LA COSCIENZA DI ZENO di Italo Svevo
In scena dal 14 al 19 Novembre al Teatro della Pergola di Firenze
Al Teatro della Pergola torna la coscienza di Zeno di Italo Svevo, ispirato e adattato dal
romanzo antesignano di cultura mitteleuropea, tragicomico, affascinante e complesso, uno
dei capolavori della letteratura del Novecento a cent’anni dalla sua pubblicazione. Paolo
Valerio attore, regista, direttore artistico del Teatro Stabile di Verona, dirige Alessandro
Haber, amato attore di cinema e teatro che non ha certo bisogno di presentazioni, ha vinto
un David di Donatello, un Globo d'oro e cinque Nastri d’argento, numerosissimi i film o gli spettacoli teatrali in cui tutti lo ricordano, dalla la parte di Rospo nel film La Cina è vicina di Marco Bellocchio a Il signor Diavolo, tratto dall'omonimo romanzo scritto dallo stesso Pupi Avati, passando dai film di Pieraccioni a Monicelli, Bertolucci e tanti maestri del nostro cinema.
Io sono il dottore di cui in questa novella si parla talvolta con parole poco lusinghiere. Chi
di psico-analisi s’intende, sa dove piazzare l'antipatia che il paziente mi dedica.Di psico-analisi non parlerò perché qui dentro se ne parla già a sufficienza. Debbo scusarmi di aver indotto il mio paziente a scrivere la sua autobiografia; gli studiosi di psico-analisi
arricceranno il naso a tanta novità. Ma egli era vecchio ed io sperai che in tale
rievocazione il suo passato si rinverdisse, che l’autobiografia fosse un buon preludio alla psico-analisi. Oggi ancora la mia idea mi pare buona perché mi ha dato dei risultati
insperati, che sarebbero stati maggiori se il malato sul più bello non si fosse sottratto alla
cura truffandomi del frutto della mia lunga paziente analisi di queste memorie.Le pubblico
per vendetta e spero gli dispiaccia. Sappia però ch’io sono pronto di dividere con lui i lauti onorarii che ricaverò da questa pubblicazione, a patto egli riprenda la cura. Sembrava
tanto curioso di se stesso! Se sapesse quante sorprese potrebbero risultargli dal
commento delle tante verità e bugie ch'egli ha qui accumulate!… (Italo Svevo)
Nella prefazione del libro l’immaginario psicoanalista "Dottor S." probabilmente ispirato a Sigmund Freud o a più precisamente a Edoardo Weiss, allievo di Sigmund Freud e del suo seguace Paul Federn che introdusse in Italia la dottrina psicoanalitica, dichiara di
voler pubblicare alcune memorie, redatte in forma autobiografica da un suo ex paziente,
tal Zeno Cosini, che si è sottratto alla cura che gli era stata prescritta proprio quando
incominciava a dare i suoi frutti o presunti tali, come se si potesse curarsi compiutamente
dalla “malattia” del male di vivere o della vita più in generale. Gli appunti dell'ex paziente costituiscono il contenuto del libro e i suoi tentativi maldestri, assurdi o controproducenti compongono la trama di questa vicenda che scandaglia l’animo umano dai ricordi d’infanzia alle nevrosi di adulto.
Vedere la mia infanzia? Più di dieci lustri me ne separano e i miei occhi presbiti forse
potrebbero arrivarci se la luce che ancora ne riverbera non fosse tagliata da ostacoli d’ogni
genere, vere alte montagne: i miei anni e qualche mia ora.
Il dottore mi raccomandò di non ostinarmi a guardar tanto lontano. Anche le cose recenti
sono preziose per essi e sopra tutto le immaginazioni e i sogni della notte prima. Ma un po’
d’ordine pur dovrebb’esserci e per poter cominciare ab ovo, appena abbandonato il dottore
che di questi giorni e per lungo tempo lascia Trieste, solo per facilitargli il compito,
comperai e lessi un trattato di psico-analisi. Non è difficile d'intenderlo, ma molto noioso.
(Italo Svevo)
Risolvere il suo male di vivere, la sua nevrosi e incapacità di sentirsi in armonia con un
mondo privo di valori e con una realtà sottilmente lacerata, accettare i suoi rimorsi e le sue
oniriche divagazioni sull’infanzia perduta, la sua banale vita grottesca di borghese adulto, i
suoi vizi che gli fanno compagnia come un oscuro senso di colpa, la morte del padre con
cui aveva avuto solo incomprensioni e silenzi, tutta la novità insita in quell’ultima sigaretta
che non diventa mai l’ultima sigaretta, ma un nuovo espediente di nevrosi e ribellione,
infantilismo e dannazione, tutto questo è incarnato ad arte dalla graffiante vena di Haber,
dal suo carisma truce e vissuto, dal suo istinto unico per la messinscena di un testo così
articolato e poliedrico, che parla del mondo moderno con la stessa forza con cui ancora
può ancora insegnare i suoi reconditi malesseri all’uomo contemporaneo.
