Penultimo appuntamento della ricchissima stagione sinfonica di Santa Cecilia a Roma con il debutto di successo di un altro giovane direttore d’orchestra, il greco Constantinos Carydis (classe 1974) che opta per un programma tutto russo, Borodin, Šostakovič, Cajkovskij, a colpire cuore e mente degli spettatori con una ricca alternanza di registri. In apertura un classico, le travolgenti, folkloristiche Danze Polovesiane dal Principe Igor di Aleksander Borodin (che si autodefiniva “un compositore della domenica che si sforza di restare nell’ombra”). Sarà stato anche chimico, ma altrettanto musicista: nelle Danze i colori sono stupendi e qui il climax è impressionante con il Coro dell’Accademia preparato da Ciro Visco, stupefacente nella forza espressiva fra la sensualità della danza delle fanciulle o la trascinante danza degli uomini fino alla primitiva e vorticosa danza finale. La pagina centrale del programma è affidata al Concerto n. 2 per pianoforte e orchestra di Šostakovič, dagli inconsueti toni brillanti (scritto nel 1957 in pieno regime comunista e dedicato al diciannovenne figlio Maxim) che il pianista georgiano Alexander Toradze, uno dei massimi esponenti del repertorio del Novecento, interpreta con piglio vitale e tocco euforicamente delicato. Fuori programma a gran richiesta con un raccolto Scarlatti. E dopo l’intervallo, la parte più corposa e più attesa della serata con la Sinfonia n.6 di Cajkovskij. La più bella? Probabilmente sì. Certamente la più amata. Forse stavolta mancano i veri brividi, ma Carydis ha dimostrato indubbio talento: la sua Patetica è senza eccessi, così struggente e malinconica come dovuto, grazie anche all’Orchestra che risponde sempre al meglio, regalando emozioni, ben conscia della partitura e delle sue intrinseche segrete espressività. E il giovane direttore è sembrato particolarmente convincente nei passaggi della partitura più drammatici e gravosi incidendo tra l’altro con brevissimi stacchi nel primo movimento per essere brillante l’Allegro con grazia, imprimendo la giusta gioia all’Allegro molto vivace prima del desolante, come non mai, disperato Adagio finale. Ultimo appuntamento della stagione sinfonica (sabato 4 giugno, lunedì 6 e martedì 7 giugno) con un altro greco, l’atteso Leonidas Kavakos impegnato nel duplice ruolo di direttore e solista nel Concerto per violino e nella monumentale Quinta di Beethoven.
Fabiana Raponi