negli ultimi anni del II secolo a.C. del “denario”, piccola moneta in argento che diventerà il fulcro del sistema economico per oltre quattro secoli.
L’ultima citazione è per la “Triade Capitolina”: tre statue raffiguranti Giove, Giunone e Minerva che nel I secolo a.C. era poste sul frontone di un tempio che sorgeva lungo la via Latina (che comprendeva complessivamente 11 statue). Grazie all’utilizzo di tecnologie di scultura digitale e modellazione 3D, oggi possiamo ammirarle nella loro interezza, pur avendo a disposizione solo pochi frammenti originali che sono inseriti all’interno dei corpi realizzati in resina.
Marco Togna