Adesso che son qui, ad analizzarmi, sono colto da un dubbio: che io forse abbia amato
tanto la sigaretta per poter riversare su di essa la colpa della mia incapacità? Chissà se
cessando di fumare io sarei divenuto l'uomo ideale e forte che m'aspettavo? Forse fu tale
dubbio che mi legò al mio vizio perché è un modo comodo di vivere quello di credersi
grande di una grandezza latente. (Italo Svevo)
La coscienza di Zeno di Italo Svevo è stata sempre interpretata da grandi attori, sia per il
grande schermo che per la televisione, come Renzo Montagnani, Giulio Bosetti, Oreste
Lionello che fu anche protagonista dello sceneggiato Rai, trasmesso nel 1966 e adattato
per il piccolo schermo dal critico e drammaturgo Tullio Kezich e da Daniele D'Anza che
si occupò anche della regia televisiva. e, nella successiva edizione del 1988 nella
miniserie televisiva con l’indimenticabile Johnny Dorelli, la cui sceneggiatura era sempre
curata dal giornalista e drammaturgo Tullio Kezich con Dante Guardamagna, mentre la
regia televisiva di Sandro Bolchi. Questi grandi predecessori e la loro tradizione attoriale
vengono citati con garbo e maestria da Alessandro Haber, che riesce nell’intento di
impersonare a tal punto Zeno Cosini da non emanciparsi dalla bravura di queste figure
paterne del teatro nazionale, ma di farla propria, aggiungendovi il proprio talento e la
propria sagacia interpretativa, donando uno spessore contemporaneo a un personaggio
apocalittico nei suoi complessi, salutare nelle sue introspezioni salvifiche.
Il pianto offusca le proprie colpe e permette di accusare, senz'obbiezioni, il destino.
Piangevo perché perdevo il padre per cui ero sempre vissuto. Non importava che gli
avessi tenuto poca compagnia. I miei sforzi per diventare migliore non erano stati fatti per
dare una soddisfazione a lui? Quando si muore si ha ben altro da fare che di pensare alla
morte. (Italo Svevo)
C’è in questo testo una profondità e un’ironia surreale che riescono a sviscerare le
stravaganti e grottesche vicende del protagonista e del suo inconscio, tratteggiandone con
attenzione e leggerezza amara la fragilità, il senso d’inadeguatezza e le qualità mistificate,
l’autoassoluzione per i propri familiari vizi e i sensi di colpa, voluti dalla società e dalla
famiglia in un senso arcaico quanto borghese.
Perciò io penso che il rimorso non nasca dal rimpianto di una mala azione già commessa,
ma dalla visione della propria colpevole disposizione. La parte superiore del corpo si china
a guardare e giudicare l’altra parte e la trova deforme. Ne sente ribrezzo e questo si
chiama rimorso. Anche nella tragedia antica la vittima non ritornava in vita e tuttavia il
rimorso passava. Ciò significava che la deformità era guarita e che oramai il pianto altrui
non aveva alcuna importanza. Dove poteva esserci posto per il rimorso in me che con
tanta gioia e tanto affetto correvo dalla mia legittima moglie? Da molto tempo non m’ero
sentito tanto puro. (Italo Svevo)
La pièce teatrale vivifica l’affascinante complessità del contesto in cui Svevo concepisce e
ambienta il romanzo, illuminando il mondo contemporaneo con quei grovigli fondamentali
che ci descrivono così visceralmente, attraverso l’inedito adattamento nato dalla
collaborazione fra Paolo Valerio e Monica Codena. Lo spettacolo è alla fine un intenso e
strutturato lavoro collettivo di una compagnia meticolosamente orchestrata composta oltre
ad Alessandro Haber, Alberto Onofrietti (che interpreta Zeno giovane), Francesco
Migliaccio, Valentina Violo, Ester Galazzi, Riccardo Maranzana, Emanuele Fortunati,
Meredith Airò Farulla, Caterina Benevoli, Chiara Pellegrin, Giovanni Schiavo. Con
Paolo Valerio collaborano Marta Crisolini Malatesta per la scena e i costumi, Gigi
Saccomandi per le luci, Alessandro Papa per i video e Oragravity per le musiche.
Produzione Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Goldenart Production.
Naturalmente io non sono un ingenuo e scuso il dottore di vedere nella vita stessa una
manifestazione di malattia. La vita somiglia un poco alla malattia come procede per crisi e
lisi ed ha i giornalieri miglioramenti e peggioramenti. A differenza delle altre malattie la vita
è sempre mortale. Non sopporta cure. Sarebbe come voler turare i buchi che abbiamo nel
corpo credendoli delle ferite. Morremmo strangolati non appena curati. (Italo Svevo)
La coscienza di Zeno di Italo Svevo con Alessandro Haber e con Alberto Onofrietti, Francesco Migliaccio e Valentina Violo, Ester Galazzi, Riccardo Maranzana, Emanuele Fortunati, Meredith Airò Farulla, Caterina Benevoli, Chiara Pellegrin, Giovanni Schiavo regia Paolo Valerio adattamento Monica Codena e Paolo Valerio scene e costumi Marta Crisolini Malatesta luci Gigi Saccomandi musiche Oragravity video Alessandro Papa movimenti di scena Monica Codena produzione Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Goldenart Production